Caccia israeliani sul Libano, e l'Unifil sta a guardare
I caccia bombardieri israeliani, per il secondo giorno consecutivo, hanno violato lo spazio aereo libanese sorvolando a bassa quota il sud del Libano e compiendo alcuni raid simulati contro obiettivi a terra. I finti raid hanno provocato paura e panico tra la popolazione locale in gran parte accampata tra le case diroccate o danneggiate e le strade coperte di fango per le abbondanti, recenti piogge. Già domenica i caccia israeliani avevano sorvolato a bassa quota i centri libanesi meridionali di Nabatiye, Iklim al-Tufah, Marjayun, Khiam e la valle della Beqaa.
Una chiara violazione della risoluzione 1701 sul cessate il fuoco come del resto l'occupazione della parte libanese del villaggio di Gajhar. Per non parlare dell'altra grave fonte di tensione sul confine come l'occupazione, risalente al 1967, delle fattorie di Sheba alle pendici del monte Hermon. Di fronte alle proteste libanesi il ministro israeliano alla difesa Amir Peretz ha risposto domenica che lo stato ebraico continuerà a sorvolare con i suoi aerei il territorio libanese in quanto si tratterebbe dell'unico modo per controllare ed eventualmente fermare rifornimenti di armi alla resistenza libanese. Una posizione che punta in realtà ad aumentare la tensione e a precostituirsi un eventuale copertura a futuri attacchi contro gli Hezbollah, istallazioni libanesi o persino siriane fatte rientrare nella categoria «depositi di armi» destinati agli Hezbollah. Del resto la risoluzione 1701, attribuendo l'origine del conflitto alla resistenza libanese e non all'occupazione israeliana dei territori palestinesi, siriani e libanesi, chiedendo la fine delle attività di resistenza nel sud del Libano e vietando qualsiasi rifornimento di armi a questa destinate, ha praticamente dato carta bianca ad Israele per poter riprendere il conflitto in ogni momento.
Un pericolo questo tutt'altro che remoto se consideriamo che il file «minacce strategiche» del governo israeliano sarà presto appannaggio del super-falco Avigdor Lieberman e che in seguito all'accordo raggiunto ora con la Nato Israele pattuglierà con le sue navi ed aerei il Mediterraneo orientale nell'ambito dell'operazione antiterrorismo «Active Endeavour» e potrà agire contro le navi siriane o dirette in Siria e «trascinare» i più che volonterosi paesi dell' alleanza Atlantica nei piani bellici contro Damasco e Tehran.
Le violazioni israeliane della risoluzione 1701 confermano le riserve assai diffuse in Libano sulla parzialità di quest'ultima e stanno offuscando non poco l'immagine delle truppe dell'Unifil II dislocate a sud del fiume Litani. A tale proposito, cercando di dare lustro alla missione, il comandante francese dell'Unifil, il generale Alain Pellegrini, ha criticato i sorvoli israeliani e si è augurato che in futuro le regole di ingaggio potranno dare ai suoi uomini la possibilità di usare la forza per fermare anche queste violazioni del cessate il fuoco: «Se i mezzi diplomatici non sono sufficienti, altri mezzi potrebbero essere utilizzati». . Intanto domenica scorsa, per la prima volta, il governo israeliano ha ammesso di aver utilizzato bombe al fosforo bianco durante il recente conflitto libanese. Un'arma terribile questa, già usata da Israele nel corso dei bombardamenti del 1982 sulla città di Beirut quando, agli occhi terrorizzati dei medici del pronto soccorso della periferia sud, vennero portati alcuni bambini che continuavano a bruciare anche dopo essere stati messi nell'acqua. Un'arma il cui utilizzo è vietato dalla Convenzione di Ginevra ma solo se viene usata contro la popolazione civile o i militari che si trovano in zone abitate. In Una limitazione parziale che lascia aperto il campo ad un loro uso indiscriminato come abbiamo visto a Falluja nel novembre del 2004 da parte degli Usa e di nuovo quest'estate contro la popolazione libanese. Ad ammettere l'utilizzo delle bombe al fosforo è stato il ministro israeliano per i Rapporti con il parlamento Yaakov Edri: «Nel recente conflitto con Hezbollah abbiamo fatto ricorso a bombe al fosforo per colpire obiettivi militari in zone aperte». A smentire il ministro di Tel Aviv è sceso in campo il dottor Faraj Ibrahim dell'ospedale di Tiro, dove sono stati fatti affluire molti dei casi più gravi della guerra. «Il caso clinico più sconvolgente, perché presentava ustioni e ferite incomprensibili - sostiene il medico reduce da ben tre invasioni israeliane (1993, 1996 e 2006) - riguardava un sessantenne di Bint Jbeil», la cittadina libanese a ridosso della frontiera con Israele, teatro degli scontri più accesi tra l'esercito di Tel Aviv e i miliziani di Hezbollah. «In un altro caso - ha continuato il dottor Faraj - in ospedale arrivò un gruppo di una trentina di bambini, con addosso i segni caratteristici di questo strano tipo di ustioni. I bimbi si erano rifugiati tutti insieme nello scantinato di un palazzo di Naqoura colpito da una bomba».
Sociale.network