I rapporti segreti fra Israele, Iran e gli Stati Uniti
In un discorso tenuto alla Columbia University, il Presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad ha difeso il diritto dell´Iran all´energia nucleare, ma ha smentito che il paese stia cercando di costruire armi nucleari. L´intervento di Ahmadinejad alla Columbia ha generato un coro unanime di proteste. Se ne parla con Trita Parsi, autore di "Treacherous Alliance: The Secret Dealings of Israel, Iran and the United States", ed Ervand Abrahamian, professore al Baruch College e coautore di "Targeting Iran".
AMY GOODMAN: Per saperne di più sulla visita di Ahmadinejad ci hanno raggiunto due ospiti. Ervand Abrahamian è un esperto di Iran ed esimio professore di storia al Baruch College, qui alla City University of New York. E´ autore di diversi libri sull´Iran e coautore di un nuovo volume pubblicato dalla City Lights intitolato "Targeting Iran". E da Washington c´è con noi Trita Parsi, Presidente del Consiglio Nazionale Iraniano Americano, la più grande organizzazione iraniano-americana degli Stati Uniti, e autore di "Treacherous Alliance: The Secret Dealings of Israel, Iran and the United States".
Innanzitutto, Ervand Abrahamian, ci può raccontare della visita del presidente? C´è qualcosa di quello che ha detto che l´ha sorpresa?
ERVAND ABRAHAMIAN: Dunque, sono sorpreso dal fatto che non abbia sfruttato l´opportunità per calmare la situazione, abbiamo un problema serio al momento, sostanzialmente siamo all´abisso della guerra, e ci sono persone che spingono verso un conflitto nei prossimi mesi. Questa sarebbe stata una buona occasione per appianare le cose, calmare la situazione.
E non è solo lui ad aver perso un´occasione. Penso che anche Bollinger l´abbia persa, in effetti il discorso di Bollinger è suonato come un appello alla guerra. E il pubblico ha perso un´opportunità, molte delle loro domande riguardavano l´importante tema dell´identità, ma nessuna riguardava veramente il fatto che ci troviamo all´abisso di una guerra, e questo è sicuramente un problema ben più importante delle questioni sull´etnia o sul genere.
In realtà penso che, nonostante abbia fatto delle affermazioni sul fatto che l´Iran non sia interessato alle armi nucleari, avrebbe potuto essere più diretto e categorico sulle politiche iraniane riguardo il progetto del nucleare.
AMY GOODMAN: Questo le ricorda Saddam Hussein prima della guerra?
ERVAND ABRAHAMIAN: Sì. Ahmadinejad non l´ha detto esplicitamente ieri sera ma la sua politica è che non c´è il rischio di una guerra perché nessuno di buon senso penserebbe a invadere o ad attaccare l´Iran. Questa è la premessa sulla quale si basa, una premessa del tutto sbagliata credo, perché non sembra aver capito la politica americana, le persone che ci hanno dato la guerra all´Iraq sono le stesse persone che gestiscono ora la politica estera. Ma lui parte dalla premessa che nessuno di buon senso penserebbe ad attaccare l´Iran.
AMY GOODMAN: Trita Parsi, lei ha scritto un libro davvero interessante, "Treacherous Alliance: The Secret Dealings of Israel, Iran and the United States". Potrebbe tornare indietro nel tempo e parlarci delle relazioni, degli affari segreti fra queste tre nazioni?
TRITA PARSI: Israele è da molto tempo un elemento cruciale per la formulazione delle politiche americane nei riguardi dell´Iran. Ma ciò che è davvero interessante è che l´influenza di Israele va in direzioni completamente diverse, rispetto a soli 15 anni fa. Negli anni ´80, nonostante la Rivoluzione iraniana, nonostante le tante dure osservazioni dell´Ayatollah Khomeini su Israele, di gran lunga peggiori di ciò che è stato detto finora da Ahmadinejad, Israele all´epoca era la nazione che faceva pressioni sugli USA per aprire le trattative con l´Iran per ristabilire i rapporti USA-Iran, viste le necessità strategiche di Israele. Israele aveva bisogno dell´Iran, poiché temeva il mondo arabo e una guerra potenziale con gli arabi.
