Conflitti

Newsletter n° 43 1 novembre 2009

«Un trattato non basta: non dobbiamo mai dare per scontato che gli impegni presi sulla parola e quelli firmati su un pezzo di carta siano veramente mantenuti. Costruire la pace in Sudan è un'operazione a lungo termine». Marina Peter in Scommessa Sudan, 2006
7 dicembre 2009

Indice

 

 

I fatti

Sudan, 1 / Splm e opposizione boicottano il Parlamento

(In evidenza)

 

Sudan, 2 / Sfuma l'accordo sul referendum nel Sud

 

Sudan, 3 / Gli Usa rinnovano le sanzioni

 

Darfur, 1 / Le proposte dei saggi della Ua

 

Darfur, 2 / Liberate dopo tre mesi due operatrici umanitarie

 

Darfur, 3 / Scontri tribali: almeno dieci le vittime

 

Sud Sudan, 1 / Rischio sempre più grave di carestia

 

Sud Sudan, 2 / Nuove incursioni Lra

 

Sud Sudan, 3 / Ancora scontri nello Jonglei: sette morti

I documenti

Human Rights Watch / I diritti umani violati

 

Darfur, 1 / Le proposte dei saggi della Ua - Il documento

La Campagna

Chi siamo


I fatti (Fonti: Afp, Al Jazeera, Ansa, Ap, Bbc, Irin, Misna, Reuters)

Sudan, 1 / Splm e opposizione boicottano il Parlamento

(In evidenza)

Il 20 ottobre il Movimento di liberazione popolare del Sudan (Splm), il partito che governo il Sud Sudan e che a Khartoum forma - insieme al Ncp - il governo di unità nazionale, ha abbandonato i lavori in Parlamento. In questo modo ha messo in atto la minaccia dichiarata a Juba, a fine settembre, in un congresso di partiti che si oppongono al National Congress (Nc) del presidente Bashir. [vedi Newsletter 41 del 1 ottobre 2009]. «Non c'è bisogno di noi in quest'assemblea visto che il Nc non ascolta le nostre richieste» ha dichiarato Atem Garang, un dirigente dell'Splm. I deputati Splm chiedono con insistenza un dibattito parlamentare su diversi temi - in particolare la sicurezza - e  vogliono una riforma dei servizi d'intelligence, sostenendo che i loro poteri sono troppo ampi e violano gli accordi di pace del 2005 e la nuova Costituzione. Una settimana dopo anche i deputati di altri partiti di opposizione hanno lasciato il parlamento in seguito alla proposta del partito di maggioranza di accordare poteri ancora più ampi ai servizi di intelligence interna. I parlamentari accusano i responsabili dei servizi di sicurezza di aver commesso uccisioni e torture durante la lunga guerra civile che ha opposto Sud e Nord del paese e che si è conclusa con gli Accordi di pace del 2005.

 

Sudan, 2 / Sfuma l'accordo sul referendum nel Sud

Il 16 ottobre Riek Machar, vice-presidente del Sud Sudan, aveva annunciato che i rappresentanti del Nord e del Sud (ovvero i rappresentati dei partiti Nc e Splm) avevano raggiunto raggiunto un accordo sul referendum per l'autodeterminazione del Sud, previsto nel 2011. Secondo Machar, le parti avrebbero concordato che per essere valido il referendum dovrà vedere la partecipazione del 75% degli aventi diritto, mentre per ottenere l'indipendenza dal Nord dovranno votare a favore il 50% più uno degli elettori registrati. Questo il commento di Machr: «Avremmo voluto che la soglia minima per l'affluenza fosse un po' più bassa ma riteniamo il compromesso accettabile». Ulteriori colloqui nei giorni successivi avevano fatto trapelare la notizia di un ulteriore accordo, in cui entrambi le parti accettavano di ritenere valida la partecipazione del 66% (cioè dei due terzi) degli aventi diritto al voto.

Il 25 ottobre però il Segretario generale dell'Splm (il principale partito del Sud), Pagam Amun, ha dichiarato che in realtà non è ancora stato raggiunto alcun accordo definitivo tra i due partiti.

