Conflitti

Newsletter n° 40 15 settembre 2009

«Un trattato non basta: non dobbiamo mai dare per scontato che gli impegni presi sulla parola e quelli firmati su un pezzo di carta siano veramente mantenuti. Costruire la pace in Sudan è un'operazione a lungo termine». Marina Peter in Scommessa Sudan, 2006

Indice

 

 

I fatti

Sudan, 1 /  Umma e Splm si alleano in vista delle elezioni 

 (In evidenza) 

 

Sudan, 2 / Incarcerata e subito rilasciata la giornalista Lubna Hussein 

 

Sudan, 3 / Gli Usa tolgono alcune sanzioni

 

Darfur, 1 / I negoziati riprendono a fine ottobre

 

Darfur, 2 / Nuovi scontri tra esercito e ribelli

 

Darfur, 3 / Cambiano i vertici per la missione Onu/Ua

 

Darfur, 4 / I saggi africani: «Garantire la giustizia»

 

Darfur, 5 / Gli sfollati criticano l'inviato Usa

 

Sud Sudan, 1 / Non si placano gli scontri tribali

I documenti

Icg / Ciad:  la trappola del petrolio

(Il contesto regionale)

 

Global Witness / «Il governo sottostima la produzione di petrolio: danneggiato il Sud»

 

Pax Christi / Il Cpa, i referendum e «la nuova probabile guerra»

La Campagna

Chi siamo


I fatti (Fonti: Afp, Al Jazeera, Ansa, Ap, Bbc, Irin, Misna, Reuters)

Sudan, 1 /  Umma e Splm si alleano in vista delle elezioni

(In evidenza)

All'inizio di settembre il Movimento di liberazione popolare (Splm), il partito che insieme al National Congress forma il governo di unità nazionale e che inoltre guida la regione autonoma del Sud Sudan, ha annunciato un'alleanza politica - in vista delle elezioni generali previste nell'aprile 2010 - con  l'Umma Party, storico partito islamico del Nord, guidato da Sadiq Al Mahdi e attualmente all'opposizione.

Pagan Amum, segretario generale dell'Splm, durante la cerimonia di alleanza a Juba, capitale del Sud Sudan, ha annunciato: «Uniamo i nostri sforzi per garantire elezioni libere e giuste nel nostro paese».

Pochi giorni dopo, l'11 settembre, Pagan Amum ha ricevuto a Juba anche Hassan el Turabi, il leader islamico del Popular Congress Party, l'ex alleato del presidente Omar el Bashir che, dopo essere uscito dal National Congress, ha fondato un proprio partito di opposizione a quello di Bashir.

Splm e Pcp stanno studiano la possibilità di azioni comuni (come ad esempio un riconoscimento concorde dei risultati del censimento dello scorso anno); in una dichiarazione congiunta, i due leader hanno ricordato la necessità di applicare in tutte le sue parti il trattato di pace del 2005 e quella di arrivare a una pace anche in Darfur.

Una conferenza di molti partiti di opposizione (tra cui l'Umma e il Pcp) coordinata dall'Splm, prevista a Juba nella seconda settimana di settembre, è stata invece rimandata a data da stabilirsi.

 

Sudan, 2 / Incarcerata e subito rilasciata la giornalista Lubna Hussein

Lubna Hussein, la giornalista sudanese giudicata colpevole di abbigliamento indecente per essere andata in un luogo pubblico vestendo i pantaloni [vedi Newsletter 38 del 1 agosto 2009], il 7 settembre era stata condannata a pagare una multa di 500 sterline sudanesi (circa 200 dollari) oppure a un mese di prigione. Lubna Hussein, che in Sudan lavorava anche per le Nazioni Unite, si è rifiutata di pagare la multa ed ha scelto di andare in prigione, dichiarando che ne avrebbe approfittato per scrivere sulla condizione delle carceri femminili in Sudan.

Il giorno dopo però Mohyideen Titawi a nome del sindacato dei giornalisti sudanesi (considerato da alcuni osservatori come un sindacato filogovernativo) ha pagato la multa e Lubna Hussein è stata immediatamente rilasciata, con sorpresa della stessa interessata.

