A Tel-Aviv ricordando Rabin
Siamo ai primi di novembre e mi trovo a Tel-Aviv, manca poco all'anniversario dell'ex-premier israeliano. Sono passati 12 anni da quando Yigal Amir sconvolse il mondo con il suo gesto inconsulto. Data la particolare attenzione degli israeliani per le ricorrenze immagino sia in preparazione qualcosa per commemorare il triste evento.
Non mi sbaglio. Kikar Rabin (piazza Rabin) è già addobbata a dovere per ricordare il grande statista. Dico ricordare perché la parola più ricorrente che si vede sugli striscioni e cartelloni è “Zakhor”, ebraico per “Ricorda”!!
Chiedo ai presenti e vengo informato che il giorno seguente si terrà una manifestazione in ricordo di Rabin... stranamente questo avverrà il 3 novembre e non il 4, data nella quale si consumò l'uccisione.
L'indomani, verso le 6 di sera lascio l'ostello in direzione della fu-piazza Re Salomone ribattezzata piazza Rabin dopo il tragico fatto. Tutte le vie circostanti la piazza sono chiuse al traffico e la polizia controlla e perquisisce chiunque si voglia recare all'evento. Un particolare cattura la mia attenzione.
Quando, ai primi del 2002, visitai il sud del Libano nelle vicinanze al confine con Israele notai alto nel cielo un dirigibile grigio e immobile. Al tempo commentai con un mio amico libanese che si doveva trattare di uno strumento israeliano per controllare la situazione nella ex-fascia di sicurezza. Oggi un identico dirigibile sta sospeso nel cielo sopra la grande piazza.
Dopo una breve perquisizione da parte di un poliziotto israeliano, passeggio per la piazza che appare molto più ricca di manifesti e stand di quanto non lo fosse il giorno precedente. Ci sono chioschi di Shalom Akhshav (Pace Adesso, movimento pacifista che risale agli anni settanta), un pallone aerostatico di Meretz (il partito pacifista di Yossi Beilin) e di Ha-Havoda', il partito del quale Rabin faceva parte.
Mi colpisce la forte presenza di giovani e giovanissimi, molti dei quali indossano una maglietta di colore blu. Incuriosito mi avvicino ad alcuni di loro per chiedere delucidazioni su quello che mi pare sia un movimento giovanile. In effetti lo è. Mi spiegano che si tratta di una associazione di sinistra indipendente (ci tengono a precisare che non sono affiliati a nessun partito politico) e pacifista con il significativo nome di "I giovani, il lavoro, lo studio". Mi informano che hanno anche allestito una sorta di tenda per ricordare il grande statista e per ripercorrere le tappe della sua vita.
Prima di visitare questa piccola esposizione approfitto della disponibilità di questi giovani per farmi tradurre alcune scritte di striscioni e manifesti che non riesco a capire bene (ancora il mio ebraico è piuttosto carente).
Oltre ai molti slogan inneggianti alla memoria di Rabin, sventolano cartelloni aventi una significativa scritta: "Olmert, è arrivato il momento di decidere". Sono raffigurati specularmente, al di sotto di essa, un proiettile e una penna. Su di un altro appaiono due scritte: "Non dimentichiamo, non perdoniamo". La prima riferita all'ex-eroe nazionale, la seconda al suo assassino.
Dopo aver ringraziato i ragazzi, vado a dare uno sguardo al memoriale allestito dal movimento. Un giovane barbuto e grassoccio ci guida attraverso le imprese e la storia del suo paese.
Tutti avvenimenti noti. Mi colpisce comunque un video di una manifestazione della destra israeliana a Gerusalemme del 1994 o 1995 nella quale si inneggiava alla morte di Rabin. Ma non è questo a farmi riflettere. Ciò che preoccupa e stupisce è la presenza degli esponenti di spicco dell’allora opposizione. Arik Sharon, Moshe Katzav, Bibi Netanyahu e Zeev “Ghandi”.
E' certo che un comportamento politico simile sarebbe impensabile in qualsiasi altro paese occidentale.
La guida si sofferma molto sul ruolo dei mass media israeliani e sulle loro responsabilità e colpe. I mezzi d’informazione bombardarono letteralmente il pubblico israeliano con la propaganda della destra israeliana. Immagini di Rabin vestito da ufficiale delle SS o con i tipici baffetti alla Hitler occupavano le prime pagine dei quotidiani, gli aggressivi discorsi dei rabbini più ortodossi trovavano abbondante spazio nei notiziari e nell'informazione in generale.
Sempre il giovane aggiunge che Yigal Amir è stata semplicemente la mano che ha commesso l’omicidio ma il vero mandante fu il clima di terrore e d’intolleranza venutosi a creare anche per colpa dell’irresponsabile comportamento di stampa e televisione. Ma non è tutto. Il barbuto, con aria sempre più greve e partecipe, condanna la propria società (o almeno una parte considerevole di essa) per non essere riuscita a capire il proprio errore e ci mostra altro materiale che ci catapulta dieci anni dopo e cioè ai tempi in cui si discuteva e preparava il travagliato ritiro israeliano dalla Striscia di Gaza. Anche qui purtroppo la musica non cambia. I famigerati baffetti stavolta sono dipinti sul faccione sorridente dell’ex sindacalista e leader laburista Peretz. Sharon viene ritratto con l’uniforme di Stalin (forse per canzonare le sue origini russe) e ci vengono mostrate foto di attivisti di destra issando cartelli e striscioni con la macabra scritta: "Arik, Rabin e Lili (moglie del fondatore di Kadima deceduta pochi anni prima di cancro) ti aspettano".