Dopo il 1991-92 avviene il vero cambiamento nei rapporti israelo-iraniani, perché è allora che l´intera mappa geopolitica del medioriente viene ridisegnata. L´Unione Sovietica crolla. L´ultimo esercito permanente degli arabi, quello di Saddam Hussein, viene sconfitto nella guerra del Golfo persiana. In più nel medioriente c´è un ambiente di sicurezza completamente nuovo in cui due fattori, i sovietici e gli arabi, che avevano spinto l´Iran e Israele ad avvicinarsi, tutt´a un tratto evaporano. Ma poiché le loro condizioni di sicurezza migliorano, incominciano a rendersi conto che potrebbero finire in una situazione nella quale entrambe diventerebbero una potenziale minaccia per l´altra. Ed è in questo momento che si vede un cambiamento radicale degli israeliani. Ora, l´argomento degli israeliani era che gli USA non avrebbero dovuto dialogare con l´Iran, poiché gli iraniani moderati non esistono.
Da allora, gli israeliani e gli interessi pro-Israele negli USA hanno fatto pressioni per assicurarsi che non ci fosse né dialogo né riavvicinamento fra gli USA e l´Iran. E gli iraniani hanno fatto qualcosa di simile, hanno minato ogni iniziativa di politica estera degli USA nel medioriente che temevano potesse beneficiare Israele. Quindi il vero cambiamento nei rapporti fra Israele e Iran avvengono dopo la Guerra Fredda, non con la rivoluzione del 1979.
AMY GOODMAN: Vorrei che tornasse al 1948 e ci parlasse di quel periodo, fino al 1991. Quali erano i rapporti segreti?
TRITA PARSI: Allora, subito dopo la fondazione di Israele, l´Iran era difatti uno fra quegli stati della commissione delle Nazioni Unite che stava preparando un piano ed erano contro la partizione. Erano contro l´idea di creare due stati. L´Iran all´epoca disse che questo avrebbe portato a decenni di crisi. Ma una volta che Israele divenne una realtà, il governo iraniano pensò che, poiché stavano affrontando un mondo arabo ostile, così come un´ideologia araba molto ostile, il pan-arabismo, Israele avrebbe potuto rappresentare un potenziale alleato per gli iraniani, in modo particolare dal momento in cui Israele si stava avvicinando sempre di più alla fazione occidentale e agli USA. Durante gli anni ´50, ´60 e ´70 gli iraniani e gli israeliani collaboravano strettamente e avevano una robusta alleanza.
Cercarono di mantenerla segreta. Non era propriamente un segreto, ma per l´Iran non c´è mai stato un vero e proprio riconoscimento de jure di Israele, ma solo de facto. A Tehran c´era una missione israeliana, ma non permisero mai che fosse chiamata ambasciata, e c´era anche un inviato israeliano a Tehran, ma non lo chiamarono mai ambasciatore. Quando gli aerei israeliani atterravano all´aeroporto di Tehran, lo facevano su una pista separata, costruita apposta al di fuori dall´aeroporto in modo che nessuno potesse vedere i molti aerei E1 A1 che atterravano a Tehran. La ragione per cui lo facevano è che da un lato avevano bisogno di Israele come alleato poiché temevano il mondo arabo, e dall´altro sentivano che se si fossero avvicinati troppo a Israele avrebbero solo aumentato l´ostilità araba nei confronti dell´Iran.
AMY GOODMAN: Trita Parsi, lei fa molte rivelazioni nel suo libro. Una di queste è che il Primo Ministro iraniano avrebbe chiesto a Israele il permesso di assassinare Khomeini. Descriva le circostanze.
TRITA PARSI: E´ accaduto poco prima della rivoluzione, nella quale gli israeliani erano fortemente coinvolti, temevano che il nuovo regime sarebbe stato ostile a Israele e non erano certi che avrebbero potuto costruire lo stesso tipo di rapporti segreti con l´Iran come accadeva durante l´epoca dello Shah. Si scoprì in seguito che ne avrebbero avuto la possibilità, sebbene non nella stessa misura, ma potevano ancora farlo.
