Newsletter 31
Marina Peter in Scommessa Sudan, 2006
In dice
I fatti
Sudan, 1 / Si voterà nel febbraio 2010
Sudan, 2 / Indiscrezioni sul censimento
Sudan, 3 / Prima visita del nuovo inviato americano
Sudan, 4 / Il Nc rifiuta la proposta di Tourabi per un governo di transizione
Sudan, 5 / Condanne a morte per impiccagione
Darfur, 1 / «La decisione della Cpi non danneggia la popolazione»
Darfur, 2 / Il ministro: «Non ci sono le condizioni per processare i criminali di guerra»
Darfur, 3 / Mbeki in missione diplomatica per conto dell'Ua
Darfur, 4 / Rapiti due operatori umanitari
Sud Sudan, 1 / Ancora morti per scontri etnici nello stato dei Lakes
I documenti
Sud Sudan, 1 / Il processo di disarmo delle armi leggere
Sud Sudan, 2 / Il rientro degli sfollati aggrava la crisi
La Campagna
Chi siamo
I fatti (Fonti: Afp, Al Jazeera, Ansa, Ap, Bbc, Misna, Reuters)
Sudan, 1 / Si voterà nel febbraio 2010
(In evidenza)
In Sudan le elezioni parlamentari e presidenziali si terranno nel febbraio 2010, con otto mesi di ritardo rispetto al previsto. Lo ha reso noto all'inizio di aprile Abdullah Ahmed Abdullah, vicepresidente della Commissione elettorale nazionale, il quale ha anche assicurato che «i risultati delle elezioni saranno comunicati entro febbraio 2010, poiché le consultazioni si svolgeranno agli inizi di quel mese». Abel Alier, presidente della Commissione, ha confermato il mese indicando che si dovrebbe votare il 6 febbraio e che i risultati dovrebbero essere resi noti il 27. Si tratta della prima comunicazione ufficiale da parte delle autorità di Khartoum, anche se rimane ancora qualche piccola incertezza sui giorni, ma non sul mese. Si eleggeranno non solo il presidente del Sudan e quello del Sud Sudan, ma anche i deputati del parlamento nazionale e quello del parlamento del Sud Sudan.
In base all'accordo di pace globale (Cpa), che nel 2005 ha posto fine a oltre venti anni di guerra civile tra Nord e Sud Sudan, le elezioni politiche si sarebbero dovute svolgere entro luglio 2009; osservatori delle Nazioni Unite avevano però invitato il governo a posticiparne la data a novembre, alla fine della stagione delle piogge, per evitare complicazioni di carattere logistico. Il presidente Omar el Bashir il 14 aprile, in un discorso davanti ai membri del parlamento di Khartoum, ha garantito che le prossime elezioni nel paese saranno «libere e trasparenti» e ha aggiunto di «non avere alcuna intenzione di posporre le votazioni oltre il tempo stabilito».
Il Cpa prevede un altro appuntamento elettorale che sarebbe storico per il Sudan: nel 2011 dovrebbe esserci un referendum per l'autodeterminazione del Sud-Sudan. Il vicepresidente del Sud Sudan, Riek Machar, pur avendo accolto favorevolmente la decisione di votare a febbraio, ha espresso timori che il ritardo delle elezioni potrebbe causare anche un ritardo del referendum.
Le ultime elezioni generali in Sudan, quelle dell'aprile 1986, furono vinte dal partito Umma guidato da Sadiq Al-Mahdi, il quale divenne primo ministro e fu esautorato tre anni dopo dal colpo di stato di Bashir.
Sudan, 2 / Indiscrezioni sul censimento
Iniziano a circolare le prime indiscrezioni sui risultati finali del censimento compiuto l'anno scorso dal 22 al 30 aprile, risultati che dovrebbero essere comunicati ufficialmente entro la fine di questo mese. Secondo il giornale sudanese Al-Sahafa la città di Khartoum sarebbe ormai arrivata a contare cinque milioni di abitanti; il Darfur e il Sud Sudan avrebbero rispettivamente circa 7,5 e 8,2 milioni di abitanti, ovvero complessivamente circa il 40% della popolazione nazionale. I sud sudanesi che ancora vivono come sfollati in Nord Sudan sarebbero circa 500mila.
