Conflitti

Missioni di guerra

Tour in Uganda dei “cooperanti” con le stellette

La Cooperazione italiana torna ad indossare l'uniforme delle forze armate per un'ambigua missione nel nord Uganda, regione dove è in atto un pericoloso conflitto multinazionale. Sponsor un'importante impresa produttrice d'armi.

27 dicembre 2010

“La nostra missione è promuovere la dignità della persona attraverso la cooperazione allo sviluppo nel solco dell’insegnamento della dottrina sociale cattolica”. Si presenta così una delle maggiori organizzazioni non governative italiane, la Fondazione AVSI (Associazione Volontari per il Servizio Internazionale), 29 milioni di euro nel bilancio 2009 e oltre 100 progetti di sviluppo in 38 Paesi di Africa, America Latina, Asia ed Est Europa.

Dicembre ha regalato all’AVSI una invidiabile visibilità mediatica. Diversi i servizi dedicatele da Rai e Mediaset, decine gli articoli nei maggiori quotidiani nazionali. A catturare consensi ed attenzione l’operazione “Quattro stelle per l’Uganda” che, a fianco della Ong, ha visto operare “per la prima volta insieme”, medici ed infermieri di Esercito, Marina Militare, Aeronautica Militare ed Arma dei Carabinieri. “Quattro stelle” perché sono state quattro le forze armate impegnate in terra d’Africa nel progetto con la Fondazione AVSI, con tanto di patrocinio della Cooperazione Italiana per lo Sviluppo del Ministero degli Affari Esteri (Mae). “La missione, coordinata dalla Direzione Generale della Sanità Militare, è stata pianificata dal Comando Operativo di Vertice Interforze (COI) dello Stato Maggiore Difesa, che ne detiene anche il comando operativo”, spiegano al Mae. “Il coordinamento dei voli militari di andata e ritorno con l’Uganda è stato effettuato dalla Sala Situazioni dello Stato Maggiore Aeronautica, utilizzando un velivolo C-130J della 46^ Brigata Aerea di Pisa. La Cooperazione Italiana ha invece fornito il supporto logistico per gli spostamenti via terra”.

Il centro della missione, durata in tutto 17 giorni, è stato l’ospedale “St. Joseph” di Kitgum, città a circa 100 chilometri a nord-est di Gulu, nella regione settentrionale dell’Uganda, al confine con il Sudan. È il sito internet del Ministero della difesa a fornire i dati ufficiali sull’intervento ASVI-forze armate. “Venti militari, tra medici e infermieri e 2 medici civili hanno realizzato oltre cento interventi chirurgici, 230 endoscopie digestive, centinaia di visite ginecologiche ed ostetriche, ecografie, colposcopie, visite ortopediche e più di 500 test di laboratorio. Una sessantina di operatori dell’ospedale “St. Joseph” hanno potuto lavorare a stretto contatto con il personale italiano, acquisendo la capacità di fornire autonomamente dei servizi di assistenza sanitaria alla popolazione non disponibili prima”.

Fiore all’occhiello della missione, la consegna al presidio di Kitgum di “un elettro-bisturi per la chirurgia, un apparecchio completo per endoscopia, una bilancia elettronica per la pesatura del plasma e un ingente quantitativo di medicinali e materiale sanitario donato da ospedali militari e industrie farmaceutiche private”. A trasportare in Africa attrezzature e medicinali ci ha pensato un velivolo messo a disposizione da “Alenia Aeronautica”, società nella titolarità della holding Finmeccanica. Una collaborazione con “Quattro stelle per l’Uganda” non del tutto disinteressata, dati gli affari multimilionari del complesso militare-industriale nazionale nel martoriato paese africano. Nell’estate del 2008, Finmeccanica ha consegnato alla polizia ugandese un elicottero “Koala Agusta Westland”, costo 5 milioni di dollari, utilizzato per “operazioni legate alla sicurezza e al trasporto VIP”. Selex Communications, altra società del gruppo Finmeccanica, ha invece consegnato 4 motoscafi intercettori superveloci e il sistema di comunicazioni “Tetra” per il pattugliamento del lago Vittoria (6 milioni di euro).

