Una convivenza necessaria
Quando, all'inizio del XX° secolo, gli ebrei vivevano sparsi per l'Europa, soprattutto in Russia, Polonia, Ungheria, ma anche in Italia o negli Stati Uniti, spesso si potevano leggere sui muri delle città delle scritte contro la loro presenza che dicevano: " Fuori gli ebrei dell'Europa", oppure: " Gli ebrei in Palestina". Oggi, che gli ebrei vivono in Palestina, capita di leggere scritte quali: "Fuori gli ebrei dalla Palestina".
E' questa una delle riflessioni che lo scrittore Amos Oz fa nel suo ultimo libro "Una storia di amore e di tenebra" (Feltrinelli). Si tratta di un'osservazione che rispecchia la condizione del popolo ebraico, u popolo che ha sofferto alla ricerca di una patria sempre negata.
Sebene il romanzo di Oz intenda raccontare la storia della sua famiglia, è inevitabile che tale storia si intrecci con quella che ha visto la nascita dello Stato di Israele.
La cosa che, leggendo il racconto, fa riflettere è la descrizione della vita degli ebrei nelle settimane che precedettero la proclamazione dello Stato di Israele da parte delle Nazioni Unite, dopo che gli inglesi avevano rinunciato al loro protettorato sulla Palestina.
L'ansia sul futuro soffocava tutte le famiglie. Vivere sapendo che il proprio futuro è affidato alle decisioni di altri, che basta un voto in più o in meno per cambiare la propria storia, è un'esperienza che lascia il segno, difficile da dimenticare. Per questo quando il 29 novembre 1947 la radio annunciò che lo Stato di Israele sarebbe nato, un grido liberatorio invase tutte le case.
Ricordare quei momenti permette di guardare in modo differente alle vicende che ancora sconvolgono la Palestina. Il tormento sul loro futuro, l'ostilità che i popoli vicini avevano sempre manifestato nei confronti degli ebrei, può aiutarci a capire la tenacia con cui questi ultimi hanno difeso la loro terra.
Ogni popolo ha diritto ad una terra su cui potersi muovere liberamente, da considerare come la propria casa e questo, per lungo tempo, era stato una meta irrangiungibile.
Scelte politiche sbagliate, interessi di stranieri, una diversa cultura tra ebrei ed arabi, hanno impedito che il nuovo stato nascesse in modo pacifico. Errore dopo errore, si è giunti ad una situazione in cui diventa inutile andare alla ricerca di chi ha sbagliato per primo, di chi deve tornare sui suoi passi, di chi deve sentirsi colpevole. Oggi ebrei e palestinesi hanno un'analoga responsabilità. E' giunto il tempo di cessare ogni rivendicazione e mirare ad un solo obiettivo: la convivenza e la pace.
Ecco come descrive il rapporto arabo-israeliano Amos Oz:
"L'Europa che ha infierito sugli arabi, che li ha umiliati infliggendo loro l'imperialismo, il colonialismo, lo sfruttamento e l'oppressione, è la stessa Europa che ha perseguitato e oppresso anche gli ebrei, e alla fine ha permesso, quando non collaborato, che i tedeschi li eliminassero dal continente e li sterminassero quasi tutti. E invece gli arabi quando ci guardano non vedono un gruppo sparuto di sopravvissuti mezzo isterici, bensì un nuovo, supponente emissario dell'Europa colonialista, sofisticata e sfruttatrice, tornata con l'astuzia in Oriente - questa volta sotto spoglie sioniste - per riprendere a sfruttare, opprimere, infliggere. Mentre noi, dal canto nostro, quando li guardiamo non vediamo delle vittime come noi, non dei compagni di malasorte, bensì dei cosacchi bramosi di pogrom, degli antisemiti assetati di sangue, dei nazisti mascherati: come se i nostri persecutori europei fossero arrivati qui in terra d'Israele, avessero indossato la kefijah, si fossero lasciati crescere i baffi ma fossero pur sempre loro, i nostri assassini, sempre e solo ansiosi di sgozzare ebrei per puro diletto".
E' così che si arriva ad uccidersi: esiliando la ragione e facendosi guidare dall'odio.
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