Newsletter numero 13
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Indice
I fatti
Sudan, 1 / Scontri alla frontiera con l'Etiopia: almeno 19 i morti
Sudan, 2 / Il Parlamento approva la nuova legge elettorale
Sudan, 3 / Bashir estromette Pagan Amum dal governo
Darfur, 1 / Uccisi sette caschi blu dell'Unamid
Darfur, 2 / La Cpi accusa Bashir di genocidio e crimini contro l'umanità
Il commento
Bisogna arrestare Bashir?
I documenti
Msf / I dilemmi umanitari in Darfur
Small Arms Survey / Insicurezza in Equatoria Centrale e Orientale
Il G8 sul Sudan e sul Darfur
La Campagna Sudan
Il nuovo sito
Chi siamo
I fatti (Fonti: Ansa, Afp, Al Jazeera, Ansa, Ap, Bbc, Misna)
Sudan, 1 / Scontri alla frontiera con l'Etiopia: almeno 19 i morti
Sarebbero 19, tra le quali anche «civili innocenti», le vittime di scontri armati tra
truppe etiopiche e reparti della polizia del Sudan avvenuti il 7 luglio all’interno del
territorio sudanese a pochi chilometri dalla frontiera con l’Etiopia presso una base
della polizia di frontiera nella regione montagnosa di Jabal Hantoub. Secondo un
portavoce dell’esercito di Khartoum, Osman Al-Agbash, l’incursione non è da collegarsi
a tensioni con l’Etiopia, un paese con il quale Khartoum ha rapporti relativamente
buoni. Nelle ultime settimane però alcuni funzionari etiopici sono fuggiti in Sudan e
Khartoum ha negato l’estradizione verso Addis Abeba.
Sudan, 2 / Il Parlamento approva la nuova legge elettorale
Il 7 luglio il Parlamento ha approvato con 350 voti a favore, 14 contrari e due astenuti
la nuova legge elettorale: le novità principali sono l'inserimento del sistema
proporzionale, il 25% dei seggi dedicato alle donne (le quali però dovrebbero avere un
listone apposito e rimanere quindi in qualche modo fuori dai partiti, situazione che ha
sollevato non poche proteste da parte delle donne impegnate in politica) e lo
sbarramento al 4% per i partiti che intendono entrare in parlamento. Il 60% dei 450
deputati verrà eletto con il sistema maggioritario mentre il restante 40% su base
proporzionale. Si compie così una tappa fondamentale nel processo che dovrebbe
portare alle prime elezioni (previste entro un anno) dopo la fine del conflitto tra Nord
e Sud e dopo la firma dell'accordo complessivo di pace, a inizio 2005.
Sudan, 3 / Bashir estromette Pagan Amum dal governo
Il presidente del Sudan Omar el Bashir ha sospeso dal governo Pagan Amum,
segretario generale dell'Splm, da dicembre 2007 ministro per gli affari di Gabinetto.
Pagan Amum aveva dichiarato alla stampa che il Sudan era «uno stato corrotto che
aveva fallito». Il vicepresidente Salva Kiir si è dichiarato contrario alla decisione di
Bashir, di cui è venuto a conoscenza a cose fatte. Inoltre il caso di Amum verrà
giudicato da un'apposita commissione formata da membri provenienti solo dal Ncp, il
partito di Bashir. Aumenta la tensione tra i due partiti che compongono il governo di
unità nazionale.
Darfur, 1 / Uccisi sette caschi blu dell'Unamid
Sette peace-keeper – cinque ruandesi, un ghanese e un ugandese - della forza
congiunta Onu-Unione Africana (Unamid) sono stati uccisi l'8 luglio nel Darfur
settentrionale (nell'area di Umm Hagiba, a circa 100 chilometri a nord di un campo
dell'Unamid) in seguito a un attacco di uomini pesantemente armati. I feriti sono
almeno 22 e numerosi dispersi. È lo scontro a fuoco più grave da quando i caschi blu
africani sono stati dispiegati in Darfur (gennaio 2008). Non è chiara l'identità degli
assalitori. Ali Al-Sadiq, portavoce del ministro degli esteri sudanese, ha incolpato i
ribelli dell'Sla-Unity. L'Unamid invece – che in un primo momento aveva lasciato
trapelare che l'attacco fosse opera di milizie paragovernative - non si è espressa
ufficialmente e ha aperto un'inchiesta per accertare la verità.