Il Primo Ministro era però desideroso di liberarsi di Khomeini, pensando che una volta eliminato Khomeini, la rivoluzione si sarebbe potuta muovere in direzioni diverse, e chiese agli israeliani se potevano farlo, perché Khomeini in quel momento si trovava a Parigi; gli iraniani non potevano far nulla, ma pensarono che probabilmente gli israeliani avrebbero potuto fare qualcosa. La risposta di Israele fu, a quanto pare, che quello non era affare loro e che Israele non era il poliziotto del mondo.
AMY GOODMAN: Cosa ci può dire degli aiuti di Israele a Saddam Hussein dopo la Guerra del Golfo?
TRITA PARSI: Dopo la prima guerra del Golfo persico, in Israele si pensava che Saddam fosse stato indebolito, che non fosse più una vera minaccia, e la vera potenziale minaccia in futuro, la potenza in ascesa era l´Iran. Quindi gli israeliani incominciarono a trovare un modus vivendi con Saddam Hussein.
Questo mandò in collera l´amministrazione Clinton, la quale stava perseguendo una politica di isolamento sia dell´Iraq che dell´Iran, ed erano infastiditi dal fatto che gli israeliani stessero cercando una sorta di legame con Saddam.
L´iniziativa israeliana non portò a nulla, ma era guidata dall´opinione che l´Iran sarebbe diventato la minaccia principale. Anche se all´epoca l´Iran non era realmente una minaccia per Israele, Israele già lo trattava come una minaccia.
AMY GOODMAN: Gli USA e i progetti dell´Iran di ritirare l´appoggio a Hamas e Hezbollah.
TRITA PARSI: Abbiamo già parlato di questo, nel 2003 ci fu una proposta degli iraniani agli USA per trovare un accordo maggiore fra le due parti, nella quale tutte le questioni furono messe sul tavolo, compresa un´offerta, nel quadro delle negoziazioni, di disarmare Hezbollah e trasformarlo in una mera organizzazione politica. Se ciò fosse accaduto, l´anno scorso non ci sarebbe stata una guerra fra Israele e Libano. In secondo luogo, l´accordo prevedeva la fine di ogni tipo di appoggio alla Jihad islamica e a Hamas, e incoraggiare i palestinesi a scegliere la via politica, piuttosto che quella militare, nei suoi rapporti con Israele.
Ma quello che viene rivelato nel libro, e che non ha avuto molta risonanza ei media, è che gli iraniani prima di inoltrare la proposta agli USA, stavano già cercando appoggi in Europa; e cosa ancora più importante, sono andati dove sapevano che gli israeliani sarebbero andati. Hanno presentato il quadro della situazione, il progetto di questo patto, e volevano assicurarsi che gli israeliani non pensassero che ne avrebbero dovuto pagare le spese, perché temevano che gli israeliani avrebbero potuto minarlo. In pratica stavano lanciando un segnale: "Guardate, se troveremo un compromesso con gli USA, noi ci disimpegnamo e non saremo più coinvolti nella questione israelo-palestinese".
AMY GOODMAN:Trita Parsi è l´autore di "Treacherous Alliance: The Secret Dealings of Israel, Iran and the United States". L´altro nostro ospite, Ervand Abrahamian, esperto in Iran, esimio professore di storia al Baruch College. Volevo leggere, Professor Abrahamian, un brano di Juan Cole che dice a proposito di Ahmadinejad: "E´ stato dipinto come un personaggio alla Hitler, intento ad uccidere gli ebrei d´Israele, sebbene non sia il comandante supremo delle forze armate iraniane, non abbia mai invaso nessuna nazione, abbia negato di essere antisemita, non abbia mai fatto un appello affinchè venissero uccisi civili israeliani e permetta ai 20000 ebrei in Iran di avere rappresentanza in Parlamento"; è Khamenei ad avere il vero potere.
