Conflitti

Reportage Liberia

Tra i Cercatori di Diamanti Dove la Povertà è per Sempre

3 gennaio 2007
Ettore Mo
Fonte: Il Corriere della Sera (http://www.corriere.it)

LOFA BRIDGE (Liberia) - Forse, agli inizi del secolo scorso, era come il Klondike ai tempi della febbre dell' oro: ma adesso, quando ci arrivi superando a piedi un grande ponte di legno, ciò che vedi è soltanto un grosso, sonnolento villaggio di case basse, animate appena da un coro di voci di donne che cicaleggiano attorno alle bancarelle quand' è giorno di mercato. Eppure qui intorno si estraevano, e tuttora si estraggono, i diamanti: e il luogo, meno di 200 chilometri a nord-est di Monrovia, continua ad essere meta di pellegrinaggio da parte di esperti, avventurieri, commercianti e businessmen particolarmente interessati al traffico della dura, preziosissima pietra. Insieme al legno (pregiato) delle foreste, i diamanti costituiscono la maggior risorsa della Liberia ma solo una minima parte dei proventi ricavati dall' esportazione delle pietre e degli alberi (un vertiginoso giro d' affari) pare sia finita nelle esauste casse della Banca Centrale di Monrovia, da sempre alle prese con lo stato comatoso dell' economia nazionale. Il grosso di quella inesauribile, scintillante ricchezza è confluita per anni nei forzieri del presidente liberiano Charles Taylor, che se ne è servito per comprare armi e foraggiare il terrorismo in Africa e in altri continenti, consolidando al tempo stesso il suo massiccio conto in banca. Avido e con alle spalle un passato cruento di signore della guerra, Taylor, salito al potere nel ' 97, aveva instaurato un sistema dittatoriale ancor più duro e inflessibile di quello dei suoi predecessori assicurandosi, con lo Strategic Commodity Act promulgato due anni dopo, la facoltà di gestire «personalmente e direttamente» tutte le risorse dello Stato. Beni di famiglia, insomma, di cui poteva disporre liberamente senza chiedere il permesso a nessuno. Cosa che fece fino al 2003 quando, sotto la minaccia di un ordine di arresto spiccato dal Tribunale Speciale della Sierra Leone (per la sua attività di trafficante d' armi a favore dell' opposizione armata di quel Paese), si rifugiò in Nigeria, ottenendo asilo politico. Gli occhi dei suoi detrattori e delle sue vittime (che sono legioni) sono ora tutti puntati verso l' Aja, dove i Tribunali Speciali dell' Onu e della Sierra Leone stanno processando l' ex presidente liberiano, accusato di crimini di guerra e delitti contro l' umanità. Taylor, 58 anni, è il primo capo di Stato africano a dover affrontare accuse tanto gravi, un ben triste primato. Non so quanto possa essergli di conforto il fatto d' esser stato preceduto, in questa esperienza, dall' ex presidente jugoslavo Slobodan Milosevic, che però morì in prigione prima della fine del processo: e quale sia il suo stato d' animo, trovandosi nel buio di una cella probabilmente del tutto simile a quella dove il leader serbo trascorse gli ultimi giorni della propria esistenza. E quasi certamente molti sono curiosi di sapere come abbia accolto la notizia di fine anno che annunciava la morte di Saddam Hussein, il satrapo di Baghdad condannato alla pena capitale per gli stessi gravi, immondi reati. «Questo villaggio - dice il sindaco di Lofa Bridge, Jundle James, che vive abitualmente a Monrovia e di tanto in tanto viene qui, a prendersi una boccata d' aria - si regge quasi esclusivamente sul business dei diamanti, agricoltura e pesca vengono dopo. Gli abitanti sono 3.500, in maggioranza cattolici con frange minori di luterani, evangelisti, eccetera. C' è anche una presenza marginale di musulmani che dispongono di una moschea. Nessun conflitto tra i vari gruppi religiosi. Viviamo in completa armonia». Il signor James gode evidentemente di una certa autorità in paese e non soltanto per il suo ruolo istituzionale. È padroncino di miniere (si fa per dire) di diamanti, che ci vuol mostrare trascinandoci in riva al fiume Yamase, dove invece dei pesci guizzano le pietre scintillanti. I possedimenti, di cui va orgoglioso, sono tre o quattro buche scavate nella rena rossa della sponda, in fondo