Conflitti

La violenza dopo le elezioni in Kenya

Come superare la crisi?

I quasi duecento morti accertati che abbiamo visto in questi giorni sulle strade del Kenya sono il risultato di una politica malata, fondata sull'idolatria del potere e dei soldi, una religione che e' stata alimentata dagli uomini politici keniani fin dall'indipendenza.
2 gennaio 2008
Fr. Renato Kizito Sesana

I quasi duecento morti accertati che abbiamo visto in questi giorni sulle strade del Kenya sono il risultato di una politica malata, fondata sull’ idolatria del potere e dei soldi, una religione che e’ stata alimentata dagli uomini politici keniani fin dall’ indipendenza.

Mentre scrivo, il mattino del 2 gennaio, la tensione per le strade di Nairobi, in particolare di Kibera, e’ diminuita. Evidentemente la gente ha bisogno di tornare alla vita normale, di guadagnare qualche soldo. Ma le notizie che giungono dal Western Kenya continuano ad essere allarmanti. D’ altro lato i problemi che hanno dato origine alle violenze rimangono, e nelle prossime settimane, quando il parlamento dovra’ essere convocato, molti nodi politici verranno al pettine, ed e’ probabile che la tensione torni a salire.

A questo punto la possibilita’ che ci siano stati dei brogli elettorali appare probabile. Ora emerge chiaramente che durante il giorno dell’ elezione ci sono state intimidazioni, non necessariamente violente, e che in parecchi seggi sono stati comperati dei voti. Questo riguarda entrambi i partiti che erano in corsa per le presidenza, PNU e ODM, ma non dovrebbe aver influenzato i risultati in modo determinante, anche se e’ un’ ovvia indicazione di un atteggiamento non democratico. Cio’ che potrebbe essere stato determinante invece potrebbero essere stati dei brogli al momento della conta generale dei voti. Ma finora nessuno e’ stato capace di dare prove chiare e sttribuire responsabilita’ precise. Personalmente ho sentito persone che raccontano di voti comperati dall’ ODM sula costa, ma che non sono disposti a esporsi. I documenti che l’ ODM ha assicurato di possedere e che proverebbero brogli su larga scala al momento della conta non sono finora stati esisbiti.

Per capire l’ attuale contesto politico keniano bisognerebbe risalire almeno al 1982, quando, dopo un tentativo di colpo di stato, l’ allora Presidente Moi ha traformato il Kenya in una dittatura brutale, pur mantenendo alcuni elementi di facciata che lo potevano spacciare per una democrazia. Il tutto, e’ bene notare, sempre restando fedele alleato e protetto dalla Gran Bretagna e degli USA, e amico dell’ Occidente. Sarebbe troppo lungo seguire dall’ ‘82 ad oggi la carriera politica dei due principali protagonisti della crisi odierna, Mwai Kibaki e Raila Odinga. Basti dire che da allora ad oggi entrambi sono stati alleati di Moi e avversari di Moi, alleati con tutti e avversari di tutti, anche tra di loro. Per entrambi non si puo’ parlare di una posizione ideologica, ma sempre e solo di alleanze per arrivare al potere. Entrambi hanno una rilevantissima fortuna personale, che in qualche caso non esistano ad ostentare. E’ famosa la Hummer di Raila, un fuoristrada che costa diverse decine di migliaia di euro e che fa due kilometri con un litro, usato da Raila per visitare Kibera, il piu’ grande slum di Nairobi, che fa parte del suo collegio elettorale. Per entrambi, credere che siano motivati da desiderio di servire il paese o che siano paladini delle democrazie e dei poveri, e’ cadere vittima di una pericolosa illusione. Il loro atteggiamento e’ descritto bene nell’editoriale del 1 gennaio del The Nation: “Neither the Party of National Unity nor the Orange Democratic Movement during the campains demonstrated any particular restraint or regard for the country’s stability. The mantra appears to have been: We either rule it or burn it.” (Ne il Party of National Unity ne l’ Orange Democratic Movement durante le campagne (elettorali) hanno dimostrato particolare controllo o rispetto per la stabilita’ del (nostro) paese. Il mantra sembra essere stato: o lo governiamo o lo bruciamo”. L’ incontrollata sete di potere, e di proteggere col potere le ricchezze piu’ o meno legalmente acquisite, e’ il motore dell’ attivita’ politica di questi partiti.

Detto questo, bisogna fare delle distinzioni. Mwai Kibaki ha quando e’ andato al potere cinque anni fa, ha fatto delle riforme importanti, come l’ educazione gratuita per gli otto anni di scuola elementare, come il garantire la liberta’ di espressione e di stampa (per cinque anni non abbiamo avuto prigionieri politici e tanto meno assasini politici come avveniva con Moi, e mai in Kenya una campagna elettorale e’ stata libera come quella dello scorso mese, etc), come una serie di provvedimenti economici che hanno fatto ripartire l’ economia del paese, che negli ultimi anni di Moi aveva una crescita negativa e invece dal 2004 e’ cresciuta di oltre il 5 % all’ anno. Due i sono i grandi falllimenti di Kibaki. La corruzione pervasiva, ereditata dai 24 anni di malgoverno di Moi, non e’ stata combattuta con l’ efficacia e la determinazione che il cittadino comune avrebbe voluto. E’ stata si ridotta di molto, ma resta un cancro che pervade tutta la sociata’ keniana. Inoltre, la nuova costituzione promessa da Kibaki appena eletto non e’ stata ancora approvata, e la conseguente promessa di decentralizzazione del potere non e’ stata onorata.