La questione del referendum è uno dei punti più importanti e contemporaneamente  più fragili di quel trattato globale di pace, firmato nel gennaio 2005, che ha messo fine a una guerra civile tra Nord e Sud che durava dal 1983. Il 27 ottobre il Segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-Moon, ha ripetuto che le elezioni politiche generali del 2010 e il referendum del 2011 sono i due passaggi fondamentali e decisivi per il processo di pace in Sudan.

 

Sudan, 3 / Gli Usa rinnovano le sanzioni

Il 27 ottobre gli Stati uniti hanno rinnovato le sanzioni contro il Sudan imposte dal 1997. Secondo il presidente Barack Obama,  l'obiettivo è quello di mantenere la pressione su Khartoum per implementare l'accordo di pace firmato nel 2005. Secondo Muawiya Osman Khalid, un portavoce del ministero degli esteri sudanesi, la decisione americana - seppur attesa - «non contribuisce alla pace, ma al contrario minaccia la stabilità del Sudan e mette a rischio gli accordi di pace». Le sanzioni mantengono congelati i beni sudanesi in Usa e limitano commercio e investimenti delle aziende americane in Sudan.

In questi ultimi mesi gli Usa, in particolare attraverso il rappresentante speciale Scott Gration, hanno dato ripetuti segnali di una linea più morbida nel confronti del Sudan.

Il segretario di stato americano Hillary Clinton, ha dichiarato che gli Stati Uniti sperano che le elezioni previste il prossimo anno in Sudan «brillino per la loro trasparenza e credibilità». Inoltre secondo il dipartimento di Stato la nuova politica americana in Sudan mira a raggiungere tre obiettivi principali: «Fermare il conflitto in Darfur, favorire la piena realizzazione degli accordi Nord-Sud e collaborare contro il terrorismo».

 

Darfur, 1 / Le proposte dei saggi della Ua

I quindici membri del Consiglio per la pace e la sicurezza dell'Unione Africana (Ua) hanno approvato le «proposte per la pace e la riconciliazione» in Darfur presentate da un "gruppo di saggi" guidati dall'ex-presidente sudafricano Thabo Mbeki.

Incaricati di individuare una strategia per la crisi nella regione occidentale del Sudan, i "saggi" hanno proposto la creazione di un Tribunale speciale misto (composto cioè sia da giudici sudanesi sia stranieri) per processare i presunti responsabili delle violenze commesse in sei anni di guerra in Darfur e la nascita di una sorta di Commissione verità e riconciliazione. Tra le proposte anche la creazione di un meccanismo di compensazione economica per le vittime del conflitto basato sul ripristino della diya, il sistema con il quale nelle culture tradizionali di questa zona d'Africa vengono compensate vittime e feriti in caso di scontri o guerre tra comunità. Il Consiglio per la pace e la sicurezza ha quindi nominato una nuova commissione di esperti - composta dallo stesso Mbeki e da due ex-presidenti di Nigeria e Burundi, rispettivamente Abdulsalami Abubakar e Pierre Nkurunziza - incaricata di aiutare e garantire l'applicazione delle raccomandazioni contenute nel rapporto approvato ieri. Mbeki, che ha annunciato di voler lavorare a stretto contatto con tutte le parti coinvolte, ha sottolineato l'importanza di agire "urgentemente", così da poter consentire anche agli abitanti del Darfur di partecipare pienamente alle elezioni previste nell'Aprile del 2010. In una prima reazione, affidata al vice-presidente Ali Osma Taha presente all'incontro dell'organismo dell'UA, il governo del Sudan ha accolto positivamente il rapporto e le raccomandazioni in esso contenute, chiedendo però una maggior attenzione e un maggior confronto sul passaggio relativo alla creazione di un tribunale speciale. 

Darfur, 2 / Liberate dopo tre mesi due operatrici umanitarie

Il 18 ottobre due operatrici umanitarie sequestrate da oltre tre mesi sono state rilasciate dai rapitori che le hanno consegnate alla Croce Rossa Internazionale. L'irlandese Sharon Commins e l'ugandese Hilda Kawuki erano state prelevate da sei uomini armati il 3 Luglio a Kutum, nel Nord Darfur. Le due donne lavorano per l'organizzazione non governativa irlandese Goa. Commins e Kawuki hanno dichiarato che l'unico scopo dei rapitori era quello di ottenere un riscatto. «Non parlavano altro che del riscatto. Sono gente estremamente povera che cerca di fare velocemente un po' di soldi» ha detto Commins al sito sudanese Sudan Tribune.

