L'Onu: «Ai tempi di Saddam i bambini vivevano meglio»
Può sembrare poco politically correct , ma le cose stanno proprio come la mette il responsabile degli interventi di emergenza dell'Unicef, Dan Toole: «I bambini in Iraq stanno molto peggio di un anno fa e certamente molto peggio di quanto non stessero tre anni fa. Gli indicatori nutrizionali, l'accesso alla sanità e tutti gli altri indicatori stanno mutando in peggio». Insomma in Iraq si stava meglio quando si stava peggio.
Non abbiamo nessun rimpianto per un regime poliziesco che aveva trasformato il paese nel regno della paura, ma almeno, nonostante un embargo crudele cui la comunità internazionale aveva condannato la popolazione, era in vigore il sistema di razionamento alimentare gestito dal governo e dalle Nazioni Unite che raggiungeva tutta la popolazione, gli ospedali erano aperti a tutti, esisteva una entità statuale...
La guerra all'Iraq e la gestione neocoloniale del dopoguerra, come purtroppo avevamo previsto, ha sprofondato il paese nella violenza e nel caos. Nulla è più certo, non la scuola, non il cibo, non gli alimenti. Solo l'insicurezza e la paura. E non ci si parli di democrazia a fronte del sistematico ricorso alla tortura.
Prendere atto di questo significa smettere di fingere che l'attuale governo, mezzo filoamericano e mezzo filoiraniano, che passa il tempo a discutere di spartizione del petrolio, abbia una qualunque capacità, e forse interesse, a provvedere ai bisogni delle proprie popolazioni.
Molti condividono la responsabilità di questo inaccettabile risultato. In primis i democraticissimi Stati Uniti che hanno aperto le danze e "i volenterosi" che vi hanno partecipato, Berlusconi compreso. Poi i fondamentalisti di Al-Qaeda impegnati sulla pelle degli iracheni in una battaglia per il controllo del Medio Oriente e delle anime degli uomini e delle donne che vi vivono. Ma anche quelle forze irachene (e i paesi loro sostenitori esterni) che al gioco del divide et impera hanno risposto come burattini.
Durante gli anni delle sanzioni economiche l'allora Segretaria di Stato (democratica) Madlene Albright commentò la morte di oltre 500mila bambini iracheni per l'embargo con un cinico: «Ne vale la pena». La storia non è cambiata. Purtroppo non in Iraq, e nemmeno in Afghanistan.
Articoli correlati
Cuba e il ritorno del “tycoon”
Donald Trump stravince le elezioni. Cosa significa per la maggiore delle Grandi Antille?13 novembre 2024 - Giorgio Trucchi- Albert, il bollettino quotidiano pacifista
Minacce di morte a chi difende i diritti dei migranti
Il monitoraggio del Consiglio d'Europa il 22 ottobre ha segnalato il clima di odio verso i migranti. A conferma di ciò sono oggi giunte le minacce di morte alla giudice Silvia Albano, presidente di Magistratura Democratica, contraria al trattenimento dei migranti in Albania.24 ottobre 2024 - Redazione PeaceLink - Albert, il bollettino quotidiano pacifista
Chiediamo al presidente della Repubblica di sostenere l'ONU mentre i caschi blu sono sotto attacco
Il silenzio rischia di essere interpretato come un segno di debolezza o, peggio, di complicità tacita. Il nostro Paese non può permettersi di essere complice del fallimento della missione UNIFIL. Se qualcuno deve lasciare la Blue Line, non sono certo i caschi blu: devono essere le forze israeliane.10 ottobre 2024 - Redazione PeaceLink - Albert, il bollettino quotidiano pacifista
I caschi blu italiani sono in pericolo ma il presidente Mattarella rimane in silenzio
L'esercito israeliano ha invaso il Libano e minaccia i caschi blu dell'ONU intimando di andarsene. Fra caschi blu ci sono anche i militari italiani che hanno rifiutato di ritirarsi. Ma sono rimasti soli: neppure la Meloni esprime solidarietà ai caschi blu in pericolo. E il presidente Mattarella?9 ottobre 2024 - Redazione PeaceLink
Sociale.network