Newsletter 29
Marina Peter in Scommessa Sudan, 2006
Indice
I fatti
Sud Sudan / Scontri etnici nello Jonglei: oltre 700 morti
Darfur, 1 / Ucciso un casco blu in un agguato
Darfur, 2 / Rapiti e rilasciati operatori di Medici senza frontiere
Darfur, 3 / Nuovi gruppi ribelli aderiscono ai colloqui di pace
Sudan, 1 / Bashir: via tutte le ong straniere entro l'anno
Sudan, 2 / Scarcerato el Tourabi
Sudan, 3 / Jean Ping incontra Bashir
I documenti
Il gruppo dei saggi africani / «Lasciate le ong lavorare in Sudan»
I leader cristiani del Sudan / Appello per la pace
La Campagna
Appuntamenti
Chi siamo
I fatti (Fonti: Afp, Al Jazeera, Ansa, Ap, Bbc, Misna, Reuters)
Sud Sudan / Scontri etnici nello Jonglei: oltre 700 morti
(In evidenza)
Nella seconda settimana di marzo in alcune zone rurali dello stato di Jonglei numerosi scontri tra gruppi luo nuer e murle hanno causato centinaia di morti.
Il responsabile amministrativo della contea di Pibor, Akot M. Adikiu, dopo aver contato personalmente 200 cadaveri, ha stimato che ci siano complessivamente 453 morti di etnia murle e ne stima 300 di etnia luo nuer, la maggior parte dei quali donne e bambini. Nello stato di Jonglei vivono diversi gruppi etnici, spesso composti da allevatori nomadi in conflitto tra loro per la gestione delle risorse. Tutti sono armati: la firma degli accordi di pace del gennaio 2005 ha posto fine alla guerra civile tra Nord e Sud che durava dal 1983 ma non ha tolto i kalashnikov alla popolazione. La conflittualità tra gruppi rivali che si contendono pozzi, pascoli e animali viene risolta spesso con l'uso delle armi. Pur considerando un simile contesto, gli attacchi di questa settimana sono stati particolarmente cruenti e diffusi, avendo coinvolto almeno 17 villaggi. Sembra che i luo nuer abbiano attaccato per rappresaglia a una razzia murle avvenuta in gennaio, in cui sarebbero stati rubati circa 50mila capi di bestiame.
In seguito agli ultimi scontri migliaia di persone hanno abbandonato la zona.
La prossima estate sono previste le prime elezioni libere in Sudan da oltre vent'anni: scontri sanguinosi come questi non contribuiscono certo a preparare un clima ideale per un voto libero e trasparente; i medesimi timori riguardano anche il referendum per l'autodeterminazione del Sud Sudan, che dovrebbe svolgersi nel 2011.
Alcuni osservatori locali ritengono inoltre che il problema della diffusione delle armi tra la popolazione civile e quello degli scontri inter etnici può mettere in pericolo anche l'intero accordo di pace tra Nord e Sud.
Darfur, 1 / Ucciso un casco blu in un agguato
Il 17 marzo un casco blu della missione di pace Ua/Onu in Darfur è stato assassinato in un agguato vicino a Nyala, nel Darfur meridionale. «È stata un'imboscata a sangue freddo» ha dichiarato all'agenzia Reuters il portavoce di Unamid, Kemal Saiki. Un gruppo di otto uomini armati avrebbe sparato contro una pattuglia. Un casco blu è rimasto ferito ed è morto durante il viaggio verso la base Unamid a El Fasher, verso cui veniva trasportato per essere curato. Una settimana prima, un'altra pattuglia era stata attaccata e quattro caschi blu erano stati feriti. Uno rimane in gravi condizioni.
Quello morto il 17 marzo è il quattordicesimo casco blu ucciso da quando a inizio 2008 i soldati dell'Onu sono arrivati in Darfur.
Darfur, 2 / Rapiti e rilasciati operatori di Medici senza frontiere
L'11 marzo nel Darfur settentrionale l'italiano Mauro D'Ascanio, il francese Raphael Meonier e la canadese Laura Archer - tutti e tre operatori umanitari di Medici senza frontiere - sono stati rapiti a Kebkabiya, località verso il confine con il Ciad a una cinquantina di chilometri da Saraf el Umra e a circa duecento da el Fasher. L'identità dei rapitori non è stata resa nota. Il governo del Sudan in un primo momento aveva accusato i ribelli dello Jem (il quale ha immediatamente smentito), per poi indicare gli autori come criminali comuni.
I rapiti sono stati liberati il 15 marzo, dopo una serie di indiscrezioni e smentite.
Il ministro degli esteri italiano, Franco Frattini, ha ribadito più volte che non è stato pagato alcun riscatto e che «si è sempre saputo dove gli ostaggi si trovavano».