Le autorità del Sud Sudan hanno detto di non essere disposte a prendere in considerazione «nessun conteggio che non certifichi che gli abitanti del Sud Sudan sono un terzo della popolazione dell'intero paese».
Lo svolgimento del censimento - il primo dopo la guerra civile scoppiata nel 1983 e conclusa nel 2005 ed anche il primo effettuato contemporaneamente in tutto il Sudan - è stato particolarmente complicato, a causa sia delle difficoltà logistiche sia delle molte situazioni di tensione, in particolare nei campi di sfollati in Darfur. Nonostante questo, Abdel-Bagi Al-Gailani, presidente del comitato incaricato della valutazione del censimento, ha dichiarato che osservatori internazionali hanno complessivamente convalidato il censimento stesso.
Sudan, 3 / Prima visita dell'inviato americano
Il 2 aprile è giunto in Sudan il nuovo inviato speciale degli Stati Uniti ed ex generale dell'aviazione, Scott Gration. «Sono venuto qui senza illusioni, preconcetti o soluzioni pronte. Sono qui per vedere, imparare e ascoltare» ha detto Gration, alla sua prima visita nel paese dopo la nomina il mese scorso da parte del presidente Barack Obama. Dopo aver incontrato alcuni responsabili del governo a Khartoum, Gration si è recato anche a Juba (capitale del Sud Sudan) e nel Darfur. Cresciuto in Repubblica democratica del Congo da due genitori missionari, il nuovo inviato parla fluentemente inglese, arabo e swahili.
Sudan, 4 / Il Nc rifiuta la proposto di Tourabi per un governo di transizione
L'11 aprile Hassan el Tourabi, il leader del partito Popular Congress, ex alleato e ora rivale del presidente Omar el Bashir, aveva chiesto l'istituzione di un governo di transizione per arrivare alle elezioni in un diverso clima politico, in particolare dopo la richiesta di arresto da parte della Corte penale internazionale nei confronti del presidente Bashir, con l'accusa di crimini di guerra e contro l'umanità commessi in Darfur. Il partito National Congress - quello di Bashir -, che insieme allo Splm forma gran parte del governo di unità nazionale scaturito dagli accordi di pace del gennaio 2005, ha immediatamente rifiutato la proposta.
Sudan, 5 / Condanne a morte per impiccagione
Il 13 aprile nove persone, tutte originarie del Darfur e appartenenti all'etnia fur, sono state impiccate dalle autorità di Khartoum, che le avevano riconosciute colpevoli dell'assassinio di Mohamed Taha Mohamed Ahmed, un giornalista ucciso il 6 settembre 2006. I nove condannati a morte avevano fino all'ultimo proclamato la propria innocenza. Mohamed Ahmed era il direttore del quotidiano Al Wifaq. Nella capitale ci sono state alcune proteste; davanti alla prigione in cui erano rinchiusi i nove uomini si sono radunate alcune centinaia di persone, protestando per quello che ritengono «un assassino politico» e una rappresaglia nei confronti della etnia fur. Dopo l'esecuzione, circa 500 darfuriani hanno violentemente protestato nei quartieri meridionali di Khartoum, dando fuoco a negozi e auto, prima di essere dispersi dall'intervento della polizia.
Il 15 aprile un altro tribunale di Khartoum ha condannato alla pena capitale per impiccagione dieci esponenti del Movimento per la giustizia e l'uguaglianza (Jem, uno dei principali gruppi ribelli attivi in Darfur) ritenuti responsabili dell'attacco a Omdurman, città gemella della capitale sudanese sull'altra riva del Nilo, avvenuto il 10 maggio 2008: lo ha dichiarato un giudice del tribunale alla tv araba Al Jazeera, precisando che altri tre imputati sono stati assolti e saranno rimessi in libertà. Sono finora una cinquantina i ribelli condannati a morte al termine di diversi processi sull'attacco, che provocò la morte di oltre 200 persone. Nei giorni successivi al 10 maggio oltre 600 persone erano state fermate dalla polizia e dall'esercito a Omdurman e Khartoum; le persone arrestate erano state accusate di terrorismo in base ad una legge varata dal governo nel 2001.