Darfur, 2 / La Cpi accusa Bashir di genocidio e crimini contro l'umanità
Il 14 luglio il procuratore capo della Corte penale internazionale (Cpi), Luis Moreno
Ocampo ha depositato la richiesta di un mandato d’arresto nei confronti del presidente
del Sudan, Omar el Bashir. Sono dieci i capi d’accusa contestati, dal genocidio (in
Darfur) ai crimini di guerra e contro l’umanità. «Le prove della procura» dice una nota
diffusa dalla Cpi «dimostrano che Bashir ha pianificato e portato avanti un progetto
mirato a distruggere i gruppi etnici fur, massalit e zaghawa» in Darfur. I motivi erano
«soprattutto politici; il suo alibi era contrastare la ribellione; il suo interno era il
genocidio».
Il commento
Bisogna arrestare Bashir?
Secondo l'accusa della Corte penale internazionale il presidente del Sudan, Omar el
Bashir, è il principale responsabile di decine di migliaia di morti in Darfur. Il
procuratore della Cpi, l'argentino Luis Moreno-Ocampo, ne chiede l'arresto. È la prima
volta che la Cpi accusa di crimini così grave un capo di stato in carica. Secondo
Moreno-Ocampo le «forze e gli agenti» che agivano sotto il controllo di Bashir hanno
ucciso almeno 35 mila civili e causato la morte di decine di migliaia di sfollati, tra
80.000 e 265.000, «senza avere bisogno di proiettili, usando le armi dello stupro,
della fame e della paura. Efficaci e silenziose». Il procuratore sostiene di avere le
prove, raccolte in tre anni di indagini, avviate sulla base di una richiesta del Consiglio
di sicurezza dell’Onu. Per Moreno-Ocampo «Bashir è il comandante in capo. Ha usato
l’intero apparato dello Stato, ha usato l’esercito, ha arruolato la milizia. Riferiscono
tutti a lui e tutti obbediscono. Il suo controllo è assoluto».
L'accusa è pesantissima. Bashir ha reagito in modo altrettanto pesante. «Sin dall’inizio
abbiamo detto che non aderiamo alla Corte» la quale «non ha giurisdizione nel
Sudan», ha commentato il presidente alla tv sudanese. Per Bashir le accuse a lui
rivolte sono solo «bugie». A suo modo coerente, finora il governo del Sudan si è
sempre rifiutato di consegnare alla Corte altri due ricercati accusati di crimini in
Darfur: Ahmed Harun, che continua a essere sottosegretario agli Affari umanitari e Ali
Kushayb che continua a comandare milizie in Darfur.
Le prime reazioni internazionali alla decisione di Ocampo, peraltro attesa, sono di
estrema cautela. «Se Bashir sarà incolpato e arrestato ci sarà un vuoto di potere in
Sudan e ciò aprirà la strada a un colpo di Stato militare e a un'anarchia generalizzata
come è avvenuto in Iraq», ha detto il ministro degli Esteri della Tanzania, Bernard
Membe, parlando a nome del presidente di turno dell'Ua, il capo di Stato della
Tanzania.
Il segretario generale dell’Onu Ban Ki Moon ha assicurato che le operazioni di
mantenimento della pace in Sudan continueranno e ha chiesto al governo di Khartoum
di «garantire la sicurezza di tutto il personale delle Nazioni Unite e i loro beni». Però le
Nazioni Unite ritireranno tutto lo staff non essenziale dal Darfur e proprio in luglio la
missione Unamid ha subito la perdita più grave, e se quella ingaggiata tra i caschi blu
e gli assalitori non era una battaglia, poco ci manca.