Il governatore del Nord Darfur, Osman Mohammed Yusif Kibir, figura centrale nella mediazione con i rapitori, ha dichiarato che il sequestro è stato una reazione al mandato di arresto emesso dalla Corte penale internazionale (Cpi) nei confronti del presidente sudanese Omar el Bashir per crimini di guerra e contro l'umanità commessi in Darfur. Nei giorni successivi alla richiesta di arresto, il governo del Sudan aveva chiuso 16 ong che lavoravano in Sudan, accusandole di collaborare con la Cpi. [vedi Newsletter 28 del 9 marzo 2009].
Darfur, 3 / Nuovi gruppi ribelli aderiscono ai colloqui di pace
Nuove fazioni ribelli del Darfur hanno firmato, il 15 marzo a Tripoli, un'intesa con il governo sudanese per partecipare con una propria delegazione ai colloqui di pace di Doha (capitale del Qatar). Si tratta di fazioni minoritarie dei due principali gruppi ribelli del Darfur: lo Slm-Unity di Khamis Abdallah Abakr; lo Slm Juba; il Fronte unito per la resistenza; la fazione dello Jem guidata da Idris Azraq. Alla presenza del ministro degli Esteri del Qatar, Ahmed Bin Abdullah Al Mahmoud, i gruppi hanno accettato di partecipare con una delegazione ai prossimi incontri tra rappresentanti del governo ed esponenti dello Jem (uno dei principali gruppi ribelli del Darfur), che il mese scorso hanno firmato nella capitale Doha un accordo per la ripresa dei negoziati di pace. [Vedi Newsletter 27 del 1 marzo 2009].
Sudan, 1 / Bashir: via tutte le ong straniere entro l'anno
Il 16 marzo il presidente Bashir, durante un incontro pubblico con ufficiali e soldati delle forze armate, della polizia e dei servizi di sicurezza, ha dichiarato di voler avviare un processo di sudanizzazione degli aiuti umanitari: entro la fine dell'anno la comunità internazionale dovrebbe limitarsi a inviare aiuti umanitari in Sudan con gli aerei e con le navi. Dovranno poi essere organizzazioni locali - senza più la presenza di personale umanitario straniero, quindi - a distribuirle ai civili sudanesi. Questo processo interessa in particolare il Darfur, dove sono attive oltre 70 organizzazioni non governative umanitarie internazionali.
Khalil Ibrahim, leader dello Jem, ha dichiarato al giornale online Sudan Tribune che i civili del Darfur non accetteranno mai di ricevere aiuti distribuiti dal governo: «Come possono gli assassini di questa gente trasformarsi in coloro che li salvano e li nutrono?».
Il governo di Khartoum e lo Jem hanno recentemente firmato in Qatar una dichiarazione congiunta di buona volontà per stabilire un cessate il fuoco in Darfur. [Vedi Newsletter 27 del 1 marzo 2009]. Secondo lo Jem, la decisione di espellere 13 ong straniere e di chiuderne tre sudanesi dopo la richiesta di arresto da parte della Corte penale internazionale nei confronti d Bashir [Vedi Newsletter 28 del 9 marzo 2009] costituisce una violazione degli impegni presi in Qatar.
Inoltre lo Jem ha minacciato di ritirarsi dal tavolo dei negoziati di pace se il governo del Qatar permetterà a Bashir di partecipare al prossimo vertice della Lega araba, previsto a Doha (capitale del Qatar) alla fine del mese. Le autorità sudanesi hanno invece confermato la presenza del presidente.
Il Qatar, così come il Sudan, non riconosce la Cpi.
Sudan, 2 / Scarcerato el Tourabi
Hassan al Tourabi, intellettuale islamico, ex alleato di Bashir e capo del partito Popular Congress oggi all'opposizione, è stato liberato il 9 marzo a Port Sudan e ha raggiunto la capitale Khartoum, dopo due mesi di detenzione scontati per aver suggerito al presidente Omar Hassan al Beshir di presentarsi alla Corte penale internazionale per difendersi dalle accuse.
Sudan, 3 / Jean Ping incontra Bashir
Il 9 marzo il presidente della Commissione dell'Unione Africana (Ua), Jean Ping, ha incontrato a Khartoum il presidente del Sudan. Secondo Ping la decisione della Corte penale internazionale (Cpi) di chiedere l'arresto di Bashir per crimini di guerra e contro l'umanità commessi in Darfur «mina la riconciliazione» in Darfur, regione in cui la stessa Ua ha inviato - in collaborazione con l'Onu - migliaia di soldati in missione di pace. Il colloquio tra Bashir e Ping è giunto pochi giorni dopo la richiesta da parte della Corte penale internazionale (Cpi) di arrestare il presidente sudanese per crimini di guerra e contro l'umanità commessi in Darfur. [vedi Newsletter, numero 28 del 9 marzo 2009]. Due giorni prima era stato il segretario generale della Lega Araba, Amir Moussa, a incontrare Khartoum per presentare il sostegno diplomatico della Lega.