Darfur, 1 / «La decisione della Cpi non danneggia la popolazione»
Il mandato di arresto per crimini di guerra e contro l'umanità emesso il 4 marzo dalla Corte penale internazionale (Cpi) contro il presidente Omar el Bashir, «non ha avuto alcun impatto sulla situazione della sicurezza in Darfur»: lo ha dichiarato il 7 aprile il rappresentante della missione di pace mista Onu e Unione Africana (Minuad), Rodolphe Adada, parlando al Consiglio per la pace e la sicurezza dell'organismo panafricano. «Contrariamente agli scenari e alle analisi allarmistiche diffusi negli ultimi mesi, la decisione non ha avuto alcun impatto di rilievo sul fronte della sicurezza, né ha generato una recrudescenza delle violenze» ha detto Adada, aggiungendo che «in conformità con gli impegni presi in precedenza, il governo di Khartoum ha stabilito una serie di misure volte a rafforzare le condizioni di sicurezza nella regione». Adada ha sottolineato inoltre «altri fattori di rischio» come «il progressivo peggioramento delle relazioni tra Sudan e Ciad»; inoltre i colloqui di pace tra il governo e i ribelli del Movimento per la giustizia e luUguaglianza (Jem), «nonostante un accordo di buone intenzioni raggiunto nel febbraio scorso, non hanno portato a un cessate-il-fuoco vero e proprio».
Darfur, 2 / Il ministro: «Non ci sono le condizioni per processare i criminali di guerra»
Il 12 aprile il ministro della giustizia sudanese, Abdel-Basit Sabdarat, ha riconosciuto durante un'intervista rilasciata al giornale kuwaitiano Al-Rayaam che «senza dubbio in Darfur si commettono crimini di guerra» ma ha anche ricordato che nelle attuali circostanze il Sudan non è in grado di procesare gli autori di tali crimini. Bisogna dunque aspettare che «le circostanze diventino favorevoli».
Darfur, 3 / Mbeki in missione diplomatica per conto dell'Ua
L'ex-presidente sudafricano Thabo Mbeki il 2 aprile si è recato in Sudan alla guida di un comitato dell'Unione africana (Ua) per cercare una soluzione alla crisi nel Darfur. Mbeki e i membri del comitato - del quale fanno parte anche i due ex presidenti di Burundi e Nigeria, rispettivamente Pierre Buyoya e Abdulsalami Abubakar - hanno incontrato i responsabili del governo sudanese, i capi tribali e i rappresentanti degli sfollati dei campi profughi, oltre agli ufficiali della missione Onu-Ua dispiegata nella regione.
Darfur, 4 / Rapiti due operatori umanitari
Il 5 aprile due operatori umanitari - una donna francese e una canadese - dell'organizzazione Aide medicale internationale sono stati rapiti. Il giorno dopo Ali Youssef, responsabile del protocollo al ministero sudanese degli Affari Esteri, ha dichiarato che le due donne «sono vive e in buona salute» e che «il governo di Khartoum non risparmia alcuno sforzo per la loro liberazione». Il 14 aprile il ministro dell'interno Ibrahim Mahmoud ha dichiarato che il governo si aspetta un rilascio dei rapiti «nell'immediato futuro».
Secondo informazioni diffuse dalla stampa sudanese i rapitori avrebbero richiesto il pagamento di un riscatto in cambio della liberazione delle due volontarie. Il rapimento, avvenuto nella zona di Ed el Fursa, nel sud Darfur, dove l'Aim opera dal 2004, segue di tre settimane quello di altri cinque umanitari - un francese, una canadese, un italiano e due sudanesi -della sezione belga di Medici senza frontiere (Msf) nel nord della regione. I cinque erano stati rilasciati tre giorni dopo il sequestro.
Sud Sudan, 1 / Kiir: «Alcuni politici dietro gli scontri etnici»
Sono almeno 24 i morti e 22 i feriti in seguito agli scontri avvenuti a inizio aprile nella zona di confine tra lo stato dei Lakes e quello di Warrap in Sud Sudan, in particolare vicino al centro di Kaujok. Gli scontri riguardano gruppi jalwau e gok-panyar, in lotta fra loro per questioni relative al bestiame.