ERVAND ABRAHAMIAN: Credo che Juan Cole centri il bersaglio, riassuma tutto. A questo punto la domanda è: perché la politica americana si concentra così tanto su Ahmadinejad? Credo che ora egli ricopra il ruolo che un tempo era stato di Saddam, una persona facilmente demonizzabile. La presentazione di Bollinger di ieri,che lo descrive come un dittatore, mostra quanto poco le persone come Bollinger ne sappiano del sistema politico iraniano. Si può chiamare Ahmadinejad in molti modi, ma dittatore no. Non può neanche... non ha neanche il potere di nominare i ministri del suo gabinetto. La sua è una presidenza molto limitata. Affermare che sia nella posizione di poter minacciare gli Usa o Israele è francamente bizzarro. Credo che qualcuno come Bollinger dovrebbe sapere di più sull´Iran prima di lanciare calunnie come "dittatore".
AMY GOODMAN: Bene, parliamo di Khamenei allora, se è lui quello che ha veramente il potere.
ERVAND ABRAHAMIAN: Si può dire che lui sia il Capo Supremo, ma il sistema iraniano è in realtà una leadership collettiva. Le linee di politica estera sono prese da un consiglio, del quale il leader supremo nomina i membri, ma ci sono diversi punti di vista a proposito. In più Ahmadinejad non dirige quel comitato. Persone come Rafsanjani hanno moltissima influenza, il precedente presidente Khatami ha moltissima influenza, e loro sono molto più disponibili a negoziare.
Difatti furono loro a offrire il grande patto nel 2003 per sistemare i problemi con gli USA e, per ragioni non chiare, la Casa Bianca lo ha praticamente ignorato, non ne erano interessati. E´ questo che mi porta a pensare che questa amministrazione sia inamovibile sulla questione del risolvere il problema nucleare con la forza militare, perché se fosse stata interessata a risolverla con la diplomazia, le offerte non sono mancate. Loro hanno però consciamente deciso di non seguire le vie diplomatiche, e se non si seguono le vie diplomatiche, l´unica altra via è quella militare. E´ sicuramente solo una questione di tempo su quando opteranno per gli attacchi aerei.
AMY GOODMAN: Trita Parsi, le volevo chiedere del reportage di Newsweek nel quale si dice che il vicepresidente Cheney ha preso in considerazione l´idea di provocare uno scambio di attacchi militari fra Iran e Israele in modo da dare un pretesto agli USA per attaccare l´Iran. Pochi mesi prima delle sue dimissioni, David Wurmser, il consigliere di Cheney sul Medio Oriente, ha detto a uno stretto giro di persone che Cheney stava riflettendo sull´idea di spingere Israele a una serie limitata di attacchi missilistici contro il sito nucleare iraniano a Natanz, e forse anche contro altri siti, in modo da provocare Tehran e spingerli ad attaccare. Citando due fonti ben informate, Newsweek ha pubblicato questo reportage. Qual è la sua reazione?
TRITA PARSI: Credo sia uno scenario plausibile, dal momento che una cosa che noi sappiamo per certo è che gli israeliani mancano della capacità militare per bloccare il programma nucleare iraniano. Lo possono attaccare, ma non distruggere. L´unica cosa che ne risulterebbe sarebbe una sorta di vendetta da parte dell´Iran, che porterebbe gli USA direttamente nel conflitto, perché gli USA non riuscirebbero a restarne fuori, e ovviamente molti elementi all´interno della Casa Bianca preferirebbero entrarci immediatamente.
Una cosa che descrivo nel libro, e che penso sia estremamente importante, è che quando si osserva il modo in cui l´Iran ha preso le decisioni riguardo Israele, i fattori geopolitici e strategici sono in realtà quelli che hanno influenzato le loro decisioni. Non è stata l´ideologia, e credo che questo sia il punto cruciale. A questo punto abbiamo la metafora presentata da Bibi Netanyahu , il leader del partito Likud, secondo la quale ci troviamo nel 1938 e l´Iran è la Germania. Si va poi avanti sottointendendo che Ahmadinejad sia Hitler. Se si accettano queste premesse, che siamo nel 1938, che l´Iran sia la Germania e che Ahmadinejad sia Hitler, allora chi, quale leader di buon senso vorrebbe occupare il ruolo di Neville Chamberlain? E´ una metafora le cui premesse ci mettono in una situazione in cui il conflitto è decisamente inevitabile, e non c´è altra via, perché le negoziazioni e la diplomazia semplicemente non possono esserlo.
