Conflitti

Il trionfo della dignità

Per lo scrittore Abdelhak Serhane, attualmente presso l’Università di Louisiane a Lafayette (USA), nessun dirigente arabo può oggi sfuggire alla collera popolare che scuote la regione.
5 marzo 2011
Abdelhak Serhane
Tradotto da Debora Del Pistoia per PeaceLink
Fonte: Tel Quel - 26 febbraio 2011

Ho seguito con angoscia e ammirazione quello che il popolo tunisino ed egiziano hanno realizzato. Due dittatori decaduti in meno di venti giorni. Senza violenza, ma con la determinazione degli sdegnati. Questo coraggio ritrovato e questa volontà hanno messo fine a vari decenni di autocrazia cieca e demente. Ma non è ancora abbastanza. E’ necessario restare vigili e mantenere la rivoluzione. E’ necessario anche accertare le responsabilità di coloro che li hanno trattati come popoli inferiori, saccheggiando e facendo saccheggiare, torturando e facendo torturare, preferendo le menzogne e permettendo ad altri di mentire, corrompendo e facendo corrompere, creando malintesi, assassinando e facendo assassinare.

Acquisiti, bene o male…

Un attivista marocchino con il suo "strumento di lavoro".

Eccoli i decenni in cui Zine El Abidine Ben Ali e Hosni Mubarak, questi due mostri d’orgoglio e di repressione, hanno tenuto duro al potere con tutta la barbarie della loro tirannia. La piazza li ha appena cacciati con tutto il vigore della sua disperazione e la potenza delle multiple frustrazioni. La sfida tunisina ed egiziana è di non permettere a nuovi tiranni di lasciarsi ancora una volta sopraffare dalla malavita o dagli oscurantisti religiosi. I due popoli hanno avviato questo meraviglioso cammino di riappropriazione di sé e delle proprie libertà. La storia pretende che ora compiano fino in fondo il proprio dovere rivoluzionario!

Cacciati dal potere, Ben Ali e Mubarak godono ora, in esilio, del denaro di cui si sono appropriati indebitamente durante tutto il loro regno. Si tratta di miliardi! Quando un cittadino ruba del pane o distrugge un bene pubblico, viene arrestato e giudicato. Questi dirigenti disonesti saccheggiano tutto ciò che si muove, piegando la testa agli uomini onesti, distruggendo l’economia, la moralità e la giustizia, trafficando voti, cooptando gli uomini più infangati per i loro sporchi compiti e istallandoli nelle postazioni più sensibili per soffocare le nostre speranze di libertà, uguaglianza e democrazia. E, alla fine, beneficeranno dell’asilo politico e si approfitteranno senza dubbio delle fortune che hanno rubato. Questi despoti non hanno bisogno dell’asilo politico, bensì di un tribunale che li giudichi!

Stabile… il Marocco?

Osservo quello che succede in Algeria e noto come i giovani fanno sentire la loro voce. Schiacciato nel guscio di un potere usurpato, il grido della piazza sta segando la parte marcia cui si aggrappa Bouteflika. Il personaggio soccomberà, perché la storia comincia a consegnare la fine dell’autoritarismo. L’aria di libertà che ha soffiato sulla Tunisia e sull’Egitto finirà per spazzar via tutti i piccoli potentati del secolo. Trascurati dai poteri dello stato, i giovani riacquistano la libertà a prezzo della loro stessa vita. Il dopo-Bouteflika è già in corso. I dirigenti di altri paesi della regione farebbero bene a tremare. Hanno realizzato in tempo le riforme necessarie che potrebbero risparmiargli questa fine vergognosa?

La stampa estera rivela una certa calma e stabilità in Marocco. E’ quasi vero. Eppure gli stessi ingredienti che hanno spinto alla mobilitazione tunisini ed egiziani esistono nel mio paese. I giovani diplomati disoccupati (diplômés-chômeurs) manifestano regolarmente davanti al parlamento, si fanno malmenare dalle forze dell’ordine e alcuni finiscono per suicidarsi per la mancanza di speranza.

