Il generale del Kosovo: «E' solo un palliativo»
Bombe più piccole, di minor calibro e con meno esplosivo per vincere la guerra in Afghanistan e fare nel contempo meno vittime civili? «Un palliativo psicologico per l'opinione pubblica. Una risposta che serve a mettere a tacere la coscienza di fronte a un impasse tattico». E' questa la reazione a caldo del generale Fabio Mini all'intervista concessa dal capo dell'Alleanza atlantica al Financial Times. Mini parla a ragion veduta perché della Nato (adesso è in pensione) è stato capo di stato maggiore per il Sud Europa oltre che comandante Kyfor nei Balcani. «Una bomba più piccola - dice - significa una bomba con meno esplosivo e quindi con un raggio d'azione minore. Ma in caso l'obiettivo sia esteso, anziché usare una bomba da mille libbre si finirebbe a usarne magari 15 da centocinquanta il che alla fine farebbe 1500 libre di esplosivo....».
Usa un paradosso il generale Mini per entrare nel merito della questione: usare munizioni più piccole, dice, significa «limitare il danno ma se non sono precise si finisce per eliminarne comunque l'efficacia. Anche per questo - aggiunge - dico che non è un problema di peso delle bombe o, come si è detto nei giorni scorsi, di aggiustare il tiro o di saper mirare. Il fatto è che la Nato non sa dove bombardare. E quindi, non sapendo dove colpire esattamente, se invece di distruggere cinque case ne distrugge solo due, la cosa non cambia molto se in quelle due case ci sono dei civili».
Anche a Gianandrea Gaiani, direttore della rivista Analisi Difesa, sembra che l'uscita di De Hoop Scheffer sia «un escamotage per tentare una risposta alla polemica sulle stragi dei civili. Si pensa a bombe del peso di 250 chili anziché 500 ma non è questo il punto. Il punto è che nessun esercito può rinunciare alla sua superiorità tecnologica, e quella occidentale ha un nome: raid aerei». Secondo Gaiani, per la Nato i bombardamenti sono un'opzione «irrinunciabile» che in realtà sta portando a dei risultati anche perché, dice, secondo le inchieste (della stessa Nato, però) il numero delle vittime civili denunciato non sempre corrisponderebbe alla verità. Come che sia, dice Gaiani, la risposta «politica» di Jaap de Hoop Sheffer dimostra un segnale di sensibilità della Nato al problema delle vittime civili. Un problema però che non si può evitare, tutt'al più ridurre, con l'uso della forza aerea.
Un analista strategico che conosce bene l'apparato militare della Nato e che preferisce mantenere l'anonimato la spiega in un altro modo: «La riduzione del peso delle bombe può evitare di distruggere un intero villaggio ma basta far saltare una casa per uccidere dei civili, conniventi o meno che siano coi talebani. La verità - aggiunge - è che in Afghanistan la guerra si vince solo con il consenso della popolazione che attualmente sta scemando, come lo stesso de Hoop Scheffer ammette. E il consenso della popolazione locale non si ottiene con bombardamenti indiscriminati ma facendola passare dalla propria parte, e poi proteggendola in modo duraturo. Il che significa avere il controllo del territorio e impedire che i talebani scappino di giorno e tornino la notte. La verità è che la Nato questo controllo non ce l'ha, anche perché questo dovrebbe essere affare dello stato afghano. Così restano solo i raid, le vittime civili, la fine del consenso».
Fabio Mini aggiunge che la Nato pensa «di fare con i raid quel che andrebbe fatto con truppe di terra. La verità è che siamo impreparati a questo tipo di guerre, che non sono semplicemente asimmetriche. In buona sostanza - aggiunge - se sappiamo a spanne che un gruppo di talebani si trova nel tal villaggio, bombardare serve solo a uccidere civili e qualche talebano. La verità è che la Nato non ha informazioni precise, non ha una conoscenza diretta del territorio, non sa cosa succede nei villaggi e soprattutto si affida alle bombe quando dovrebbe agire con soldati a terra. Se un gruppo di talebani si riunisce nel tal posto e lo si sa con certezza, si studia la loro via di fuga e, dopo aver messo in atto una strategia diversiva, li si va a prendere. Bombardare la casa dove si trovano serve solo a rischiare di uccidere i civili magari dopo che i talebani sono già scappati». Secondo Mini l'uscita sul Financial Times è il tentativo di mettere una pezza che, aggiunge, rivela «un disagio tattico e nasconde il vero problema: la carenza di intelligence e di informazioni che la Nato non ha al momento i mezzi per ottenere».
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