 

Sudan, 3 / Gli Usa tolgono alcune sanzioni

Gli Usa hanno abolito alcune delle sanzioni economiche (in vigore dal 1993) che colpiscono il Sudan. Lo ha deciso, il 9 settembre, il dipartimento del tesoro americano. Il Sud Sudan, il Sud Kordofan, le Montagne Nuba, il Blue Nile, Abyei e il Darfur - già in passato esentati da alcune limitazioni, per motivi umanitari - possono dunque tornare a importare beni agricoli, medicinali e attrezzature sanitarie. La decisione avviene alla vigilia di una nuova visita - la quinta - dell'inviato statunitense Scott Gration nel paese; il rappresentante statunitense, un mese fa aveva indicato nelle sanzioni economiche «un serio ostacolo allo sviluppo del paese».

 

Darfur, 1 / I negoziati riprendono a fine ottobre

Djibril Bassole,  capo dei mediatori dell'Onu e dell'Unione africana (Ua), ha annunciato che i negoziati di pace per il Darfur riprenderanno alla fine di ottobre in Qatar.

L'incontro sarà preceduto da riunioni preliminari, «per affrontare temi urgenti quali la sicurezza dei civili e lo sviluppo socio-economico della regione occidentale». Il mediatore si è impegnato anche a organizzare, in parallelo, un forum con esponenti della società civile e delle comunità del Darfur, perché partecipino «al processo di riconciliazione in atto nel territorio».

Darfur, 2 / Nuovi scontri tra esercito e ribelli

Secondo  Abdal-Rahman Nimir, portavoce dell'Sla, uno dei gruppi ribelli del Darfur, l'esercito sudanese nella prima settimana di settembre avrebbe attaccato postazioni dell'Sla sullo alture dello Jebel Marra nel Darfur settentrionale, nelle località di Korma e Ain Siro. Secondo  Abdal-Rahman Nimir 11 soldati ribelli sono stati uccisi dalle truppe governative, che sarebbero state affiancate da non meglio identificate milizie provenienti dal Ciad. Secondo Hussein Abu Sharati, un portavoce degli sfollati, alcune migliaia di civili sarebbero fuggiti dalla regione a causa dei combattimenti.

 

Darfur, 3 / Cambiano i vertici per la missione Onu/Ua

Dal 1 settembre il nuovo capo militare della Unamid (la missione congiunta Onu/Ua in Darfur) è il ruandese Patrick Nyamvumba, 42 anni. Prende il posto del nigeriano Martin Luther Agwaim che aveva guidato la missione dal maggio 2007 ad agosto 2009. Nyamvumba ha studiato anche nella Scuola militare nazionale del Sudafrica.

Se il cambio ai vertici militari della Unamid sembra rientrare in un avvicendamento programmato, non mancano invece le polemiche su Rodolphe Adada, il portavoce politico della missione, che ha lasciato il suo incarico il 31 agosto. Adada in aprile aveva detto che quello in Sudan era ormai un conflitto «a bassa intensità»;  il 6 settembre,  nel suo messaggio di addio agli abitanti del Darfur, ha detto: «Sono orgoglioso del fatto che, nonostante le sfide e i tentativi di deviare dagli obiettivi della missione, sono riuscito a mantenere la rotta al servizio della pace e della sicurezza nel Darfur».

Il presidente sudanese Omar Hassan al Beshir, che ha conferito al responsabile congolese una delle più alte onoreficienza del paese, «per i suoi sforzi verso la pace», ha dichiarato: «I nemici del Sudan non hanno gradito la correttezza con cui Adada ha svolto il suo ruolo». In passato Adada non aveva nascosto la sua disapprovazione per la decisione della Corte penale internazionale (Cpi) di incriminare Beshir per crimini di guerra commessi in Darfur, facendo notare che questo «avrebbe complicato le prospettive per il processo di pace».

Il 4 settembre l'Onu ha nominato un diplomatico somalo, Mohamed Yonis, vice rappresentante (cioè vice portavoce politico) della missione Unamid, al posto dell'algerino Hocine Medili; ancora non si conosce chi sostituirà Adada.