In dieci anni, il potere marocchino ha messo il bavaglio alla stampa indipendente. I processi burleschi ripetuti contro la libertà d’espressione hanno fatto regredire il paese in materia di diritti e di libertà. I processi della pietra e della ammarya, quelli di Adib, Jalti, Boudkour, Moulay Hicham perseguito, e questo complotto abietto costruito contro la sua persona. Rapidamente, il cordoglio si è riversato sulla città gelidamente ridipinta da speculatori, usurpatori dei nostri beni e assassini delle nostre libertà. Nel XXI secolo, una donna può essere arrestata perché ha affermato: “Mio marito è un fannullone, non vuole lavorare e trascorre il suo tempo seduto con le gambe incrociate, come un re!”.

Il miraggio economico

Capiamoci bene, nessun individuo può essere messo alla pari del re, venerabile e venerato. Il re non può essere considerato un pigro per nessun motivo. Tutti i giorni che Dio mette in terra, viene mostrato in televisione per le strade del suo regno, inaugurando progetti, mettendo la prima pietra per un centinaio di nuovi, compiendo il primo passo in moltissimi altri. Dopo il 16 maggio 2003, i cantieri sono spuntati come funghi, il cemento armato si diffonde a macchia d’olio, le imprese straniere si riempiono le tasche. Il progresso è d’obbligo!

Un giorno però, ci toccherà pagare tutto questo! Con quali fondi? La crisi è mondiale. Attraversa tutto il Mediterraneo. E gli operatori economici non tengono conto né del potenziale umano per gestire queste strutture, né prevedono budget a breve o lungo termine per il loro funzionamento. Ci sono edifici molto appariscenti già completi, ma chiusi. In altri l’equipe è stata modificata dopo l’inaugurazione reale. Certi cantieri sono sospesi o abbandonati e per centinaia di palazzi turistici di gran lusso, ci si appoggia spesso a stranieri. E i nostri diplomati allora? Sono disoccupati. Erroneamente arabizzati e islamizzati in eccesso, sono stati preparati male per la modernità e per il mercato del lavoro. Sono stati imbrogliati con dei programmi invitanti e delle materie triviali. Il mercato del lavoro non richiede a un diplomato di conoscere il Corano a memoria, la sunna o gli hadith. Gli domanda invece efficacia e redditività. I programmi scolastici marocchini hanno preparato i figli del popolo a diventare lettori del Corano sulle tombe e alle veglie funerarie!

Grandezza e decadenza

La guerra aperta del Makhzen alla comicità e alla risata, questo processo ricorrente contro un aneddoto, un disegno, una caricatura, una parodia, un gesto, una parola “infelice”... Non sanno che ogni colpo inferto alla nostra libertà scava sempre di più la loro tomba! Tutti gli uomini morti nei commissariati sotto tortura, e tutti quelli che rappresentano le associazioni dei diritti dell’uomo, tempestati di domande, arrestati, torturati, processati e buttati in prigione…

E’ insospettabile la nostra miseria quando ci si sveglia la mattina per le grida dei torturati del centro di Témara! Questo non succede nel Medioevo ma nel XXI secolo, nel più bel paese del mondo!

L’alternanza nel Makhzen ci ha fatto perdere l’occasione di liberarci nel 1998. Da allora i nostri miti sono crollati, i nostri sogni fratturati e i nostri simboli immolati sull’altare dell’opportunismo, dell’incuria e dell’ipocrisia. Ma andiamo! La storia, si sa, è fatta di tragiche negligenze… ma è fatta anche da tragici tradimenti. Cacciato dalla direzione dell’USFP (Union Socialiste de Forces Populaires) Elyzaghi si aggrappa alla sua poltrona ministeriale con accanimento e disperazione come un naufrago si afferrerebbe a una tavola marcia. Durante l’impero romano, tutti i cammini portavano a Roma. Nel regno dei buffoni, i cammini della schiavitù conducono alla funzione pubblica. E Jurassic Park dell’USFP si è prestato bene al gioco circense del Makhzen con la sua gamma d’inchini e baciamano. Che decadenza! Tutte queste figure sfatte della vecchia guardia sbarazzatesi delle maschere e a immagine stessa della tragicommedia storica dell’alternanza consensuale. La nostra tragedia si chiama Youssoufi, ha fatto perdere l’occasione al paese di esigere una reale alternanza democratica.