Militari, volontari cattolici e mercanti d’armi si sono ritrovati a Kitgum per condividere felicemente un discutibile progetto di “cooperazione allo sviluppo” funzionale alle logiche del mercato globale e della guerra “preventiva e permanente”, in linea con il nuovo modello strategico implementato dal Pentagono nel continente africano con l’istituzione del nuovo Comando “Africom” delle forze armate Usa. Per rendere più digeribile la politica di penetrazione strategica in Africa, Washington ha scelto infatti di affiancare alle imponenti esercitazioni militari e alla fornitura di sistemi d’arma una serie di microinterventi sanitari a favore delle popolazioni locali; inoltre, sempre più spesso, viene attribuita la pianificazione, la direzione e la realizzazione degli interventi a task-force “miste” composte da militari e funzionari civili di USAID, l’Agenzia per lo Sviluppo degli Stati Uniti d’America che, coincidenza, compare proprio tra i principali “donatori” della Fondazione AVSI di Milano. A rendere particolarmente ambigua la missione “Quattro stelle per l’Uganda” è tuttavia lo scenario geo-strategico in cui essa è stata realizzata, la regione di Kitgum, al centro del violento conflitto che vede contrapposti il governo ugandese e i ribelli del Lord’s Resistance Army (l’Esercito di Resistenza del Signore).

Sottoposta per lungo tempo alle incursioni delle forze irregolari dell’LRA, Kitgum è oggi l’epicentro delle operazioni d’intelligence ed “anti-terrorismo” delle forze armate Usa in Uganda. I primi reparti d’élite in forza all’US Army Corps of Engineers e all’US Air Force di stanza a Ramstein, Germania ed Aviano si sono insediati nella regione settentrionale dell’Uganda sin dal gennaio del 2007, per operare congiuntamente ai militari locali contro le milizie ribelli. Nel distretto di Gulu è stato pure installato un accampamento-presidio della Combined Joint Task Force-Horn of Africa, la speciale task force attivata dal Pentagono a Gibuti. Un anno fa, invece, proprio la regione di Kitgum è stata sede di una delle maggiori esercitazioni militari multinazionali mai realizzate nel continente africano, la “Natural Fire 10”. Ad essa hanno partecipato 550 uomini di US Army Africa (il Comando delle forze terrestri degli Stati Uniti per il continente con sede a Vicenza) e 520 militari di Kenya, Tanzania, Uganda, Rwanda e Burundi. Spacciata come “operazione umanitaria” grazie alla copertura degli d’interventi “di tipo medico, dentistico e ingegneristico” realizzati tra le comunità locali, la forza multinazionale ha tuttavia movimentato attrezzature e armamenti pesanti, tra cui tre elicotteri CH-47 “Chinook” dotati di un nuovo sofisticato sistema di “riconoscimento” che ha consentito ai quartieri generali AFRICOM di Stoccarda e US Army Africa di Vicenza di ottenere informazioni chiave sugli insediamenti dell’LRA nella regione.

“Grazie al “Nature Fire 10” a Kitgum, Washington ha inteso rinnovare il proprio supporto al governo di Kampala nella guerra contro il Lord’s Resistance Army e il suo leader Joseph Kony, responsabile di gravi crimini contro l’umanità”, hanno rilevato gli analisti. Nella primavera del 2009, il Congresso, con voto di repubblicani e democratici, aveva approvato l’“LRA Disarmament and Northern Uganda Recovery Act”, che chiedeva all’amministrazione Usa d’intervenire nel nord Uganda, nella Repubblica Democratica del Congo e nel Sudan meridionale per “rafforzare le capacità di protezione ed assistenza della popolazione”, “consegnare alla giustizia i leader ribelli” e “disarmare e smobilizzare l’LRA”. L’Atto è stato ratificato nel maggio 2010 dal Presidente Obama. Lo scorso 18 novembre, deponendo di fronte al Comitato per le forze armate del Senato, il generale Carter Ham, nuovo comandante Africom, ha confermato il “ruolo centrale” della struttura nel “supporto agli sforzi del Dipartimento di Stato in Uganda”. “US Africom sta attualmente conducendo l’addestramento dei militari ugandesi”, ha dichiarato Ham. “Ciò è parte della strategia finalizzata ad arrestare o rimuovere dal campo di battaglia il leader LRA Joseph Kony”. 