Il significato dell’evento di oggi è la denuncia e il rifiuto di dimenticare o tollerare tali comportamenti.
Vale la pena a questo punto di spendere qualche parola sulla polivalenza di questa manifestazione. Ricordare Yitzhaq Rabin è uno dei motivi, indubbiamente importante, ma ritengo che forse anche più rilevante sia la necessità di far capire all’opinione pubblica israeliana e anche mondiale che esiste un Israele che rigetta l’aggressività e l’irrazionalità dei seguaci dell’Amirismo e che non intende perdonare che ha assassinato Rabin.
Proprio in questi giorni la figura di Yigal Amir sta accendendo un dibattito nella società israeliana. Secondo il popolare quotidiano Ha-Aretz, il 38% degli ortodossi considera Amir un eroe mentre il 25% della popolazione ebraica di questo paese sarebbe favorevole ad una riduzione della pena (si tratta di ergastolo) a circa 20 anni di reclusione. Non solo, e' stato concesso all'assassino di Rabin di procreare e la sua compagna ha dato alla luce un maschio a fine ottobre. Secondo la religione ebraica i maschi devono essere circoncisi otto giorni dopo la nascita con una cerimonia che simbolicamente apre le porte del popolo d'Israele al neonato e che nel caso del piccolo Amir avviene proprio il 4 novembre. Ironia della sorte o premeditazione? Sempre secondo Ha-Aretz, in un'epoca come la nostra dove la tecnologia può perfino prevedere l'orario della messa al mondo, Amir o chi per lui avrebbe volutamente architettato tutto ciò a scopo provocatorio. Personalmente non ho elementi sufficienti per esprimere un parere.
In aggiunta a questo, alcuni rabbini hanno dichiarato che fare da Sandan (una figura simile a quella del padrino di battesimo nel Cristianesimo) al figlio di Amir è un onore e infine, i tifosi del Beitar Gerusalemme durante un minuto di raccoglimento in ricordo di Rabin hanno insultato la sua memoria.
Questi sono esempi che mi auguro possano essere utili a dare un'idea del clima che si respira in questi giorni in Israele. L'anniversario dell'assassinio di Rabin diventa un'ottima occasione per far sentire la voce di chi non ha intenzione di perdonare o rivalutare Yigal Amir e tutto ciò che rappresenta.
Ma torniamo alla manifestazione per il momento. Proprio dove l'ex-generale e primo ministro consumò gli ultimi attimi della sua esistenza viene allestito un palco sul quale si esibiscono musicisti e cantanti di fama nazionale. La piazza inizia a riempirsi sempre di più e verso le 8,30 prende la parola lo storico amico-rivale di Rabin, Shimon Peres. Parla ad una platea veramente immensa nonostante mi sfuggano parti del suo discorso, riesco a capire frasi e concetti chiave. Shalom, yehudim velo-yehudim, yehudim ve-aravim. Pace, ebrei e non ebrei, ebrei e arabi. Ken le-shalom, lo le-alimut. Sì alla pace, no alla violenza. Dopo una decina di minuti lascia il pubblico che lo ricambia con un applauso. Una performance musicale precede l'intervento dell'ex-primo ministro e compagno di partito Ehud Barak. Anche lui si lancia in una lode pacifista mista di lusinghe sperticate per l'ex-compagno Rabin. Mi manchi amico, a tutti noi manchi, sono le parole e i concetti più ricorrenti.
Mentre ascolto la musica mi aggiro per la piazza gremita in cerca di particolari interessanti. Oltre alla sopraccitata presenza massiccia di giovani mi colpisce la totale assenza di ebrei ortodossi e anche la scarsità di zuccotti (kippa), i tipici copricapo ebraici. Ne conto poche unità. La piazza si è riempita talmente tanto che non riesce ad assorbire l'afflusso dei manifestanti te infatti vengono messi in funzione dei maxischermi ai lati delle strade per poter permettere a tutti di ascoltare musica e discorsi.
Si alternano politici, come i sindaci di Gerusalemme e Tel-Aviv a cantanti per circa un ora prima che il figlio di Rabin prenda la parola. La folla apprezza profondamente le sue parole in ricordo e di elogio del padre e tanto che gli applausi che accompagnano la fine del suo intervento sono molto più scroscianti e duraturi di quelli per i sopraccitati politici. Il maxischermo di fronte a me inquadra un giovane che non riesce a trattenere le lacrime, si respira aria di commozione generale.
Si osserva un minuto di silenzio prima dell'esecuzione del bellissimo inno israeliano. Molti dei manifestanti seguono a bassa voce la cantante che ha l'onore di concludere l'evento.
Layla Tov, buona notte. Lentamente le strade si svuotano e tutti tornano a casa.
Anche io mi incammino verso l'ostello riflettendo su ciò a cui ho appena partecipato. E' indubbio che quanto accaduto oggi sia un toccasana per chi, come me, ritiene che la forza non possa risolvere questo spinoso conflitto. Penso anche, però, a quanto Israele fosse presente oggi in Piazza Rabin, a quale percentuale del paese fosse realmente rappresentata in questa positiva serata.
E' certo che la società è polarizzata e, anche se non posso fare statistiche precise, posso asserire che esiste una controparte numerosa e altrettanto ferma nel rifiutare dialogo e concessioni. Le ultime elezioni ci suggerirebbero che questi ultimi sono in minoranza ma, come ci dimostra la storia recente di Israele, gli umori possono facilmente cambiare.
La domanda da porci adesso è questa: in futuro la popolazione israeliana deciderà di seguire la coraggiosa e difficile scelta del negoziato o cederà alle lusinghe dell'Amirismo?
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