Ameerah Haq, coordinatore Onu per le operazioni umanitarie in Sudan, ha sottolineato che il loro sequestro «ricorda a tutti i pericoli affrontati dagli operatori umanitari per aiutare il popolo sudanese, spesso in circostanze di considerevole rischio personale».

Il ministro sudanese per gli Affari umanitari, Abdel Baqi al Jalanai, ha detto che non è stato pagato alcuni riscatto ma che il governo aveva garantito l'immunità ai rapitori se avessero liberato le due donne.

I due principali gruppi ribelli nel Darfur, il Movimento per la giustizia e l'equità (Jem) e il Movimento di Liberazione del Sudan (Slm), hanno ricordato che le due donne erano state sequestrate da una zona sotto il controllo dell'esercito e delle milizie alleate.

Il 24 ottobre Gauthier Lefevre, un francese che lavora per la Croce rossa è stato rapito nel Darfur occidentale.

 

Darfur, 2 / Scontri tribali: almeno dieci le vittime

Almeno 10 persone sono state uccise, il 23 ottobre, in Darfur settentrionale, in scontri tra zaghawa e birgid, nella zona di Shangil Tobaiya. Tutte le vittime appartengono all'etnia birgid. Altre 12 persone sono rimaste ferite.

 

Sud Sudan, 1 / Rischio sempre più grave di carestia

Le conseguenze negative sull'agricoltura di due anni di siccità e recenti episodi di violenza stanno compromettendo la sicurezza alimentare delle popolazioni, in particolare negli stati meridionali dell'Equatoria : lo sostengono responsabili governativi e fonti umanitarie, precisando che le riserve alimentari stanno diminuendo e che la mancanza di cibo potrebbe trasformarsi in una carestia a fine anno e soprattutto a inizio 2010.

Il Programma alimentare mondiale (Pam/Wfp) stima che poco meno di sei milioni di sudanesi hanno bisogno di assistenza alimentare.  Caritas ricorda che nei due stati dell'Equatoria  la già difficile situazione alimentare è stata aggravata dalle recenti violenze etniche e dalle incursioni dei ribelli dell'Esercito di resistenza del signore (Lra).

 

Sud Sudan, 2 / Nuove incursioni Lra

Il 21 ottobre nella zona del Sud Sudan che confina con la Repubblica centrafricana un'incursione di uomini armati appartenenti alle milizie dell'Esercito di resistenza del Signore (Lord's Resistance Army, Lra) nel piccolo centro di Boro Medina

ha causato cinque vittime; inoltre 46 persone sono state sequestrate. Durante il saccheggio di un mercato popolare, gli uomini armati avrebbero ucciso tre poliziotti e due civili. Il 27 ottobre i rapiti sono stati liberati dall'esercito sud-sudanese. Si tratta  di sfollati del Darfur, rapiti in un campo profughi vicino al villaggio.

L'attacco è il primo del genere avvenuto nella zona. Nelle ultime settimane uomini armati dell'Lra erano stati avvistati in Repubblica centrafricana, dove sono inseguiti dall'esercito ugandese. I servizi di informazione del Sud Sudan avevano anche reso noto che alcune bande dell'Lra si stavano spostando verso il Darfur. [vedi Newsletter 41 del 1 ottobre 2009]

 

Sud Sudan, 3 / Ancora scontri nello stato di Jonglei: sette morti

Il 17 ottobre almeno sette persone sono state uccise e 12 sono state ferite. Le vittime sono lou nuer, attaccate in un villaggio nella contea di Uror, nello stato di Jonglei, da uomini armati delle milizie dinka. Da mesi le due comunità sono coinvolte in una una serie di faide, razzie e vendette che spesso finiscono in sparatorie, e che hanno già causato centinaia di morti. Nella seconda metà di settembre erano stati i lou nuer ad aver attaccato i dinka, causando un centinaio di morti. [vedi Newsletter 41 del 1 ottobre 2009]. Il governo del Sud Sudan ha inviato 700 soldati per cercare di ristabilire la calma, ma questo non ha impedito la ritorsione dei dinka nei confronti dei nuer.

