Conflitti

Il linciaggio di Saddam Hussein

L'intera sanguinosa storia è stata oscena. Si supponeva che la mattanza fosse presentata come un'esecuzione solenne.

30 gennaio 2007
Robert Fisk
Tradotto da per PeaceLink
Fonte: The Independent e www.zmag.org - 08 gennaio 2007

Andrà a finire che il linciaggio di Saddam Hussein - perché è di questo che stiamo parlando - sarà uno dei momenti determinanti dell'intera vergognosa crociata in cui l'Occidente si è imbarcato nel marzo 2003.
Soltanto il presidente-governatore George Bush e Lord Blair di Kut-al-Amara(*) avrebbero potuto ideare un'amministrazione militare in Iraq tanto crudele e tanto immorale che il più spietato assassino di massa del medio oriente potesse finire i suoi giorni sul patibolo come una figura di nobiltà rimproverando i suoi assassini incappucciati per la loro mancanza di umanità e - durante i suoi ultimi secondi - ricordando al boia che gli diceva di "andare all'inferno" che ora l'inferno era l'Iraq.

"Nessuna cosa gli fece onore nella vita, come il modo onde l'ha lasciata" commentò Malcolm riguardo l'esecuzione del perfido Barone di Cawdor nel Macbeth. Oppure, come mi disse al telefono un mio buon amico di Ballymena alcune ore più tardi "L'intera sanguinosa storia è stata oscena." Proprio così. In questa circostanza mi associerò alla voce dell'Ulster protestante.

Certo, Saddam non ha concesso alcun processo alle sue vittime; i suoi nemici non hanno avuto alcuna possibilità di ascoltare le prove contro di loro; sono stati massacrati in fosse comuni, né hanno avuto una sciarpa nera per evitare che il cappio gli bruciasse il collo mentre rompeva loro la spina dorsale. Giustizia era "fatta", anche se con una lieve crudeltà. Ma non è questo il punto. Il cambiamento di regime è stato fatto a nostro nome e l'esecuzione di Saddam è stata il diretto risultato della nostra crociata per un "nuovo" Medio Oriente.

Guardare un generale americano in uniforme - a dispetto dell'indisciplina di sempre più truppe statunitensi in Iraq - incespicare e scusarsi ad una conferenza stampa che i suoi uomini sono stati molto cortesi con Saddam fino al momento in cui è stato consegnato agli assassini di Muqtada al-Sadr può essere apprezzato solo con l'umore più nero.

Da notare come il meglio che gli ufficiali del "nostro" governo iracheno abbiano potuto fare in risposta sia stato ordinare un'"inchiesta" per scoprire come siano stati introdotti dei telefoni cellulari nella stanza dell'esecuzione - non per identificare le creature che urlavano insulti verso Saddam Hussein durante i suoi ultimi momenti.
Quant'è nello "stile Blair" da parte del governo di al-Maliki il cercare le spie piuttosto che i criminali che hanno abusato del proprio potere!
Ed in qualche modo l'hanno fatta franca; sono stati spesi chilometri di fax d'agenzia dai reporter della "Green Zone" riguardo la costernazione del governo iracheno, come se al-Maliki non sapesse cos'era trapelato dalla stanza dell'esecuzione. Erano presenti i suoi ufficiali - e non ha fatto nulla.

Ecco perché il filmato "ufficiale" dell'impiccagione era muto - e discretamente sfumato - prima che Saddam venisse insultato.
Era tagliato in quel punto, non per ragioni di buon gusto, ma perché il democraticamente eletto governo iracheno - la cui elezione è stata nelle parole di Lord Blair una così "grande notizia per il popolo dell'Iraq" - sapeva fin troppo bene cosa avrebbe fatto il mondo dei terribili secondi che seguivano. Come le menzogne di Bush e Blair - che tutto in Iraq stava migliorando quando in effetti stava peggiorando - si supponeva che la mattanza fosse presentata come una solenne esecuzione giudiziaria.
Peggio di tutto, forse, è il fatto che l'impiccagione di Saddam ha imitato, in una forma spettrale ed in miniatura, la maniera delle bestiali esecuzioni del suo regime. Anche il boia personale di Saddam ad Abu Ghraib, un certo Abu Widad, derideva le sue vittime prima di tirare la leva della botola, un'ultima crudeltà prima della morte. E´ da lui che hanno appreso il mestiere i boia di Saddam? E poi chi erano esattamente quei boia in giubbotto di pelle la settimana scorsa?
Nessuno, pare, si è disturbato a fare questa domanda saliente. Chi li ha scelti? I compagni della milizia di al-Maliki? Oppure gli americani che hanno gestito l'intero carrozzone fin dall'inizio, che hanno organizzato il processo di Saddam in modo tale da non concedergli mai di rivelare i dettagli delle sue relazioni amichevoli con tre amministrazioni statunitensi - e da fargli così portare i segreti della decennale alleanza militare assassina tra Baghdad e Washington nella tomba?