Il 12 aprile il presidente del Sud Sudan (e vicepresidente del Sudan) Salva Kiir Mayardit ha dichiarato che i conflitti etnici in Sud Sudan sono fomentati da «alcuni politici» i quali per tornaconto personale istigano i civili a combattersi fra loro. Kiir non ha fatto nomi e ha commentato: «Quando noi combattevamo nel bush non c'erano scontri etnici». Negli ultimi mesi in Sud Sudan ci sono stati ripetuti scontri anche sulle Montagne Nuba [vedi Newsletter 25 del 1 febbraio 2009], negli stati dell'Upper Nile e dell'Equatoria orientale; quelli avvenuti nello stato di Jonglei in marzo hanno causato oltre 700 morti [vedi Newsletter 29 del 17 marzo 2009].
I documenti
Sud Sudan, 1 / Il processo di disarmo delle armi leggere
L'organizzazione indipendente svizzera Small Arms Survey ha pubblicato nel gennaio 2009 un rapporto di 71 pagine intitolato Shots in the Dark: The 2008 South Sudan Civilian Disarmament Campaign. Il rapporto analizza il processo di disarmo dei civili nel Sud Sudan, un'operazione «complessa e rischiosa».
Nel 2006 una campagna condotta principalmente tra i luo nuer ha causato complessivamente 1.600 morti, in seguito alla ribellione della popolazione civile contro l'esercito del Sud Sudan. Così il tentativo di togliere le armi ai civili con la forza si è trasformato nella battaglia più sanguinosa dalla fine della guerra civile (gennaio 2005). Nel 2008 il governo del Sud Sudan ha compiuto un altro esteso tentativo di disarmare i civili, con risultati in chiaroscuro e comunque assai inferiori alle aspettative. Il problema della diffusione delle armi leggere in Sud Sudan e degli scontri tra gruppi etnici rivali - nei quali talvolta vengono coinvolte anche unità dell'esercito regolare - rimane gravissimo, come continuano a dimostrare gli scontri a fuoco che causano decine di vittime. Le relazioni tra popolazione locale ed esercito del Sud Sudan, che molti sud sudanesi continuano a identificare con l'Splm, secondo il rapporto è ulteriormente complicato dal fatto che l'esercito soffre «di scarsità di comando e di controllo su una truppa poco disciplinata». Il documento si può leggere in versione integrale, in inglese, nella sezione dedicata al Sudan del sito dell'organizzazione, all'indirizzo www.smallarmssurvey.org/sudan .
Sud Sudan, 2 / Il rientro degli sfollati aggrava la crisi
Il 26 marito l'organizzazione statunitense Refugees International ha pubblicato un breve rapporto, di quattro pagine, intitolato South Sudan: Urgent action needed to avert collapse, in cui si esprime la preoccupazione che il Sud Sudan rischi una crisi economica e sociale gravissima [vedi Newsletter 30 del 1 aprile 2009]. Mai come ora ci sarebbe bisogno di aiuto e sostegno da parte della comunità internazionale, anche perché dal 2005 a oggi sono rientrati circa due milioni di sfollati. Il documento si può leggere in versione integrale, in inglese, sul sito www.refugeesinternational.org .
La Campagna Sudan
Chi siamo
La Campagna italiana per il Sudan è una campagna nazionale di informazione, sensibilizzazione ed advocacy che opera dal 1994. Raggruppa organizzazioni della società civile italiana (Acli Milano e Cremona, Amani, Arci, Caritas ambrosiana, Caritas italiana, Mani Tese, Ipsia Milano, Missionari e missionarie comboniane, Nexus, Pax Christi) e lavora in stretta collaborazione con enti pubblici e privati italiani e con varie organizzazioni della società civile sudanese. In Italia la Campagna ha fatto conoscere la situazione del Sudan e ha sostenuto i processi volti al raggiungimento di una pace rispettosa delle diversità sociali, etniche, culturali, religiose della sua popolazione. Per informazioni: www.campagnasudan.it
Contatti: Cristina Sossan, segreteria Campagna Sudan, telefono 02-7723285, segreteria@campagnasudan.it
Questa Newsletter, aggiornata al 15 aprile 2009, è a cura di Diego Marani. Si ringraziano le Acli di Cremona (www.aclicremona.it ) per la collaborazione.
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