 

“La nostra missione è promuovere la dignità della persona attraverso la cooperazione allo sviluppo nel solco dell’insegnamento della dottrina sociale cattolica”. Si presenta così una delle maggiori organizzazioni non governative italiane, la Fondazione AVSI (Associazione Volontari per il Servizio Internazionale), 29 milioni di euro nel bilancio 2009 e oltre 100 progetti di sviluppo in 38 Paesi di Africa, America Latina, Asia ed Est Europa.

Dicembre ha regalato all’AVSI una invidiabile visibilità mediatica. Diversi i servizi dedicatele da Rai e Mediaset, decine gli articoli nei maggiori quotidiani nazionali. A catturare consensi ed attenzione l’operazione “Quattro stelle per l’Uganda” che, a fianco della Ong, ha visto operare “per la prima volta insieme”, medici ed infermieri di Esercito, Marina Militare, Aeronautica Militare ed Arma dei Carabinieri. “Quattro stelle” perché sono state quattro le forze armate impegnate in terra d’Africa nel progetto con la Fondazione AVSI, con tanto di patrocinio della Cooperazione Italiana per lo Sviluppo del Ministero degli Affari Esteri (Mae). “La missione, coordinata dalla Direzione Generale della Sanità Militare, è stata pianificata dal Comando Operativo di Vertice Interforze (COI) dello Stato Maggiore Difesa, che ne detiene anche il comando operativo”, spiegano al Mae. “Il coordinamento dei voli militari di andata e ritorno con l’Uganda è stato effettuato dalla Sala Situazioni dello Stato Maggiore Aeronautica, utilizzando un velivolo C-130J della 46^ Brigata Aerea di Pisa. La Cooperazione Italiana ha invece fornito il supporto logistico per gli spostamenti via terra”.

Il centro della missione, durata in tutto 17 giorni, è stato l’ospedale “St. Joseph” di Kitgum, città a circa 100 chilometri a nord-est di Gulu, nella regione settentrionale dell’Uganda, al confine con il Sudan. È il sito internet del Ministero della difesa a fornire i dati ufficiali sull’intervento ASVI-forze armate. “Venti militari, tra medici e infermieri e 2 medici civili hanno realizzato oltre cento interventi chirurgici, 230 endoscopie digestive, centinaia di visite ginecologiche ed ostetriche, ecografie, colposcopie, visite ortopediche e più di 500 test di laboratorio. Una sessantina di operatori dell’ospedale “St. Joseph” hanno potuto lavorare a stretto contatto con il personale italiano, acquisendo la capacità di fornire autonomamente dei servizi di assistenza sanitaria alla popolazione non disponibili prima”.

Fiore all’occhiello della missione, la consegna al presidio di Kitgum di “un elettro-bisturi per la chirurgia, un apparecchio completo per endoscopia, una bilancia elettronica per la pesatura del plasma e un ingente quantitativo di medicinali e materiale sanitario donato da ospedali militari e industrie farmaceutiche private”. A trasportare in Africa attrezzature e medicinali ci ha pensato un velivolo messo a disposizione da “Alenia Aeronautica”, società nella titolarità della holding Finmeccanica. Una collaborazione con “Quattro stelle per l’Uganda” non del tutto disinteressata, dati gli affari multimilionari del complesso militare-industriale nazionale nel martoriato paese africano. Nell’estate del 2008, Finmeccanica ha consegnato alla polizia ugandese un elicottero “Koala Agusta Westland”, costo 5 milioni di dollari, utilizzato per “operazioni legate alla sicurezza e al trasporto VIP”. Selex Communications, altra società del gruppo Finmeccanica, ha invece consegnato 4 motoscafi intercettori superveloci e il sistema di comunicazioni “Tetra” per il pattugliamento del lago Vittoria (6 milioni di euro).