alle quali, di tanto in tanto, occhieggia un sassolino luminoso da spedire in fretta in Belgio, nelle botteghe di Anversa, per essere pulito e tagliato. Sarà la sua purezza celestiale, sottoposta alla lente degli esperti, a determinarne il prezzo. Tre uomini stanno lavorando di pala sul fiume per costruire minuscoli sbarramenti da una riva all' altra, allo scopo - se ho capito bene - di impedire che il flusso troppo rapido e vorticoso della corrente possa trascinare a valle la preziosa «zavorra» e disperderla nell' oceano. «Mi rendo conto che qui lo spettacolo è modesto - ammette il sindaco, evidentemente deluso dal nostro... tiepido comportamento nella prima tappa dell' escursione -, ma per assistere alla scena madre bisogna risalire lo Yamase verso l' alto, verso la foce: e lì allora, sulla montagna, li vedrete a centinaia i cercatori: stanchi, affannati, allibiti, felici». Da oltre un secolo il continente africano è il maggior bacino di diamanti del pianeta: quantità enormi, che qualcuno osa definire inesauribili, sono custodite nel sottosuolo della Liberia, dell' Angola, della Sierra Leone e del Congo-Kinshasa. Una ricchezza che, per quanto riguarda Monrovia, un sinistro personaggio come Charles Taylor ha cercato di sfruttare a proprio totale vantaggio, rapinando il Paese che, dalla notte dei tempi, l' aveva fatta crescere nelle proprie viscere. Inevitabile che attorno a un bene tanto prezioso si scatenassero nell' Africa occidentale insurrezioni e guerre civili che nel giro di 14-15 anni hanno fatto più di tre milioni e mezzo di vittime, oltre a una sterminata quantità di mutilati e relitti umani, come abbiamo visto nei sovraffollati e nauseabondi quartieri della capitale liberiana. In un rapporto di 100 pagine dal titolo For a few dollars more (Per qualche dollaro in più) l' organizzazione non governativa inglese Global Witness denuncia che i grandi movimenti terroristici si sono «infiltrati nel settore diamantifero» per finanziare le proprie imprese. Era l' aprile del 2003, ma già dall' inizio degli anni ' 90 Osama Bin Laden aveva dirottato sullo scacchiere del commercio e del traffico di diamanti i suoi uomini più abili e fidati. E fu Taylor il protagonista di quella che è stata definita la «diamond connection», un' esplosiva miscela di loschi affari e delitti. «Un diamante è per sempre», recita il celebre slogan della De Beers, la società registrata a Kimberly, in Sudafrica, che ne controlla la produzione. Ma in Liberia e nella Sierra Leone si parla ormai da tempo di «diamanti di conflitto» e «diamanti del sangue»: definizioni ampiamente giustificate a cominciare dalla fine degli anni ' 90, quando i ribelli del Fronte Rivoluzionario Unito, agli ordini dal famigerato Foday Sankoh, assalirono la popolazione inerme di Freetown massacrandola a colpi di machete e mettendo in pratica con una serie interminabile di amputazioni il cosiddetto sistema «manica lunga» o «manica corta», determinato dal taglio delle braccia o dei polsi. Al termine della carneficina, il comandante Sankoh, pago di aver raggiunto il proprio obiettivo, commentò cinicamente: «Niente braccia, niente elettori». E il saccheggio dei giacimenti diamantiferi servì ai rivoluzionari del Fronte Unito per finanziare successive e altrettanto mostruose imprese. L' embargo dei diamanti non ha turbato né impensierito nessuno dentro e fuori la «diamond connection»: il commercio sarebbe continuato con lo stesso ritmo; né aveva destato preoccupazione la decisione dell' Onu di bloccare le esportazioni di legno pregiato dalla Liberia. L' allora presidente Taylor ha continuato a dormire sonni tranquilli, mentre 100 milioni di dollari ricavati nel 2000 dalla vendita del legname fluivano silenziosamente nei suoi forzieri. Mentre il Tribunale dell' Aja si occupa dei suoi misfatti, che hanno largamente contribuito a un ulteriore impoverimento del Paese, a Monrovia il governo di Ellen Johnson-Sirleaf - la prima donna capo di Stato nella storia dell' Africa - sta annaspando nel tentativo di trovare qualche immediato, anche parziale, rimedio al problema della povertà: che è il più grave e colloca la Liberia in