Non porrei questa domanda se non fosse per la sensazione di profondo convolgimento che ho provato visitando la prigione di Abu Ghraib dopo la "liberazione dell'Iraq" ed incontrando l'ufficiale medico della prigione, iracheno di nomina USA. Mentre i suoi sorveglianti erano distratti, ha ammesso di essere stato "ufficiale medico" ad Abu Ghraib anche quando i prigionieri di Saddam vi erano torturati a morte. Nessuno stupore che i nostri nemici-divenuti-amici stiano diventando di nuovo nemici.

Ma tutto ciò non riguarda solo l'Iraq. Più di 35 anni fa, mio padre mi stava accompagnando a scuola quando la sua radio nuova di zecca trasmise un servizio sull'impiccagione all'alba di un uomo avvenuta - credo - a Wormwood Scrubs. Ricordo lo spiacevole sguardo innocente che comparve sul viso di mio padre quando gli chiesi se ciò fosse giusto. "È la legge, ragazzo mio" disse, come se tali crudeltà fossero per la razza umana immutabili. Eppure questi era lo stesso padre a cui, giovane soldato durante la Prima Guerra Mondiale, era stata minacciata la corte marziale perché si era rifiutato di comandare al plotone d'esecuzione di giustiziare un altrettanto giovane soldato australiano.

Forse solo gli uomini più vecchi, sentendo scemare il loro potere, amano le prerogative di un'esecuzione. Più di dieci anni fa, il presidente del Libano Hrawi - adesso morto - ed il primo ministro Rafiq Hariri - in seguito assassinato - firmarono le condanne a morte di due giovani musulmani. Uno di loro era andato nel panico durante una rapina in una casa a nord di Beirut uccidendo un cristiano e sua sorella. Hrawi - usando le parole di uno dei suoi più importanti ufficiali della sicurezza dell'epoca - "voleva dimostrare di poter impiccare i musulmani in un'area cristiana". Fece quello che voleva. I due uomini - uno dei quali non era nemmeno nella casa al momento della rapina - vennero portati sul luogo dell'esecuzione accanto all'autostrada principale
Beirut-Jounieh svenendo di paura alla vista dei loro boia dai cappucci bianchi, mentre i vip cristiani, tornando a casa dai night club assieme alle loro fidanzate in minigonna, si avvicinavano per godersi la scena.

All'epoca avevo suggerito, cosa che provocò il disgusto di Hrawi, che ciò potesse diventare una caratteristica permanente della vita notturna di Beirut, che impiccagioni pubbliche periodiche sullo sfondo del Mediterraneo avrebbero portato decine di migliaia di turisti in più, specialmente dall'Arabia Saudita dove non potevi vedere che qualche decapitazione solo durante la preghiera del venerdì.

No, non riguarda solo la malvagità dell'uomo che è stato impiccato.
A differenza del Barone di Cawdor, Saddam non "diede prova di un pentimento profondo" sul patibolo. Ci siamo semplicemente disonorati in un modo estremamente prevedibile. O sostieni la pena di morte - che il condannato sia ripugnante o innocente - o non lo fai. "C'est tout".

Note: Link al testo originale in inglese:
http://news.independent.co.uk/world/fisk/article2129966.ece

(*)Kut-al-Amara: città dell'Iraq orientale situata sulle rive del Tigri,
dove durante la Prima Guerra Mondiale l'esercito britannico, assediato
dagli ottomani, subì una delle peggiori perdite di vite umane. Circa
23.000 soldati tra britannici ed indiani persero la vita durante l'assedio.
Fonte: Wikipedia English www.en.wikipedia.org

Tradotto da Stefano Mazzucco per www.peacelink.it
Il testo è liberamente utilizzabile a scopi non commerciali citando la
fonte, l'autore e il traduttore.

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