A Belgrado «tutto» come previsto?
Visti gli «scontati» risultati del voto in Serbia, lo confessiamo: a noi più che la «vittoria di Pirro» degli ultranazionalisti ci viene in mente il più popolare adagio di «non fare i conti senza l'oste».
E' vero, i risultati erano più che attesi, annunciati da settimane da molti sondaggi, anche occidentali. Ma l'isolamento delle forze ultranazionaliste, sorrette solo dallo sciopero della fame del leader xenofobo Vojislav Seselj autoconsegnatosi all'Aja da più di un anno e mezzo, non faceva immaginare certo che aumentassero addirittura i voti. Ci dicono che era «tutto previsto». ma è proprio vero? Perché ora, ben più di prima, bisognerà fare i conti con l'«oste» ipernazionalista che, come previsto, non avendo alleati diretti di governo non avrà alcuna possibilità di fare una coalizione di governo. Ma il risultato che ha ottenuto non verrà certo buttato via, nelle istituzioni serbe e per contare subito dentro la coalizione più augurabile, quella tra i Democratici (Ds) del presidente Boris Tadic e i Democratici serbi (Dss) del premier Vojislav Kostunica che hanno fatto l'impossibile per non mischiarsi con i Radicali e per isolarli prima del voto. Ma allora chi, oltre a quasi due milioni di serbi, ha davvero aiutato gli ultranazionalisti?
E' stata proprio la comunità internazionale - ecco l'altro «oste» con cui i serbi devono imparare a fare i conti - quando, preoccupata di non tirare la volata proprio ai Radicali ha deciso di rinviare a dopo le elezioni del 21, a fine gennaio l'annuncio, da parte dell'inviato dell'Onu Martti Ahtisaari, dell'indipendenza - anche se «parziale» - del Kosovo. Quel Kosovo che non solo gli ultranazionalisti, ma i democratici di Tadic e quelli di Kostunica, la Chiesa ortodossa e la nuova Costituzione voluta da tutti e ratificata con un referendum, considerano «parte irrinunciabile del territorio della Serbia».
Ieri l'Italia e gli altri paesi dell'Unione europea in particolare la Spagna non proprio convinta di una nuova indipendenza etnica nei Balcani, hanno promesso da Bruxelles che la proposta di status non sarà una «sentenza», che i negoziati per l'adesione alla Ue restano «aperti», che forse la Serbia per il ricercato Mladic potrà fare come la Croazia (prima è stata accettata poi ha consegnato il criminale Gotovina). Il più è già stato fatto, ma non basta. A Belgrado infatti devono fare in fretta con il nuovo governo, perché il mediatore Ahtisaari - alla cui mediazione non crede nessuno, visto che è sempre stato a favore dell'indipendenza del Kosovo - con perfetto tempismo ha deciso di annunciare la sua proposta anche prima della nuova coalizione di governo. Spostando ancora di più a favore del nazionalismo l'asse politico a Belgrado.
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