Dal canto suo Raila Odinga, andato al governo come membro della coalizione di Kibaki cinque anni fa, e’ poi passato all’ opposizione sulla questione della nuova costituzione, e e’ riuscito a far bocciare la costituzione proposta da Kibaki con un referendum due anni fa. L’ ODM e’ nato dallo slancio di aver fatto bocciare la costituzione e da allora Raila ha accentrato il potere del movimento ed ha esasperato la questione tribale. Da oltre un anno ormai la parola d’ ordine fra i luo, che e’ l’ etnia di Raila e che ha un peso proponderante nel ODM come invece i kikuyo sono le’ etnia di Kibaki con un peso preponderante nel PNU, e’ stata “e’ arrivato il nostro turno di governare il paese” per poi trasformari piu’ recentemente in “se perdiamo le elezioni vuol dire che ci sono stati brogli”. Raila poi durante la campagna elettorale ha giocato due carte pericolose. Prima ha promesso di implementare il “majimboism”, una specis di regionalismo che era stato negli anni novanta proposto da Moi e rifiutato da Raila, senza specificare che contenuti avesse questo majinboism, lasciando cois temere, anche riferendosi alla storia personale di Raila, che si trattasse concretamente di una specie di rigido regionalismo che avrebbe frazionato il Paese. Successivamente ha firmato con I notabili della comunita’ musulmana un Memorandum of Understandig i cui contenuti non sono mai stati divulgati con chiarezza. I suoi avversari, e molti cristiani, hanno comunque questo MoU comunque come un errore perche fa una distinzione fra i cittadini kenyani basandosi sull’ appartenenza religiosa, e questo e’ gia’ contro la costituzione in vigore, cosi come contro il progetto di costituzione dell’ ODM.

Kibaki e il suo gruppo non hanno trovato di meglio che reagire a questa campagna che alzando steccati e lasciandosi imprigionare nella trappola delgi stereotipi etnici. Questa etnicizzazione della politica e’ cosi responsabilita’ esclusiva dei lidears. Per citare ancora l’ editoriale del Nation, indirzzandois a Kibaki e Raila, afferma: “Never has there been so much animosity between people who have lived together as good neighbors for many years. The chaos we are now experiencing is the handiwork of the tribal, economic and political elite, which identify with you.” (”Non c’e’ mai stata tanta animosita’ fra gente che ha vissuto insieme per molti anni come buoni vicini. Il caos che stiamo vivendo ‘e il prodotto dell’ elite tribale, economica e politica che si identifica con voi”).

Che l’aspetto etnico sia diventato centrale non lo si puo’ negare. Inutile girare intorno al problema. Odinga in primo luogo, ma anche Kibaki e il suo partito, negli ultimi tre anni, per ragioni di opportunita’ politica personale, hanno fatto tutta una serie di passi intenzionali, e a volte magari solo passi sbagliati, che hanno alimentato l’ animosita’ etnica.

Entrambi I partiti usano salturiamente, sopratutto nei momenti cristici, l’ appoggio dei “mungiki” e delle sqaudre organizzate e pagate di giovani disoccupati e disperati.

I mungiki sono nati all’ inizio degli anni novanta come una comunita’ di kikuyo che voleva tornare alla religione ancestrale, la venerazione di Ngai (Dio) rappresentato dal monte Kenya, ecc. Lentamente questo gruppo e’ degenerato in una specie di piccola mafia che a Nairobi ha controllato per esempio alcune della linee di trasporto, e che riesce a mobilitare gli adepti anche per azioni violente e criminali. In questo gruppo ci sono ora anche non-kikuyo ma tendenzialmente si identificano con la difesa delle comunita’ e degli interessi kikuyo. A questa setta parareligiosa si contrappongono le squadre di giovani disoccupati di Kibera controllate da Raila Odinga, e delle quali Raila si e’ sempre servito per provocare disordini di piazza, piu’ di una volta all’ evidente ricerca dei morti da poter poi usare per I propri scopi.. Sono i due volti peggiori dello scontro in atto.