 

Darfur, 4 / I saggi africani: «Garantire la giustizia»

L'ex-presidente sudafricano Thabo Mbeki, a capo del comitato di "saggi" africani sul Darfur (Aupd) istituito all'inizio dell'anno dall'Unione africana, ha dichiarato che garantire la giustizia è un passo fondamentale per assicurare la pace in Darfur: «Pace, giustizia e riconciliazione sono elementi inscindibili per ripristinare la stabilità nella regione occidentale». Il gruppo dei saggi, composto oltre che da Mbeki anche dall'ex-presidente del Burundi Pierre Buyoya e dal generale nigeriano Abu Salam Abubakar, ha presentato il 1 settembre un rapporto all'Ua.

 

Darfur, 5 / Gli sfollati criticano l'inviato Usa

Il 13 settembre Scott Gration, inviato speciale americano in Sudan, durante una visita ufficiale nel Darfur settentrionale ha avuto un colloquio con i rappresentanti di quattro campi di sfollati: Abu Shouk, Al-Salam, Zamzam, Koushab. Questi hanno criticato fortemente la politica americana verso il Sudan accusando Scott Gration di «complicità» con il governo di Khartoum e con il presidente Bashir. I rappresentanti degli sfollati hanno sottolineato di essere ancora colpiti dagli attacchi delle milizie e dagli arresti dei servizi di sicurezza; sono arrivati fino a chiedere le dimissioni di Scott Gration, il quale negli ultimi mesi si è dimostrato estremamente attivo in Sudan e in Darfur.

 

Sud Sudan, 1 / Non si placano gli scontri tribali

Tra il 4 e il 5 settembre almeno 25 persone sono morte a causa di una serie di combattimenti tra gruppi etnici rivali nella zona di Malakal, nello stato dell'Upper Nile, in Sud Sudan. Gli scontri armati sono avvenuti tra le comunità shilluk e dinka. Per mettere fine alle violenze un contingente dell'esercito sud-sudanese è stato dispiegato sul posto per presidiare i due villaggi dove si sono svolti gli attacchi e le rappresaglie.
Gli scontri interetnici continuano da mesi a insanguinare il Sudan. [vedi Newsletter 39 del 1 settembre 2009].

 

 

I documenti

Icg / Ciad:  la trappola del petrolio

(Il contesto regionale)

Lo sfruttamento del petrolio in Ciad è stato a lungo limitato dalle precarie condizioni

politiche e dagli altrettanto instabili equilibri internazionali che vedono in questo settore un continuo contendersi il territorio tra partner statunitensi, francesi e cinesi. Quando agli inizi del 2000 la Banca mondiale (per la prima volta nella sua storia) è stata direttamente coinvolta proprio in Ciad nella creazione di oleodotti, si sono mosse voci di speranza ben presto smentite dai fatti.

L'inasprirsi delle relazioni con il Sudan, la dilagante corruzione, l'ennesima crisi di consenso del presidente Idriss Deby, i continui - più o meno pericolosi - tentativi di colpo di stato hanno reso ingestibile la situazione; la decisione poi, da parte del presidente, di utilizzare i ricavi dello sfruttamento petrolifero per l'acquisizione di armi, hanno provocato la fuoriuscita della Banca mondiale e il precipitare del progetto.

La progressiva estromissione della società civile dalla gestione delle risorse petrolifere attraverso la riduzione del ruolo dei comitati di controllo e vigilanza sulle entrate petrolifere, e l'avvio - con l'aumento del prezzo del petrolio nel 2007 - di numerosi progetti di lavori pubblici hanno messo in ginocchio un paese già a terra. I lavori pubblici, lontani dal modernizzare realmente il paese, hanno innalzato il debito senza un corrispettivo aumento dei salari.

Oggi, per quella grande maggioranza della popolazione che dalle estrazioni ha ricavato solo l'aumento della corruzione, l'impatto ambientale, e l'incremento di insicurezza sociale, il petrolio è tutt'altro che una risorsa.

