Egitto: non c’è democrazia senza giustizia sociale
L’Egitto è una polveriera esplosa improvvisa e senza controllo. D’istinto confronto le immagini del Cairo che arrivano sulle reti televisive, con quelle della città che ho visitato pochi mesi fa. Quando raggiunsi gli amici in un appartamento in Sharia Ahmed Hishmat, a Zamalek, nella parte nord dell’isola di Gezira, sul Nilo al centro della città. Lì ho trascorso dieci giorni da cooperatore solidale, condividendo il loro quotidiano. Mi attraeva l’idea di vedere le bellezze artistiche del Cairo, così come l’opportunità di entrare nella vita di questa metropoli di venti milioni di persone. Zamalek è il quartiere delle Ambasciate. Dove risiedono e lavorano la maggior parte degli stranieri. Diplomatici, rappresentanti delle tante associazioni impegnate in progetti per lo sviluppo, oltre a famiglie della borghesia locale. Dalle finestre dell’appartamento, il Nilo appariva maestoso e tranquillo. Solcato da barche e velieri grandi e piccoli, carichi di turisti, con cena e spettacolo musicale inclusi o meno. Dagli altoparlanti, moderne musiche a tutto volume attiravano l’attenzione di nuovi, possibili clienti.
In queste ore gli italiani di Zamalek non escono di casa. In contatto con l’Ambasciata, attendono l’evolversi della situazione. I cellulari locali hanno ripreso a funzionare a singhiozzo. Internet ancora no. Chiusa la postazione di Al Jazeera al Cairo, da dove, in questi giorni, ha trasmesso in diretta la rivolta popolare. Le immagini arrivano ora da altre sedi dell’emittente araba. Dalle finestre si vedono salire le colonne di fumo. Bruciano i barconi-ristorante, incorniciati dalle acque del fiume dove, fino alla settimana scorsa, si ritrovavano a fumare la shishia i giovani bene della città. Le carcasse fumanti delle auto della polizia sono ancora poste di traverso sul ponte 26 Luglio. Isolano Zamalek dal quartiere di Baluq, con il grande mercato, che dalla riva destra del Nilo si estende verso est. Da lì, si raggiunge il Museo Egizio percorrendo a piedi la Corniche, il lungo Nilo. Sede di incontro per gli innamorati, che seduti vicini, ma senza sfiorarsi, si sussurrano frasi di speranza e d’amore.
Una rivolta sociale e generazionale che nei giorni scorsi El Baradei così commentava: "È inevitabile, il cambiamento deve arrivare. E il motore di questo cambiamento sono i giovani. È la generazione sotto i trent’anni, il 60% della popolazione egiziana, persone che non hanno alcuna speranza, alcun futuro, ma neanche nulla da perdere". Proprio Mohamed El Baradei, Premio Nobel per la Pace 2005 con la motivazione “ impavido fautore che l’energia nucleare non venga male autorizzata per scopi militari”, che ho incontrato in occasione del conferimento della cittadinanza onoraria di Firenze nel 2007, è il leader intorno al quale unificare le forze di opposizione. E’ necessario che il periodo di transizione si concluda rapidamente, per stroncare sul nascere una spirale di caos che devasterebbe la fragile economia locale. Il fuoco che avvampa il Maghreb, è ormai guerra civile. Il Mediterraneo, il “grande lago” di Giorgio La Pira, si riscalda. In questo brodo che potrebbe diventare primordiale, per la crescita di possibili, nuove democrazie nel Medio Oriente, il nostro stivale galleggia con fatica. Risucchiato da antichi egoismi e solitarie guerre di interessi personali.
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Segnaliamo infine che nel sito del CIPMO, il Centro Italiano per la pace nel Medio Oriente vengono pubblicati diversi altri articoli e commenti da giornalisti e opinionisti qualificati. Il CIPMO è un'organizzazione che da anni si occupa delle problematiche riguardanti i rapporti tra mondo arabo e occidente, in primis la situazione di conflitto Palestina-Israele.
Stay tuned!
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