Sì alla nuova Carta, resta il nodo Kosovo
Una Costituzione per un pugno di voti in più. Da domenica sera i serbi hanno un nuovo statuto. Ma la vittoria del sì nel referendum confermativo è controversa: se da un lato Belgrado ha blindato il Kosovo - nella carta costituzionale è definito parte integrante della Serbia - dall'altro l'affluenza ridotta lascia in sospeso più di un interrogativo. E ora il futuro del Paese è anche in mano alla comunità internazionale. Il 54,19%. La percentuale di votanti è sulla bocca di tutti gli analisti. Osservazione corale: anche se il 52,31% ha detto sì alla nuova Costituzione, non è arrivata la valanga di «da» che ci si aspettava. In un clima di apatia generale balcanica - anche per le elezioni politiche «monoetniche», solo albanesi, in Kosovo nel 2004 votò meno del 50% -, sono quasi caduti nel vuoto gli appelli al voto delle principali istituzioni e partiti, della Chiesa serbo-ortodossa e di altre comunità religiose.
Ma i commenti politici sono di altro avviso. Così il presidente Boris Tadic: «Con la nuova Costituzione ci lasciamo alle spalle lo statuto di Milosevic e la sua era, che non hanno fatto del bene né al popolo né al paese. Ma i giorni che abbiamo davanti sono i più difficili. Dobbiamo andare alle elezioni e con il prossimo governo garantire stabilità sia ai nostri cittadini che a tutta la regione per arrivare al nostro obiettivo: aderire all'Unione europea».
Stessa soddisfazione, ma toni diversi per il premier Vojislav Kostunica: «Ringrazio tutti i cittadini che hanno votato per la Costituzione, in particolare quelli del Kosovo-Metohija. La vittoria dei sì è una vittoria per la Serbia». E dai microfoni di una tv russa arriva poi un monito del premier di Belgrado: «Informo i sostenitori della causa indipendentista del Kosovo che qualsiasi eventuale riconoscimento di Pristina non sarà privo di conseguenze nei rapporti con la Serbia». Di «grande vittoria» parla anche il leader dei radicali Tomislav Nikolic, ma le sue parole guardano già al domani della politica serba. «Insisteremo per andare alle elezioni politiche il prima possibile e poi alle presidenziali e alle amministrative».
Approvata la Costituzione, per la politica serba arriva la resa dei conti. È tempo di misurare le forze in campo e sciogliere le alleanze stabilite in chiave anti-Milosevic. Su tutte quella tra il presidente Tadic e il premier Kostunica. Progressista uno, conservatore l'altro, mal si sopportano nel condominio della giovane democrazia serba. Ma a complicare lo scenario ci sono almeno tre fattori: lo status del Kosovo, che scivola verso la sovranità; la caccia al superlatitante Ratko Mladic; e la crescita nei sondaggi dei nazionalisti del partito radicale. Se la comunità internazionale non ne terrà conto, rischia d'impantanarsi di nuovo nel cuore dei Balcani.
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