fondo alla graduatoria delle nazioni più disastrate del Continente. Ma si tratta - e lo sa bene la signora eletta nell' ottobre del 2005 battendo con un largo vantaggio il famoso George Weah - di un impresa titanica. L' opposizione le rimprovera che nel bilancio approvato per il 2006-2007 si sia prestata maggior attenzione a problemi marginali piuttosto che affrontare di petto quelli che riguardano la dura realtà del Paese, le condizioni aberranti dei «più poveri dei poveri» che costituiscono la grande maggioranza della popolazione. La strategia suggerita dal governo per una graduale riduzione della povertà è, secondo l' opinione dei critici del presidente, totalmente lacunosa e inefficiente. «Tutto ciò che occorre - dice Aloysious Toe, editorialista dell' autorevole Poverty Watch - è la volontà politica, sostenuta da un imperativo morale, di impedire al 70 per cento della popolazione di diventare mendicanti nel proprio Paese. Per decenni, migliaia di persone confinate negli slum rurali o urbani sono state ignorate dai governanti, abbandonate a se stesse. Scuole e cliniche sono inadeguate rispetto alla realizzazione di un programma che prevede il diritto all' istruzione e l' accesso a strutture igienico-sanitarie anche per gli strati più miserabili e deboli della società». La realtà quotidiana vede infatti insegnanti qualificati e personale ospedaliero abbandonare ogni giorno le istituzioni pubbliche - che pagano (quando li pagano) salari da fame - per cliniche e college privati, dove le condizioni sono notevolmente migliori. E in molti casi la responsabilità va fatta risalire direttamente alle autorità di governo. Un docente universitario, che se la passa piuttosto male e contempla da tempo la possibilità di trasferirsi negli States (California), lamenta ad esempio che una decisione presa dal governo nel 2001, che destinava alla scuola e alla cultura il 25 per cento del bilancio nazionale, non è mai stata applicata. «A questo punto - conclude scherzando il giovane docente - prendo la barchetta e vado a trovare lo Zio Sam: facendo il cammino inverso dei miei antenati-schiavi che sbarcarono su queste sponde 200 anni fa». Povertà, disoccupazione, analfabetismo. Aloysious Toe rimprovera ad Ellen Johnson-Sirleaf di non aver mantenuto le promesse fatte in campagna elettorale quando assicurava le folle che, una volta al potere, avrebbe dedicato particolare attenzione ai poveri nelle disposizioni riguardanti l' educazione e la scuola. «Ecco invece - dice l' editorialista di Poverty Watch alzando le spalle e con un' ombra d' amarezza - che si è rimasti allo status quo. Anzi, alla scuola si destina soltanto il 9 per cento del budget nazionale. Allegria!». Anche il sindaco di Lofa Bridge nutre grande rispetto per la scuola e si rammarica davanti alle statistiche che confermano una vasta percentuale di analfabetismo nel suo Paese. E quando la conversazione scivola fatalmente, anche perché abbiamo esaurito gli argomenti, sull' ex campione del Milan ed eroe nazionale Weah, la testimonianza del signor James è curiosa e sorprendente: «Certo che conosco George - dice -, da bambini a Monrovia andavamo a scuola insieme, giocavamo a pallone...». Suppongo allora che abbia votato per lui alle elezioni presidenziali dell' ottobre 2005... «Oh no, mio Dio. Ho votato, un po' a malincuore, per la signora Sirleaf. Perché vede, George ha un grande piede, un impareggiabile piede: ma non si può dire altrettanto del cervello. Sul seggio presidenziale, va meglio uno che ha studiato. È d' accordo?». Non proprio, non sempre. * La storia Taylor, il processo, la presidente TAYLOR Charles Taylor (prima foto in alto), 58 anni, è il signore della guerra che ha governato la Liberia dal 1997 al 2003, arricchendosi personalmente grazie allo sfruttamento di diamanti e materie prime. In carcere all' Aja, da aprile sarà processato per crimini contro l' umanità JOHNSON-SIRLEAF Ellen Johnson-Sirleaf (seconda foto), 68 anni, economista, è dall' ottobre 2005 il primo presidente donna eletto in Africa. Alle elezioni ha battuto l' ex calciatore George Weah

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