Domenica 6. Quasi mille persone che abitavano a Kibera sono sfollati nel Jamuhuri Show Ground, a meno di un chilometro da casa. Questa e’ la sede dell’annuale fiera agricola, e ci si arriva passando attrverso un campo di polo. Dalla parte opposta della strada ci sono dieci ettari di foresta, di proprieta’ degli Scouts, mantenuta com’ era centa’nni fa.Si e’ immersi nel verdi, uno dei posti piu’ belli di Nairobi per farsi una passeggiata. Poi improvvisamente, dopo una curva, si arriva a Kibera, le narici vengono assalite dalla puzza di una discarica abusiva, che tracima sulla strada. E’ il biglietto da visita di cosa ci si deve aspettare a Kibera.
Al Jamuhuri Show Ground gli sfollati sono sistemati provvisoriamente nelle strutture che servono per la fiera. La sistemazione e’ tutto sommato dignitosa, ma manca il cibo, i serivizi sanitari sono insufficienti e il disagio, la paura, l’ incertezza per il futuro sono dipinti sui volti di tutti. Parlo con alcuni di loro, chiedo di che cosa hanno bisogno, e mi accorgo che si sono persone di quasi tutte le etnie del Kenya. Tanti kikuyu, ma anche luo, luyha, kamba, maasai. Una donna mi spiega “quelli che bruciavano le case e le bancarelle all’ inizio hanno attacato solo i kikuyu, ma poi ci hanno preso gusto, e hanno saccheggiato semplicemente dove c’era piu’ da rubare”. Adesso qui c’e’ la protezione della polizia e sono tutti in fila, in attesa di ricevere avare razioni di farina e di fagioli che cuoceranno su fuochi improvvisati.
Gli aiuti umanitari hanno incominciato ad arrivare. Le radio stamattina hanno annunciato che da Mombasa e’ partito un convoglio di camion che trasporta 650 tonnellate di granaglie e di olio commestibile. Alcuni si fermeranno a Nairobi, la maggioranza procederanno per Eldoret, che la scorsa settimana e’ stata l’ epicentro delle violenze piu’ gravi, e dove di parla di oltre 150,000 sfollati. Gli aiuti umanitari, l’ ho visto dappertutto ma su ampia scala particolarmente in Sudan, portano con se quasi inevitabilmente un pesante fardello di dipendenza e corruzione, ma per questa povera gente vogliono dire una sopravvivenza meno stentata.
A Kibera tutto e’ calmo. I segni della violenza sono ancora evidentissimi: qualche decina di scheletri di veicoli bruciati ingombrano la strade, si vedono dappertutto negozietti e baracche bruciate. Nessuno ha cominciato a pulire e ricostruire. Si temono nuove violenze. La zona intorno alla casa in mattoni dove facciamo prima accoglienza per bambini di strada e dove avremmo dovuto cominciare a far funzionare il centro di fisioterapia e’ invece illesa. Jack mi spiega che se la maggioranza di Kibera e’ per Raila Odinga, qui siamo proprio nella zona dei fedelissimi.
Anche fuori dall’ ufficio del District Officer si sta distribuendo farina e fagioli, e c’e’ una fila di qualche decina di persone. “Vedi quel ragazzo in fila? – mi chiede Jack - lui e’ uno di quelli che ha bruciato le case degli altri, e casa sua non e’ stata toccata. E quell’ altro? E’ un ricco, non ha avuto danni, ma anche lui va a chiedere” …. e cosi via. La saga degli aiuti e’ incominciata. Speriamo che qualcosa arrivi anche alle vere vittime.
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