Il 24 ottobre Nhial Deng Nhial, ministro della difesa sud sudanese, ha accusato il governo del Nord Sudan «e in particolare il National Congress» di distribuire le armi e di fomentare gli scontri tra le diverse etnie nel Sud Sudan. I vertici dello Splm hanno accusato più volte il partito del presidente Bashir di voler destabilizzare il Sud Sudan e di voler rovinare la reputazione del governo del Sud Sudan sia presso i sudanesi sia presso la comunità internazionale.

 

I documenti

Human Rights Watch / I diritti umani violati

Il report di 25 pagine The Way Forward: Ending Human Rights Abuses and Repression across Sudan - pubblicato il 6 ottobre da Human Rights Watch - denuncia una crescita di tensione su tutto il territorio sudanese che sempre più di frequente sfocia in violazioni dei diritti umani tanto nella capitale quanto nel resto del paese. Il lavoro dipinge ancora una volta un Sudan in bilico tra promesse di cambiamento e abusi. Non sembrano essere mai cessati, non solo i focolai di conflitto in Darfur ma anche gli arresti arbitrari, così come gli attacchi alla società civile, la soppressione della libertà di stampa e di espressione. In questo contesto le sfide politiche per il paese non sono poche (elezioni, referendum,implementazione dei Cpa); il fallimento di uno qualsiasi di questi passi metterebbe a rischio tutto il processo di mutamento posto in atto.  «Coloro i quali hanno a cuore il popolo sudanese» scrive Georgette Gagnon, direttore Hrw Africa, «dovrebbero anteporre ad ogni altra priorità i diritti umani attraverso una pressione forte, generalizzata e coordinata sul partito al governo per cambiare il suo intervento nel Sud, in Darfur e nella stessa Karthoum». Il documento si può leggere in inglese e in versione integrale sul sito di Human Rights Watch, a questo link. www.hrw.org/en/node/85924 . (a cura di Cristiana Paladini).

 

Darfur, 1 / Le proposte dei saggi della Ua - Il documento

Il 22 ottobre il gruppo di "saggi" dellUa ha presentato le «proposte per la pace e la riconciliazione in Darfur» al consiglio di sicurezza dell'Ue, alla fine di un lavoro iniziato nel marzo 2009. I saggi sono convinti che bisogna approcciare pace, giustizia e riconciliazione in modo coordinato. Inoltre per risolvere la crisi del Darfur occorre un accordo politico globale: nelle negoziazioni per arrivare a un tale accordo è indispensabile consultare tutti i darfuriani. Il documento è stato messo a disposizione dal sito Sudan Tribune, a questo link.  www.sudantribune.com/spip.php?article32880        

 

La Campagna Sudan

Chi siamo

La Campagna italiana per il Sudan è una campagna nazionale di informazione, sensibilizzazione ed advocacy che opera dal 1994. Raggruppa organizzazioni della società civile italiana (Acli Milano e Cremona, Amani, Arci, Caritas ambrosiana, Caritas italiana, Mani Tese, Ipsia Milano, Missionari e m         issionarie comboniane, Nexus, Pax Christi) e lavora in stretta collaborazione con enti pubblici e privati italiani e con varie organizzazioni della società civile sudanese. In Italia la Campagna ha fatto conoscere la situazione del Sudan e ha sostenuto i processi volti al raggiungimento di una pace rispettosa delle diversità sociali, etniche, culturali, religiose della sua popolazione. Per informazioni: www.campagnasudan.it.

 

Contatti: Cristina Sossan, segreteria Campagna Sudan, telefono 02-7723285, segreteria@campagnasudan.it .

 

Questa Newsletter, aggiornata al 31 ottobre 2009, è a cura di Diego Marani. Si ringraziano le Acli di Cremona (www.aclicremona.it ) e Cristiana Paladini per la collaborazione.

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