Tchad: sortir du piège pétrolier, l'ultimo documento sul Ciad pubblicato dall'International Crisis Group, approfondisce la questione e offre una panoramica piuttosto completa sulle relazioni tra sfruttamento delle risorse e situazione sociopolitica, sulle influenze esterne, sulle principali necessità di intervento.

Il report è disponibile in internet, in francese a questo indirizzo:

www.crisisgroup.org/library/documents/africa/b65_tchad___sortir_du_piege_petrolier.pdf  . (a cura di  Cristiana Paladini)

 

Global Witness / «Il governo sottostima la produzione di petrolio : danneggiato il Sud»

Il 6 settembre l'organizzazione Global Witness ha pubblicato un rapporto (intitolato Fuelling Mistrust: The need for transparency in Sudan's oil industry)  in cui accusa il governo sudanese di aver sottostimato la produzione e l'esportazione di petrolio realmente avvenuta in Sudan; in questo modo la quota di royalties destinate al governo del Sud Sudan è stata molto minore di quella che avrebbe dovuto essere, secondo l'accordo di pace del 2005.

Secondo Global Wtiness il fatto che il governo del Sud Sudan non possa verificare la veridicità delle cifre proposte dal governo centrale di Khartoum aumenta la diffidenza tra Nord e Sud: anche per questo motivo «il ritorno alla guerra [tra Nrd e Sud, ndr] appare molto probabile». Il rapporto, un documento di 76 pagine, analizza la produzione e l'esportazione del petrolio sudanese, l'andamento del prezzo del greggio e le ripercussioni in Sudan, i costi e le royalties, l'applicazione dei punti dell'accordo di pace relativi alla condivisione delle risorse economiche. Si può scaricare l'intero documento, in inglese e in arabo, dal sito www.globalwitness.org .

 

Pax Christi / Il Cpa, i referendum e «la nuova probabile guerra»

Ikv Pax Christi, un centro studi del consiglio interecclesiale olandese per la pace e la sezione olandese del movimento cattolico Pax Christi, ha pubblicato un rapporto curato da John Ashworth che analizza la parziale e difficile implementazione dell'accordo di pace firmato a inizio 2005 da Nord e Sud (o per meglio dire, tra Ncp e Splm). Il referendum del 2011 deve essere regolare e trasparente: questa è la priorità. Altrimenti è molto probabile che  i sud sudanesi tornino a scendere in guerra, una guerra tra Nord e Sud - la terza - che sarebbe molto diversa e assai peggiore delle due precedenti, secondo il rapporto. La prova generale della correttezza e affidabilità del referendum saranno le elezioni politiche previste per aprile 2010.

Il rapporto espone e analizza anche i pro e i contro di un eventuale posticipo delle elezioni a dopo il referendum, vista la vicinanza dei due appuntamenti.

Il documento di 24 pagine si può leggere in internet, in inglese, a questo link:

http://www.ikvpaxchristi.nl/files/Documenten/AF%20Sudan/CPA%20%20ALERT.pdf

 

 

La Campagna Sudan

Chi siamo

La Campagna italiana per il Sudan è una campagna nazionale di informazione, sensibilizzazione ed advocacy che opera dal 1994. Raggruppa organizzazioni della società civile italiana (Acli Milano e Cremona, Amani, Arci, Caritas ambrosiana, Caritas italiana, Mani Tese, Ipsia Milano, Missionari e missionarie comboniane, Nexus, Pax Christi) e lavora in stretta collaborazione con enti pubblici e privati italiani e con varie organizzazioni della società civile sudanese. In Italia la Campagna ha fatto conoscere la situazione del Sudan e ha sostenuto i processi volti al raggiungimento di una pace rispettosa delle diversità sociali, etniche, culturali, religiose della sua popolazione. Per informazioni: www.campagnasudan.it .

 

Contatti: Cristina Sossan, segreteria Campagna Sudan, telefono 02-7723285, segreteria@campagnasudan.it

 

Questa Newsletter, aggiornata al 15 settembre 2009, è a cura di Diego Marani. Si ringraziano le Acli di Cremona (www.aclicremona.it ) e Cristiana Paladini per la collaborazione.

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