I documenti
Il gruppo dei saggi africani / «Lasciate che le ong lavorino in Sudan»
Il 16 marzo un gruppo di personalità africane, tra cui l'ex segretario generale dell'Onu Kofi Annan e il premio Nobel per la pace Desmond Tutu (il quale è anche il portavoce del gruppo) ha emesso un comunicato per commentare la decisione del presidente del Sudan, Omar el Bashir, di espellere 13 ong internazionali e di chiuderne tre sudanesi. Tutu spiega che i sudanesi hanno già sofferto abbastanza e non devono essere ulteriormente puniti. «Perché il governo sta portando avanti queste azioni contro i propri cittadini? Mi appello alle autorità del Sudan affinché non aumentino la già tremenda sofferenza dei cittadini e permettano alle agenzie umanitarie di fare il loro lavoro in sicurezza».
Il documento integrale si può leggere, in inglese, in internet al seguente indirizzo:
http://theelders-news.blogspot.com/2009/03/people-of-sudan-must-not-be-punished.html .
I leader cristiani del Sudan / Appello per la pace
I leader di 13 chiese cristiane del Sudan hanno emesso il 12 marzo un documento congiunto sulle conseguenze della richiesta di arresto da parte della Corte penale internazionale nei confronti del presidente del Sudan, Omar el Bashir. Lo pubblichiamo qui di seguito, in versione integrale, non avendo trovato un link al quale rimandare i lettori.
We, the Sudanese Church Leaders, have great concern regarding the consequences of the recent decision of the International Criminal Court to issue an arrest warrant for the President Omer Hassen Al Bashir on charges raised against him for war crimes and crimes against humanity.
We appeal to the government of Sudan to handle the situation politically, diplomatically and with wisdom in regard to the decision of the court, genuinely and seriously address the conflict in Darfur, achieve full implementation of the Comprehensive Peace Agreement, pursue a national reconciliation and healing process, and to work with the African Union, Arab League and international community to achieve these objectives in the interest of peace and stability in the country.
We call upon the government of Sudan to maintain peace, security and safety of every citizen at this trying moment.
We call upon all the armed groups in Darfur to pursue positive dialogue with the government as the only means to reach peaceful resettlement of conflict in Darfur .
We have a great concern about the humanitarian situation in Darfur, we appeal to the government of Sudan to consider the humanitarian situation of the people in Darfur seriously as a result of closing operations of some of the Sudanese national humanitarian organizations and expelling international organizations who were delivering humanitarian support in Darfur . Therefore, there must be quick alternatives and filling the gapes.
The Church believes in justice without compromising peace and stability of the nation. There is no dichotomisation. The absence of peace in Sudan will not hurt only Sudan as a nation, but will have serious repercussions in the region. The court case will affect Sudan negatively and its people at this time of transition. Whilst justice is extremely important, societies in transition like Sudan need other instruments and other models in order to supplement one form of justice. There should be holistic justice that encompasses accountability, truth recovery, reconciliation, institutional reform and reparations. It is necessary to develop an integrated solution, which enables society to pursue peace, while not overlooking the need for justice.
We appeal to the international community to continue maintaining peace and critical support of post-conflict reconstruction throughout the Sudan , as well as the particular humanitarian situation in Darfur at this time.
We call upon all religious communities to observe their God's prophetic calling in preserving peace, harmony and stability in the country. We call upon all religious communities to pray earnestly for the nation, the president, and the citizens of the Sudan at this time.
La Campagna Sudan
Appuntamenti
La Campagna Sudan partecipa al festival dei diritti a Ferrara in programma l'ultima settimana di Marzo. Tra le iniziative segnaliamo la presentazione del libro "Darfur: Geografia di una crisi" a cura di Diego Marani, il 26 marzo alle 18e30 presso il caffe de la paix, l'incontro con gli studenti del Liceo Ariosto di Ferrara e l'esposizione della mostra " Nuba by Nuba".
Per informazioni dettagliate http://www.campagnasudan.it/public/festivalinterno.jpg
Chi siamo
La Campagna italiana per il Sudan è una campagna nazionale di informazione, sensibilizzazione ed advocacy che opera dal 1994. Raggruppa organizzazioni della società civile italiana (Acli, Amani, Arci, Caritas ambrosiana, Caritas italiana, Mani Tese, Ipsia Milano, Iscos Emilia Romagna, Missionari e missionarie comboniane, Nexus, Pax Christi) e lavora in stretta collaborazione con enti pubblici e privati italiani e con varie organizzazioni della società civile sudanese. In Italia la Campagna ha fatto conoscere la situazione del Sudan e ha sostenuto i processi volti al raggiungimento di una pace rispettosa delle diversità sociali, etniche, culturali, religiose della sua popolazione. Per informazioni: www.campagnasudan.it.
Contatti: Cristina Sossan, segreteria Campagna Sudan, telefono 02-7723285, segreteria@campagnasudan.it
Questa Newsletter, aggiornata al 17 marzo 2009, è a cura di Diego Marani. Si ringraziano le Acli di Cremona (www.aclicremona.it ) per la collaborazione.
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