Vedendo queste figurine che imperversano nelle de camere, sedi dei cosiddetti rappresentanti del popolo, vedendo la carica attribuita a un uomo con numerosi scheletri nell’armadio, vedendo la miseria ostentata a ogni angolo della strada, a ogni incrocio, vedendo dei bambini drogati, vedendo questi giovani privi di avvenire, vedendo la corruzione fare la figura della legge, vedendo quest’amministrazione schifosa, ricca di disumanità, stupidità e vile arroganza, vedendo questi ospedali della morte, vedendo il sistema educativo che produce solo una gioventù fallita e dei diplomati disoccupati, destinati al pestaggio da parte delle forze dell’ordine sulle grandi arterie della capitale, prima di andarsi a immolare col fuoco davanti ai ministeri, vedendo tutti i soldi del contribuente sottratti e spesi oltraggiosamente per una manciata di individui, vedendo l’opposizione logora e con i suoi felini del passato divenuti docili e ammaestrati tra le mani del palazzo, vedendo questo simulacro di giustizia, colpita dal massacro della legge, del diritto, della libertà della democrazia; vedendo tutto il denaro che va in fumo ogni anno nei festival di propaganda vani, quando un cantante spagnolo totalmente fatto abbassa i pantaloni e mostra il suo fondoschiena agli spettatori delle due rive del fiume Bouregreg, mentre che il popolo non ha accesso all’essenziale, andiamo.. Sono così tante le disgrazie da prendere in considerazione, così tante le calamità da enumerare!

Il terrorismo come pretesto

Beninteso, il terrorismo è un pretesto. L’Occidente chiude gli occhi di fronte alle estorsioni dei nostri dirigenti che arrestano a tutto spiano, imprigionano e assassinano, instaurando così un clima di panico che gli permette dirottare delle fortune sotto lo sguardo terrorizzato di silenziosi. La grande lezione delle rivoluzioni tunisina ed egiziana è la seguente: la voce della piazza è più determinante del terrore dell’assolutismo. Il popolo prende in mano il suo destino senza violenza e al di fuori di qualsiasi ingerenza politica o religiosa.

L’Occidente ci ha ripetuto fino alla sazietà che la monarchia marocchina era un bastione contro l’islamismo. Il 16 maggio 2003 ha dimostrato che questa non era altro che mistificazione. Il paese si è svegliato, vacillante e sconvolto, sotto le macerie del terrorismo cieco. La rottura con il mito si era appena consumata. Quel giorno, i giovani delle bidonville di Sidi Moumen e Kariane Thomas hanno fatto andare in frantumi questa leggenda servita come una piatto pronto dalla monarchia come scudo contro l’integralismo. L’affarismo di palazzo ha fatto il resto.

Ma non bisogna dire niente, a causa della nostra specificità marocchina. Continuare con la falsità dei dominatori e il terrore di vinti. Beh, quante cose sacre ci sono nel mio paese! Il re è sacro. Tutto ciò che gli appartiene è sacro. Il suo nome e la sua foto sono sacri. Ogni membro della sua famiglia è sacro. La religione è sacra. Il Corano è sacro. Il Sahara è sacro. La Costituzione è sacra. La bandiera è sacra. L’esercito è sacro. L’unità territoriale è sacra. Solo il cittadino non lo è! Così il Makhzen ci ha assediato da ogni lato, ha imbavagliato la libertà d’espressione, preso in ostaggio le nostre libertà e i nostri slanci democratici. Guai a chi osa parlare contro la discorso ufficiale! Guai a chi cerca di ragionare contro il pensiero unico del Makhzen! Guai a colui che emerge e riesce al di fuori del benvolere del principe!

“Sarkozy complice!”

A Parigi, Sarkozy ha finalmente riconosciuto che il suo governo non ha compreso “le reali dimensioni dello sconforto” del popolo tunisino. E per gli altri popoli, Parigi ha capito fino in fondo la loro disperazione? Inesistente o complice dei sistemi mafiosi, la diplomazia francese prende la giusta misura solo degli interessi della Francia, che oltretutto può sbolognare i suoi aerei, le sue armi, i suoi TGV e altre cose da quattro soldi a delle popolazioni che si trovano nell’afflizione più totale. E per questi contratti, la Francia stringe la mano ai nostri detrattori per aiutarli ad assoggettarci, disumanizzarci, farci morire di fame e depauperare i nostri paesi delle loro ricchezze.