Fortunatamente, queste sono false premesse. Iran e Israele, e gli USA e Israele non sono ingaggiati in una battaglia ideologica. E´ un antagonismo strategico e risolvibile, ma richiederà un grande sforzo diplomatico per riuscire a trovare il modo di uscirne. Sfortunatamente, ora la diplomazia è l´ultima cosa con cui qualcuno potrebbe descrivere le politiche estere di questi paesi, in modo particolare dell´amministrazione Bush.
AMY GOODMAN: Quest´estate ho intervistato l´attivista iraniana esiliata Azar Derakhshan. E´ l´editrice della rivista Women of March 8 (Le donne dell´8 marzo), e ha aiutato a organizzare la marcia europea del 2006 contro le leggi iraniane anti-donne. Vorrei mostrarvi un estratto della mia conversazione con lei. Questa è Azar Derakhshan.
AZAR DERAKHSHAN: Ho visto un quadro fatto dai media occidentali. Per loro ci sono due fronti: ci sono gli USA e il governo dell´Iran. Ci sono attriti. La gente, la voce della gente, è completamente assente. L´opinione degli stranieri, credono che questa cosa, il futuro dell´Iran verrà deciso da questi due poteri.
Ho provato a spiegare alla gente negli altri paesi, nei paesi europei, che questo quadro non è reale. C´è inoltre un altro fatto molto importante. La gente dell´Iran, il movimento, sarà decisiva nel futuro. Non sono costretti a scegliere fra gli USA e il governo dell´Iran. C´è un´altra forza nell´Iran. Se qualcuno vuole veramente prevenire la guerra, gli scontri, dovrebbe sostenere questo movimento, un movimento per l´uguaglianza e la libertà.
Non abbiamo bisogno degli USA per liberarci. Innanzitutto, noi siamo qui, e questo ci legittima a liberarci da soli. Vogliamo combattere il nostro nemico nativo da soli. In secondo luogo, abbiamo già visto con l´Afghanistan e l´Iraq, loro sono vicini dell´Iran. Le donne dell´Iran, anche loro vedono. Forse non prima, ma ora questo è abbastanza per sapere che tipo di piano hanno per la gente dell´Iran.
AMY GOODMAN: Questa era Azar Derakhshan, dissidente iraniana. Professor Abrahamian, la sua reazione?
ERVAND ABRAHAMIAN: Allora, penso abbia ragione, l´Iran è una società molto complicata. Ci sono movimenti politici molto diversi. L´idea che sia un sistema rigido, che non cambierà, preclude ogni possibilità di negoziazioni o cambiamenti. In effetti, l´Iran dispone di un sistema elettorale, e avremo presto delle elezioni. Non c´è garanzia che Ahmadinejad sarà rieletto, è molto probabile che i riformisti riprendano il potere.
AMY GOODMAN: Quando saranno le elezioni?
ERVAND ABRAHAMIAN: Fra meno di due anni. La base elettorale di Ahmadinejad, direi il cuore della base, è molto simile a quella di Bush. E´ all´incirca del 25%. Per essere rieletto dovrebbe allargare questa base, trovare il consenso degli autonomi e di altri, e questo sarà davvero difficile. Se i riformisti riuscissero a riunirsi attorno a un unico candidato otterrebbero una valanga di voti, come fecero nel 1990, in cui più del 70% dell´elettorato aveva votato per i liberali e riformisti.
AMY GOODMAN:Verso quale direzione un attacco statunitense all´Iran spingerebbe le elezioni?