Militari, volontari cattolici e mercanti d’armi si sono ritrovati a Kitgum per condividere felicemente un discutibile progetto di “cooperazione allo sviluppo” funzionale alle logiche del mercato globale e della guerra “preventiva e permanente”, in linea con il nuovo modello strategico implementato dal Pentagono nel continente africano con l’istituzione del nuovo Comando “Africom” delle forze armate Usa. Per rendere più digeribile la politica di penetrazione strategica in Africa, Washington ha scelto infatti di affiancare alle imponenti esercitazioni militari e alla fornitura di sistemi d’arma una serie di microinterventi sanitari a favore delle popolazioni locali; inoltre, sempre più spesso, viene attribuita la pianificazione, la direzione e la realizzazione degli interventi a task-force “miste” composte da militari e funzionari civili di USAID, l’Agenzia per lo Sviluppo degli Stati Uniti d’America che, coincidenza, compare proprio tra i principali “donatori” della Fondazione AVSI di Milano. A rendere particolarmente ambigua la missione “Quattro stelle per l’Uganda” è tuttavia lo scenario geo-strategico in cui essa è stata realizzata, la regione di Kitgum, al centro del violento conflitto che vede contrapposti il governo ugandese e i ribelli del Lord’s Resistance Army (l’Esercito di Resistenza del Signore).

Sottoposta per lungo tempo alle incursioni delle forze irregolari dell’LRA, Kitgum è oggi l’epicentro delle operazioni d’intelligence ed “anti-terrorismo” delle forze armate Usa in Uganda. I primi reparti d’élite in forza all’US Army Corps of Engineers e all’US Air Force di stanza a Ramstein, Germania ed Aviano si sono insediati nella regione settentrionale dell’Uganda sin dal gennaio del 2007, per operare congiuntamente ai militari locali contro le milizie ribelli. Nel distretto di Gulu è stato pure installato un accampamento-presidio della Combined Joint Task Force-Horn of Africa, la speciale task force attivata dal Pentagono a Gibuti. Un anno fa, invece, proprio la regione di Kitgum è stata sede di una delle maggiori esercitazioni militari multinazionali mai realizzate nel continente africano, la “Natural Fire 10”. Ad essa hanno partecipato 550 uomini di US Army Africa (il Comando delle forze terrestri degli Stati Uniti per il continente con sede a Vicenza) e 520 militari di Kenya, Tanzania, Uganda, Rwanda e Burundi. Spacciata come “operazione umanitaria” grazie alla copertura degli d’interventi “di tipo medico, dentistico e ingegneristico” realizzati tra le comunità locali, la forza multinazionale ha tuttavia movimentato attrezzature e armamenti pesanti, tra cui tre elicotteri CH-47 “Chinook” dotati di un nuovo sofisticato sistema di “riconoscimento” che ha consentito ai quartieri generali AFRICOM di Stoccarda e US Army Africa di Vicenza di ottenere informazioni chiave sugli insediamenti dell’LRA nella regione.

“Grazie al “Nature Fire 10” a Kitgum, Washington ha inteso rinnovare il proprio supporto al governo di Kampala nella guerra contro il Lord’s Resistance Army e il suo leader Joseph Kony, responsabile di gravi crimini contro l’umanità”, hanno rilevato gli analisti. Nella primavera del 2009, il Congresso, con voto di repubblicani e democratici, aveva approvato l’“LRA Disarmament and Northern Uganda Recovery Act”, che chiedeva all’amministrazione Usa d’intervenire nel nord Uganda, nella Repubblica Democratica del Congo e nel Sudan meridionale per “rafforzare le capacità di protezione ed assistenza della popolazione”, “consegnare alla giustizia i leader ribelli” e “disarmare e smobilizzare l’LRA”. L’Atto è stato ratificato nel maggio 2010 dal Presidente Obama. Lo scorso 18 novembre, deponendo di fronte al Comitato per le forze armate del Senato, il generale Carter Ham, nuovo comandante Africom, ha confermato il “ruolo centrale” della struttura nel “supporto agli sforzi del Dipartimento di Stato in Uganda”. “US Africom sta attualmente conducendo l’addestramento dei militari ugandesi”, ha dichiarato Ham. “Ciò è parte della strategia finalizzata ad arrestare o rimuovere dal campo di battaglia il leader LRA Joseph Kony”.

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