Conflitti

Riflessioni sui silenzi e sul muro di gomma di Nassiriya

20 settembre 2006
Domenico Gallo
Fonte: Liberazione (http://www.liberazione.it)

Nel 1991 un coraggioso film di Marco Risi (il muro di gomma), denunziava i silenzi, gli ostacoli ed i depistaggi operati dai vertici militari per impedire l’emergere della verità in ordine alle responsabilità per la sciagura del DC9 dell’Itavia, abbattuto da “ignoti” sui cieli di Ustica il 27 giugno 1980. All’epoca sembrava che si potessero aprire delle crepe, ma il muro di gomma ha tenuto e la vicenda di Ustica si è conclusa con l’impossibilità di accertare la verità e di punire i responsabili del suo occultamento.
Fatte le dovute proporzioni, un’altra strage di innocenti ha turbato la coscienza felice del nostro paese: si tratta della strage dell’ambulanza di Nassiriya, fatta esplodere dai militari italiani durante la seconda battaglia dei ponti, nella notte fra il 5 ed il 6 agosto 2004, provocando la morte di una partoriente, con il bambino, e di tre suoi familiari.

Se c’è un’azione disonorevole, anche durante una guerra, questa è indubbiamente quella di aprire il fuoco contro i feriti, i malati, le partorienti o i mezzi di soccorso che li trasportano, tanto che l’espressione “sparare sulla Croce Rossa” è diventato una metafora per indicare un comportamento vigliacco ed ingiustificabile.

Questo evento, così drammatico, ma non inusitato in un teatro di guerra, dove le truppe americane hanno sparato più volte sulle ambulanze, rischiava di incrinare, imbrattandolo con uno schizzo di sangue indelebile, il mito della missione di pace. Una missione dettata da una politica di mero servilismo nei confronti dell’alleato americano che il governo Berlusconi aveva venduto all’opinione pubblica italiana, poco incline alle imprese guerresche, come una impresa umanitaria, volta a portare aiuti alla popolazione civile e ad aiutare la ricostruzione del paese.

Quel mito doveva essere difeso contro ogni evidenza, tanto che dopo la prima battaglia dei ponti, il 6 aprile 2004, il ministro della difesa, Martino aveva dichiarato al Parlamento che: la nostra è una missione di pace. Chi parla di coinvolgimento dei nostri militari in una guerra stravolge la realtà. ”

A questo punto ci mancava solo l’uccisione di una partoriente con il bambino per rovinare definitivamente “l’immagine” della missione dei nostri soldati in Irak.

La soluzione a questo problema - politico, umano e militare - è stata trovata immediatamente, rispolverando il metodo “Ustica”, che così bene aveva funzionato in passato.

Poiché nella civiltà della comunicazione la realtà è la comunicazione, gli eventi reali possono anche essere cancellati, basta fornire false comunicazioni ed impedire che i fatti veri entrino nel circuito della comunicazione. Così è capitato che il portavoce del contingente militare italiano, il cap. Ettore Sarli, abbia trasformato - con un comunicato stampa - l’ambulanza in una “autobomba”, che i militari italiani, hanno giustamente fatto esplodere, sventando un insidioso tentativo d’attacco. In fondo è elementare: basta qualificare come terroristi la partoriente ed i suoi parenti ed ecco che un’ambulanza si trasforma in un’autobomba. Per completare questa trasfigurazione dell’evento è intervenuto addirittura il comandante del contingente, il gen. Corrado Dalzini, il quale, il 28 agosto 2004, ha consegnato un encomio al lagunare che ha avuto l’ordine di sparare contro l’ambulanza, perché “con il suo coraggioso ed esemplare comportamento, contribuiva a conferire ulteriore lustro e prestigio al Corpo di appartenenza ed alla forza armata in ambito multinazionale. ”
E’ inutile dire che questa coraggiosa operazione di trasfigurazione dell’evento ha trovato la massima comprensione nel Governo Berlusconi, tant’è vero che il 27 agosto del 2004, in occasione di una seduta delle Commissioni Riunite Esteri e Difesa della Camera e del Senato il Ministro degli esteri Frattini (con la complicità del Ministro della Difesa Martino) ha respinto, con indignazione, ogni addebito relativo alla vicenda dell’ambulanza, dichiarando che la notizia era completamente falsa. Testualmente: «E’ sbagliato ed ingiusto asserire che i nostri militari hanno sparato contro un'ambulanza con una donna incinta a bordo. Semplicemente non è vero».
Evidentemente il Ministro Frattini pensava di mettere il coperchio sulla pentola di Nassiriya, confidando sulla sua autorità, ispirandosi al principio del diritto romano secondo cui Auctoritas facit veritatem (l’Autorità fa la verità). Ma i fatti sono duri a morire e la verità, anche quando viene sommersa da un diluvio di menzogne, poi ritorna quasi sempre a galla.

In effetti tutto sarebbe filato liscio, se non si fosse messo di mezzo il fato cinico e baro. In questo caso il fato è rappresentato dalla presenza, al campo italiano, di un giornalista americano ficcanaso, Micah Garen, il quale non si è bevuto la verità ufficiale e si è preso la briga di fare una sua inchiesta personale, intervistando l’autista dell’ambulanza, miracolosamente sopravvissuto, raccogliendo testimonianze e filmando il veicolo spacciato per autobomba. Micah Garen ci ha raccontato i fatti di cui è stato testimone, attraverso un libro “American hostage”, pubblicato negli Stati Uniti nell’ottobre 2005. Ma quello che è veramente interessante, è che adesso i fatti li accerterà l’autorità giudiziaria, in modo incontrovertibile, demolendo il muro di gomma, poiché - è di pubblico dominio che la procura militare di Roma ha chiesto il rinvio a giudizio di tre militari italiani con l’imputazione di aver sparato contro l’ambulanza.

Purtroppo questa notizia non ha avuto il rilievo che meritava. Da un punto di vista politico-istituzionale, la gravità di questa vicenda non sta nel fatto in sé, malgrado la sua drammaticità, poichè in un teatro bellico, può capitare anche di questo: che per paura o per stupidità, si apra il fuoco contro un’ambulanza. La gravità - e quindi la vera notizia - sta nel fatto che i vertici militari abbiano tentato di “nascondere” l’evento, proprio come è accaduto ad Ustica, e che i vertici politici (il Governo Berlusconi) abbiano mentito spudoratamente al Parlamento, mostrandosi complici del disegno di nascondere la verità di una strage. E’ questo comportamento - più che gli spari - ciò che veramente disonora il nostro paese.

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