Da Washington il presidente degli Stati Uniti, George W. Bush, dice di essere
«profondamente inquieto», ma non farà niente fino alle elezioni di novembre. Sarà il
suo successore ad affrontare – se lo vorrà – il nodo Darfur.
Poi ci sono gli operatori umanitari in Sudan e in Darfur. Tutti costoro si trovano in una
situazione assai complessa: da un lato spesso hanno sostenuto quantomeno l'idea di
una Corte penale internazionale e hanno auspicato che i crimini compiuti in Darfur
potessero essere fermati, giudicati e condannati. Dall'altro non pochi di loro,
sostengono che la decisione di Ocampo potrebbe avere effetti deleteri in Sudan. Non
pochi inoltre temono anche per la continuità del proprio lavoro.
Sembra quasi che il punto centrale del problema non sia stabilire se Bashir sia
colpevole o innocente rispetto alle accuse ma quanto piuttosto se questa decisione, in
pacificazione del Paese sia rispetto al conflitto in corso in Darfur sia per il prosieguo
dell’implementazione dell’Accordo Globale di pace tra Nord e Sud del Paese.
Sulla richiesta di arrestare Bashir dovrà esserci ora il pronunciamento della Camera
per le istanze preliminari della Cpi, il quale arriverà entro i prossimi due o tre mesi.
Nel frattempo in Darfur e anche a Khartoum tutto potrebbe accadere. (Diego Marani)
I documenti
Msf / I dilemmi umanitari in Darfur
Fabrice Weissman, ricercatore senior per una fondazione legata a Medici senza
frontiere, ha pubblicato all’inizio di luglio un rapporto (intitolato Humanitarian
dilemmas in Darfur) in cui illustra le criticità e le nuove sfide della più grande
operazione umanitaria al mondo. Esse sono «principalmente dovute sia alle
trasformazioni dello scenario politico/militare sia a disfunzioni dello stesso sistema di
aiuti». Dalla metà del 2004, data a cui l’autore fa risalire il pieno avvio dell’impianto
umanitario attuale, il contesto si è parzialmente trasformato, portando a un «lieve
miglioramento della situazione sanitaria generale, che tuttavia rimane estremamente
fragile». Ma se da un lato le persone non stanno più morendo in massa in Darfur
«dall’altro il numero di profughi continua a crescere e ci sono sacche dove si registra
un eccesso di mortalità». Anche perché la violenza cresce in Darfur, in conseguenza -
negli ultimi due anni - alla profonda interconnessione tra almeno quattro conflitti.
Quello tra governo centrale e movimenti ribelli, quello tra Sudan e Ciad, quello interno
ai movimenti ribelli, quello interno alle truppe paramilitari reclutate tra le popolazioni
nomadi. «A questo si deve aggiungere l’aumento degli episodi di brigantaggio a cui
sono soggette particolarmente le organizzazioni umanitarie, ma che non hanno
risparmiato il personale inviato dal governo sudanese». Tutto ciò ha creato una
situazione estremamente confusa dove il governo ha reale autorità solo nelle città,
mentre le aree rurali sono un «mosaico di micro-stati difesi da milizie tribali». (a cura
di Mauro Plate)
Small Arms Survey / Insicurezza in Equatoria Centrale e Orientale
Lo Small Arms Survey ha pubblicato il 14 giugno un documento sull'estrema
insicurezza negli stati dell'Equatoria Centrale e Orientale (nel Sud Sudan). Il rapporto
di 47 pagine dal titolo Violent Legacies: Insecurity in Sudan’s Central and Eastern
Equatoria, punta l’attenzione sulla crescente tensione nelle due aree, che vedono il
moltiplicarsi di gruppi armati e di conflitti tribali per la ripartizione delle risorse.