ERVAND ABRAHAMIAN: Questo giocherebbe a favore di Ahmadinejad, perché si verrebbe a creare un´emergenza nazionale. Dichiarerebbe che il paese è in pericolo, e tutti si riunirebbero attorno alla bandiera. Le persone che non avevano simpatia verso di lui terrebbero la bocca chiusa. In un momento in cui l´esistenza dello stato è in questione non ci si preoccupa dei leader. In pratica potrebbe agire come un leader nazionale potente.
AMY GOODMAN: Trita Parsi, ha avuto l´occasione di avere a che fare con i poteri decisionali deli USA, di Israele e con i leader iraniani. Qual è la sua impressione riguardo a un attacco: saranno gli USA, Israele o l´Iran? E´ imminente?
TRITA PARSI: Allora, non penso che un attacco israeliano sia imminente, a meno che non ci sia un qualche coordinamento con gli USA, in modo da far entrare gli USA nel conflitto. Credo infatti che un qualche tipo di conflitto fra gli USA e l´Iran sia possibile al momento, essendo conscio della mancanza di diplomazia che si sta verificando.
Credo che questo non smetterà automaticamente solo perché ci sarà un cambio di governo negli USA nei prossimi due anni. Molte delle decisioni che si stanno prendendo ora avranno l´impatto di limitare la manovrabilità delle amministrazioni future. Stiamo rendendo le cose sempre più difficili, non solo per questa amministrazione, ma anche per quelle future, per ricercare la democrazia.
Quello a cui assistiamo ora nel Medio Oriente non è necessariamente solo un conflitto che riguarda quello che sta succedendo in Iraq o riguardo il programma nucleare dell´Iran. E´ un conflitto che in pratica riguarda l´egemonia, in mancanza di una parola migliore.
Questi tipi di cambiamenti, con l´attuale declino degli USA e la situazione sempre più difficile in cui si trovano in Iraq, e con l´Iran che si trova in una situazione sempre più di forza e che agisce in maniera fiduciosa, questo tipo di cambiamenti storicamente non avviene in maniera pacifica, a meno che non ci sia un intervento straordinario di diplomazia. Non è quello a cui assistiamo ora.
Sono molto preoccupato, perché se anche riuscissimo a evitare una guerra per i prossimi due anni, la prossima amministrazione USA potrebbe trovarsi nella posizione in cui la sua manovrabilità sarebbe talmente limitata che l´opzione militare diventerebbe, per l´ennesima volta, molto fattibile.
AMY GOODMAN: E´ possibile che Ahmadinejad stia giocando un suo gioco come fece Saddam Hussein, nel quale se fosse chiaro che non ha nessuna arma nucleare, sarebbe più debole e quindi gli USA potrebbero attaccare? E´ possibile che abbia visto l´esempio della Corea del Nord, dove effettivamente hanno le armi nucleari, e perciò gli USA stanno seguendo la via diplomatica?
TRITA PARSI: Credo sia una combinazione delle due. Da un lato, credo che molte delle sue affermazioni e il suo comportamento abbiano come scopo quello di essere un deterrente per gli USA. Sta agendo con sicurezza, e dice che gli USA non sono capaci di attaccare. Questo è un modo per dire che gli USA non possono farlo, e se lo faranno dovranno affrontare una situazione estremamente difficile. In parte anche questo dovrebbe funzionare da deterrente. Ciò ha l´impatto negativo di spaventare moltissime persone, inclusi molto vicini dell´Iran che ora gravitano attorno alla posizione degli USA, perché hanno paura che Ahmadinejad possa fare qualcosa.
Allo stesso tempo credo che, fino a un certo punto ma non completamente, lui sia convinto che l´Iran si trovi in una posizione talmente di forza, e gli USA in una posizione talmente debole, che non potrebbero farlo. Ma credo sia una combinazione delle due. Credo sia inoltre importante ricordare che molta della sua belligeranza funge da deterrente e non è necessariamente una strategia offensiva.
AMY GOODMAN: Il ruolo dell´Iran in Iraq?
TRITA PARSI: Scusi?
AMY GOODMAN: Il ruolo dell´Iran in Iraq?