Non sono sicuro di cosa sia successo nelle altre localita’, le notizie sono frammentarie e sempre di parte. A Nairobi pero’ posso dire che la maggioranza delle vittime di questi ultimi giorni on sono state uccise negli scontri con la polizia, ma da azioni organizzate da questi due gruppi. Cosi a Kawangware, dove i kikuyo sono prevelenti, hanno attaccato case e piccole attivita’ artigianali dei luo, e l’ opposto e’ avvenuto a Kibera. Purtroppo poi come sempre capita a farne le spesa sono le persone inermi e innocenti. Il mattino del 31, dopo la notte di peggiori violenze che siano finora avvenute a Kibera, un amico Kamba mi raccontava terrorizzato di aver visto a poche decine di metri dalla sua baracca di Kibera i corpi di 4 suoi vicini e conoscenti, kikuyo, che erano stai sgozzati con un coltello da cucina. Lo stesso sta avvenendo in eastern Kenya, cme mi ha testimoniato una volontaria italiana: I negozi e le case dei pochi kikuyo che vi vivono sono metodicamente attaccati e bruciati e i proprietari “invitati” e rientrare nella loro regione. Un majimboism della peggior specie.

Questa crisi l’ abbiamo vista arrivare, ma nessuno na aveva capito la poteziale distruttivita’ e la carica di tribalismo che stava prendendo. I sondaggi che sono stati pubblicati dai media Kenyani negli ultimi mesi facevano vedere come la gente continuasse ad avere una sostaziale fiducia nel presidente e sempre meno fiducia nel sul partito. Mentre molti che erano favorevoli ai cambiamneti promessi dall’ ODM erano meno entusiasti verso Raila, percepito come un uomo politico con tendenze dittatoriali. Cosi oggi i risultati delle elezioni, prendendo come autentici quelli ufficiali, rendono il paese ingovernabile, con un presidente nel quale sono accentrati molti poteri ma che e’ un minoranza in parlamento, e che quindi non puo’ governare, e con una rivalita’ tribale che e’ sfuggita probabilmente anche al controllo di chi l’ ha scatenata.

E le due parti sembrano ormai fisse su posizioni che non ammettono il dialogo. Un amico giornalista kikuyo mi pare possa rapprentare una mentalita’ comune: “Io ho votato nel mio collegio elettorale per un parlamentare dell’ ODM, perche’ credo che l’ ODM possa avere in parlamento una funzione importante di controllo su un possibile strapotere del Presidente, ma non accetterei mai Railia come Presidente. Con lui al potere fra cinque anni non avremmo elezioni truccate. Non avremmo elezioni, punto e basta”.

Come sbloccare la situazione?

Innazittutto e’ importante che Kibaki e Raila accettino di muoversi nella legalita’, rispettando la legge la costituzione vigente, rinunciando entrambi alle manifestazioni di piazza che inevitabilmente provocherebbero morti e feriti. E servirebbero solo ad inasprire le divisioni e creare un piedestallo per i due leaders: I miei morti sono piu’ dei tuoi.

Il parlamento, cosi come risulta dai risultati elettorali annunciati, deve essere convocato e la Giustizia deve lavorare indipendentemente per esaminare le reciproche accuse di brogli. Ma non basta, Kibaki deve accettare una seria revisione delle elezioni e la riconta dei voti con la presenza di un monitoraggio internazionale. Non c’e’ altra alternativa se vuole garantire la sua legititmita’.

Ma la cosa piu’ importante e; che Kibaki e Raila dialoghino. Kibaki finora ha reagito con la repressione, Raila punta sulle manifesta zioni di piazza che gli diano legittimita’. Ma e’ una strada di confronto che non puo’ portare lontano e che rischia di bloccare il paese in un conflitto irrisolvibile. La diplomazia internazionale deve aiutare il Kenya, Gran Bretagna e USA devono aiutare a avviare il dialogo, la Comunita’ Europea puo’ avere un influnza inportante. L’ Unione Africana potrebbe aiutare a prender tempo. Tutte le possibili pressioni devono essere fatte su queste due persone e i partiti che rappresentano finche’ accettino il fatto che il Kenya e’ piu’ importante di loro, e che devono collaborare.

Ma in ultima analisi la pace non puo’ venire dal di fuori, deve nascere dal di dentro, per poter superare definitivamente le difficolta’ e gli odi seminati negli ultimi mesi e nelle ultime settimane. Un’ ipotesi possibile sarebbe quella di recuperare il “terzo uomo”, Kalozo Musyoka, che e’ cosro per la presidenza ottendneo quasi messo milione di voti. Appartiene ad un’ etnia minoritaria, non ha mai usato ne pubblicamente ne privatamente, da quanto si sa, il linguaggio dell’odio tribale, ha competenza e cpnoscenza della situazione politica del Paese. Potrebbe diventare il mediatore interno ideale, capace di far muovere avanti un processo di riconciliazione che non puo’ essere imposto dal di fuori.

Il dialogo fre le due parti deve cominciare al piu’ presto. Non si puo’ aspettare. Bisogna evitare la manifestazione di piazza di domani. Se questa manifestazione dovesse andare avanti, che il governo si opponga o no, non ci sono dubbia che scatenera’ un nuovo ciclo di violenza e morte che rendera’ ancora piu difficile la possibilita’ di una riconciliazione.

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