Il difficile sviluppo delle aree equatoriali, l’alta presenza di rifugiati, il fallimento dei
tentativi di disarmo di una popolazione civile sempre più spaventata e in possesso di
piccole armi, si aggiungono alla precarietà della situazione politica, alla spartizione
contestata dei territori, alla violenza perpetrata da tutte le parti coinvolte negli
scontri. (a cura di Cristiana Paladini)
Il G8 sul Sudan e sul Darfur
Nella dichiarazione finale dell'incontro annuale degli otto Grandi, che si è svolto
quest'anno in Giappone nel primo fine-settimana di luglio, si è parlato anche di Sudan
e Darfur: «Noi ribadiamo la nostra profonda preoccupazione per la situazione
umanitaria, la condizione dei diritti umani e della sicurezza che continuano a
deteriorarsi in Sudan. Noi facciamo pressione affinché tutte le parti si impegnino a
rinnovare il loro impegno nel processo di pace. Continuiamo il nostro supporto alla
missione Unamid e chiediamo agli Stati di fornirle assistenza; chiediamo con
insistenza al Governo del Sudan di collaborare nel raggiungere il suo pieno
dispiegamento. Per quanto riguarda il Darfur, chiamiamo tutte le parti coinvolte ad
adempiere i loro doveri previsti dalle varie risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle
Nazioni Unite; in caso contrario promuoveremo azioni adeguate all'interno dello stesso
Consiglio di sicurezza. Ci appelliamo al Sudan e al Ciad affinché rispettino e mettano
in pratica gli accordi di pace già firmati. Noi ci appelliamo anche alle parti coinvolte
affinché realizzino in modo completo e in buona fede l'Accordo di pace complessivo del
2005 e ribadiamo il nostro supporto per la missione Unmis». La Campagna Sudan
aveva scritto una lettera ai G8 prima del vertice. [cfr. Newsletter 12, del 1 luglio
2008].
La Campagna Sudan
Il nuovo sito
Vi invitiamo a visitare il nuovo sito della Campagna Sudan –
www.campagnasudan.it
- che sarà on line dal 16 luglio. Il nuovo sito rispecchia i nuovi obiettivi della
Campagna e illustra le sue molteplici attività sia in Sudan sia in Italia: vi terrà
aggiornati anche sulle notizie dal paese, attraverso questa newsletter, pubblicata ogni
2 settimane, cui è possibile iscriversi dalla home page del sito.
Inoltre saranno scaricabili: documenti per approfondire processi di pace, diritti umani,
storia, politica ed economia del Sudan; materiali e kit informativi realizzati dalla
Campagna anche a scopo didattico; foto e dettagli dei progetti realizzati e in corso.
Inviateci commenti suggerimenti e segnalazioni; ci piacerebbe che il sito potesse
crescere e migliorare con il contributo di tutti coloro che si occupano di Sudan in
Italia.
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Chi siamo
La Campagna italiana per il Sudan è una campagna nazionale di informazione,
sensibilizzazione ed advocacy che opera dal 1994. Raggruppa organizzazioni della
società civile italiana (Acli Milano e Cremona, Amani, Arci, Caritas ambrosiana, Caritas
italiana, Mani Tese, Ipsia Milano, Missionari e missionarie comboniane, Nexus, Pax
Christi) e lavora in stretta collaborazione con enti pubblici e privati italiani e con varie
organizzazioni della società civile sudanese. In Italia la Campagna ha fatto conoscere
la situazione del Sudan e ha sostenuto i processi volti al raggiungimento di una pace
rispettosa delle diversità sociali, etniche, culturali, religiose della sua popolazione. Il
sito che illustra l'attività della Campagna è in via di rifacimento; per informazioni sulle
sue attività passate
www.campagnasudan.it
Contatti: Cristina Sossan, segreteria Campagna Sudan, telefono 02-7723285,
segreteria@campagnasudan.it .
Questa Newsletter, aggiornata al 15 luglio 2008, è a cura di Diego Marani. Si
ringraziano Cristiana Paladini, Mauro Platè e le Acli di Cremona per la collaborazione.
segreteria@campagnasudan.it .
Questa Newsletter, aggiornata al 15 luglio 2008, è a cura di Diego Marani. Si
ringraziano Cristiana Paladini, Mauro Platè e le Acli di Cremona per la collaborazione.
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