TRITA PARSI: Credo che gli iraniani in Iraq abbiano investito in tutte le potenziali fazioni irachene, assicurandosi che chiunque giunga al vertice abbia dei forti legami con l´Iran, perché è uno dei più forti interessi iraniani assicurarsi che l´Iraq non sia più uno stato ostile, così da non dover ripetere l´esperienza della guerra degli otto anni contro l´Iraq come nel 1980. Quindi, quello a cui stiamo assistendo è una linea politica del governo iraniano indipendente dal fatto che Ahmadinejad sia al potere o meno. Questo è probabilmente quello che ogni altro governo iraniano farebbe, almeno sotto il regime presente in Iraq al momento.
Credo che l´unica strada per gli USA per trovare una via d´uscita dall´Iraq non è quella di limitarsi a un dialogo con gli iraniani, ma includere anche tutti i vicini dell´Iraq nel processo, facendoli partecipare non solo al risultato, ma anche in tutto il processo. Abbiamo moltissimi problemi a causa di quello che i sauditi stanno facendo in Iraq, e anche quello che i giordani stanno facendo. Non si parla affatto di quello. Al contrario, ci stiamo concentrando solo sul ruolo dell´Iran.
AMY GOODMAN: Brevemente, qual è il ruolo dell´Arabia Saudita?
TRITA PARSI: Il ruolo dell´Arabia Saudita...beh, circa due mesi fa un reportage di LA Times ha svelato che il 45% dei kamikaze in Iraq sono sauditi. Sappiamo già da tempo che molto del denaro che fluisce dall´Arabia Saudita all´Iraq finisce ai ribelli sunniti, perché credono di star combattendo una guerra contro i sunniti e gli sciiti in Iraq. Ma non si parla di questo.
Al contrario, l´Arabia Saudita è stata elogiata dall´Ambasciatore Crocker durante la sua deposizione. Credo che questo sia un modo molto parziale di affrontare i problemi dell´Iraq, e finchè manterremo una prospettiva politica sulla situazione irachena, temo che la situazione rimarrà critica laggiù.
AMY GOODMAN: Trita Parsi, voglio ringraziarla per essere stato con noi.
TRITA PARSI: Grazie a voi per avermi invitato.
AMY GOODMAN: Ricordiamo il suo libro "Treacherous Alliance: The Secret Dealings of Israel, Iran and the United States". Un´ultima domanda per il Professor Abrahamian: ha paura per la sua gente? Ha paura per il popolo iraniano?
ERVAND ABRAHAMIAN: Sono preoccupato per il fatto che nei prossimi mesi potrebbero esserci attacchi aerei. Credo che ci sarà una replica di quello che abbiamo visto in l´Iraq, la stessa retorica. Lo stesso tipo di persone stanno spingendo verso la guerra usando anche lo stesso tipo di argomentazioni...argomentazioni infondate, spropositate.
Per esempio, il continuo vociferare sull´Iran che fornisce armi agli insorti che stanno uccidendo gli americani, questa è la prova che l´Iran ha già dichiarato guerra agli USA. Ma quando provi a raccogliere le prove, tutto si riduce alle storie sul concentrato di uranio e di Saddam Hussein dietro ad al-Qaeda. Fino a quando gli USA non avranno delle vere prove che l´Iran stia fornendo delle armi letali agli insorti, io non accetterei a priori nessuna di queste argomentazioni
AMY GOODMAN: Professor Abrahamian, grazie anche a lei per essere stato con noi, Ervand Abrahamian è autore del libro "Targeting Iran".
Trita Parsi, Presidente del Consiglio Nazionale Iraniano Americano (NIAC), la più grande organizzazione iraniano-americana degli Stati Uniti. E´ autore di "Treacherous Alliance: The Secret Dealings of Israel, Iran and the United States".
Link al testo originale in inglese (dove è possibile vedere e ascoltare l'intervista originale):
http://www.democracynow.org/article.pl?sid=07/09/25/142247&mode=thread&tid=25
Tradotto da Tiziana Nannavecchia per www.peacelink.it
Il testo è liberamente utilizzabile per fini non commerciali, citando la fonte, l'autore ed il traduttore.
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