Una coppia chiede insistentemente di parlarmi. L’uomo ha una trentina d’ anni, e appena mi siedo accanto a lui inizia un racconto confuso, parlandomi del figlio, Evans, come se io dovessi conoscerlo bene. Gli chiedo di spiegarmi chi e’ lui, chi e’ suo figlio e cosa posso fare per lui. E’ sorpreso che non lo abbia riconosciuto, e tira fuori dalla tasca di una giacca vetusta – e’ ormai chiaro dall’ attegiamento, e dai vestiti che indossano che sono due persone di condizione estremamaente modesta e che hanno prpearato questo incontro con solennita’ - un foglio spiegazzato. “Sono il papa’ di Evans” mi ripete come spiegazione “al quale tu hai scritto questa lettera”. E’ il foglio stampato con cui invitavo le famiglie di Kibera che hanno figli bisognosi di fisioterapia a venire al piccolo centro la cui attivita’ avrebbe dovuto iniziare proprio oggi. Jack, riconosco la calligrafia del nostro giovane assistente sociale, ha scritto sulla linea tratteggiata iniziale Evans Njoroge, un nome che identifica subito un kikuyu. Incomincio a capire, e l’ uomo mi spiega ulteriormente, “Vedi, Jack e’ venuto a trovarci in casa, quando i nostri vicini gli avevano detto un mese fa che avevamo in figlio che non puo’ camminare da solo” E la donna interviene timidamente: “E’ stato molto gentile, ha detto che lo mandavi tu personalmente, e che saresti anche venuto a trovarci.”
Incorreggible mania africana, tutto, nel bene e nel male, e’ basato sul rapporto diretto fra le persone. L’ idea che io possa aver semplicemente scritto, firmato e fotocopiato un foglio per distribuirlo a persone che non conosco non li ha neanche sfiorati. Se sul foglio c’ e’ il nome del figlio significa che in qualche modo so della loro esistenza ed ho stabilito un rapporto di conoscenza.
Evans e’ appena fuori dalla porta, semisdraiato sulla una panchina di cemento, e appena mi vede cerca di alzarsi usando due grosse stampelle di legno, che probabilmente pesano piu’ di lui.. Avra’ si e no sei anni, le gambe rinsecchite e piegate, gli occhi impauriti.
Intanto il papa’ continua; “Siamo kikuyu, fino all’ altro giorno lasciavamo Evans nella nostra baracca a Kibera da solo, quando noi durante il giorno gestiamo un banchetto di frutta e verdura. Ma adesso non ci fidiamo piu’, i nsotri vicini potrebbero ucciderlo, o bruciare la baracca con lui dentro. Abbiamo trovato una baracca da affittare qui vicino alla tua casa per bambini di strada, ci sentiamo piu’ sicuri, non vogliamo tornare a Kibera. Pero’ non abbiamo i soldi per l’ affitto, facci un prestito, te lo restituiamo il mese prossimo. Aiutaci per piacere in nome di Dio”. L’ affitto per un mese un una baracca senza acqua e luce e’ di 800 scellini, circa 9 euro.
Non sono i soli che oggi sono venuti a cercare aiuto. La manifestazione organizzata dall’ opposizione in centro citta’ e’ fallita da qualche ora, contro un imponente spiegamente di forze di polizia. Forse gli animi si sono calmati. Ma la gente teme la notte, quando anche il piu’ piccolo rumore che fino a una settimana fa era considerato normale,adesso fa sobbalzare nel sonno, nel timore che si stia avvicinando un gruppo di assassini.
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