Il silenzio della Francia e il suo sostegno hanno un prezzo. Si produce a dispetto delle nostre grida soffocate, del fango delle nostre bidonville, della degenerazione dei nostri bambini di strada, dei corpi torturati di innocenti, della disperazione dei nostri giovani che muoiono ogni giorno. Chiudendo le sue frontiere, assiste al massacro, come niente fosse, come se l’Illuminismo, la rivoluzione del 1789 e la dichiarazione universale dei diritti dell’uomo non la riguardassero. Sostiene i Ben Ali e soci contro le povere popolazioni colpite dalle pallottole vere quando scendono in piazza per rivendicare un po’ di dignità e di giustizia. Uno slogan della ribellione tunisina diceva bene “Ben Ali assassino, Sarkozy complice!”. Neocolonialista, l’ambasciatore di Francia non ha capito niente, sarà cacciato al suo turno dagli stessi tunisini.

Ricordare Sidni Ifni…

A Rabat non dimentichiamo le vittime disperate di Sefrou, Sidni Ifni, Laayoune, Midelt, Khenifra ecc., il cui sangue è colato molto prima di quello della Tunisia o dell’Egitto. Queste hanno espresso il loro disgusto di fronte all’indifferenza delle autorità per la miseria che ha mandato incancrenito il loro quotidiano e la loro pazienza. Poichè il malessere del popolo si riproduce dappertutto con le stesse modalità e la rivolta si esprime con la stessa determinazione contro gli assassini della speranza. Che i dirigenti arabi lo vogliano oppure no, nessun paese sfuggirà alla rabbia popolare. Per il fatto di essere nel loro ruolo, si pensano sacri, intoccabili, indispensabili, inamovibili. Ogni tirannia ha una fine. E la fine di tutte le tirannie è tragica. La ricetta di qualsiasi misura di sicurezza non funziona più perché ha creato le condizioni ideali della schiavitù. La lezione tunisina e egiziana deve far riflettere i popoli sul loro divenire! Il Marocco saprà rispondere per tempo all’appello della storia, o accetterà definitivamente che un pugno di famiglie accumuli funzioni, ricchezze e poteri con arroganza e nel disprezzo assoluto del diritto?

Finalmente l’America ha capito?

I popoli arabi stanno dando all’Occidente una grande lezione di umanesimo rivoluzionario. E questo movimento a catena andrà fatalmente aldilà del mondo arabo. Se dopo il comunismo, l’Islam è diventato il nemico da abbattere per gli Stati Uniti, le rivolte in Tunisia, Egitto, Libia, dimostrano che i nostri popoli sono capaci di mobilizzarsi per la dignità, la giustizia e la libertà, oltre qualsiasi connotazione religiosa. Nel discorso di Barack Obama a tutti i musulmani del mondo dopo Il Cairo, bisogna leggerci la determinazione dell’amministrazione americana in quanto al rispetto delle libertà e delle scelte dei popoli. L’America avrà finalmente capito che la democrazia non si impone con le armi? Avrebbe scelto di sbarazzarsi dell’integralismo e del terrorismo sostenendo il diritto dei popoli oppressi e non più i guadagni degli autocrati?

In un momento in cui i partiti politici arabi di sinistra non compiono più il loro ruolo, la crisi economica mondiale, il fenomeno Wikileaks, Twitter e le altre tecnologie informatiche si incaricano di liberare l’uomo sottomesso al libero arbitrio dei cleptocrati. Gli strumenti al servizio della rivoluzione sono cambiati. Virtuali e planetari, sono più sbrigativi delle demagogie partigiane. Se il cambiamento di rotta radicale decretato da Obama è reale, se l’America cerca la sicurezza delle sue frontiere e la pace nel mondo, la testa dei potentati arabi e africani deve inevitabilmente venir giù per permetterci di realizzare la nostra condizione di uomini oltre ogni egemonia. E allora il Presidente Obama avrà meritato il premio Nobel per la pace perché non avrà frenato il trionfo della libertà. Ormai la storia è in marcia. Dopo questo risveglio spontaneo e inatteso della coscienza araba, il mondo non sarà mai più come prima.

Tradotto da Debora Del Pistoia per PeaceLink. Il testo è liberamente utilizzabile a scopi non commerciali citando la fonte (PeaceLink) e l'autore della traduzione.
N.d.T.: Tel Quel è un settimanale marocchino relativamente "indipendente" (e che di fatto è stato censurato in qualche episodio). Sul numero di questa settimana dedica sedici pagine alle manifestazioni del movimento "20 febbraio".

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