Conflitti

Guerre globali e permanenti

In Africa centrale la prossima guerra di Obama

Washington autorizza l'invio di un centinaio di militari in Africa centrale per dare la caccia a Joseph Kony, leader dell'Esercito del Signore, gruppo responsabile di gravi crimini umanitari. Verso una nuova escalation militare USA nel continente...
17 ottobre 2011

Dopo Afghanistan, Iraq, Pakistan, Yemen e Libia è l’ora dell’escalation militare USA in Africa centrale. Assassinato Osama bin laden, sconfitto Gheddafi, il nemico number one dell’amministrazione Obama è divenuto Joseph Kony, il capo supremo del Lord’s Resistance Army (Esercito del Signore), l’organizzazione di ribelli ugandesi che dalla seconda metà degli anni ’80 ad oggi si è macchiata di gravi crimini contro l’umanità, massacri, stupri e rapimenti di bambini e adolescenti.

Con una lettera al Congresso, il presidente Barack Obama ha annunciato l’invio in Africa centrale di un “piccolo numero di militari equipaggiati per il combattimento” per “fornire assistenza alle forze armate locali impegnate a sconfiggere Joseph Kony. Si tratta, in una prima fase, di un team di “consiglieri” delle forze operative speciali USA, il cui numero dovrebbe crescere entro un mese a un centinaio tra militari e “civili”, compreso un “secondo gruppo equipaggiato al combattimento con personale esperto in intelligence, comunicazioni e logistica”. I militari hanno raggiunto l’Uganda, ma successivamente le forze armate statunitensi potrebbero estendere il loro raggio d’azione al Sudan meridionale, al Darfur, alla Repubblica Centroafricana e alla Repubblica Democratica del Congo. Il controllo della missione è stato affidato allo Special Operations Command - Africa, il comando per le operazioni speciali nel continente con sede a  Stoccarda (Germania).

“Il personale USA fornirà informazioni e consulenza, ma non sarà impiegato per combattere”, scrive Obama. “Non entrerà in azione contro i miliziani del Lord’s Resistance Army se non perché costretto all’auto-difesa. Sono state prese tutte le precauzioni per assicurare la massima sicurezza al personale militare USA durante la sua missione”.

Il portavoce di USAFRICOM, il comando degli Stati Uniti per l’Africa, Vince Crawley, ha dichiarato di non sapere sino a quando sarà necessario disporre dei militari in Africa centrale, “tuttavia le nostre unità sono preparate per tutto il tempo che servirà a consentire alle forze armate della regione d’intervenire contro l’LRA in modo autonomo”. Per il Pentagono l’obiettivo a medio termine dell’intervento è la costituzione di una brigata mobile con un migliaio di uomini delle forze armate di Congo, Repubblica Centroafricana, Sudan ed Uganda, a cui l’Unione Africana affiderà i compiti di pattugliamento delle frontiere. Secondo quanto riferito alla BBC da una fonte diplomatica USA, il piano fa pure affidamento sull’intervento della Nigeria e del Sud Africa, “le due sole nazioni africane che hanno le adeguate capacità logistiche”. Per la BBC, anche se nei documenti ufficiali il riferimento è solo al Lord’s Resistance Army, è forte il sospetto che “questa brigata potrebbe intervenire in operazioni esterne contro i gruppi di al-Qaeda in Maghreb e coloro che stanno tormentando oggi le aree del Mali e della Mauritania”.

Nel dicembre 2008, gli eserciti di Uganda, Repubblica Democratica del Congo e Sudan lanciarono una violenta offensiva militare contro i miliziani dell’LRA (Operazione Linghting Thunder). Determinanti furono il supporto logistico, le armi e le apparecchiature “non letali”, per il valore di 23 milioni di dollari, forniti da Washington. Secondo i maggiori quotidiani USA, l’operazione fu pianificata direttamente dagli strateghi del Comando AFRICOM di Stoccarda (Germania). Diciassette consiglieri militari furono inviati in Uganda per lavorare a stretto contatto con gli ufficiali locali e fornire i dati d’intelligence e le riprese satellitari sugli accampamenti nel parco nazionale di Garamba in cui si nascondevano gli uomini di Joseph Kony.  L’intervento contro l’LRA si rivelò tuttavia fallimentare e per certi versi pure controproducente: le milizie ribelli scampate ai bombardamenti si vendicarono contro la popolazione civile, massacrando più di 900 persone, in buona parte donne e bambini. L’Esercito del Signore si rifugiò in Darfur, Congo e Repubblica Centroafricana, paese quest’ultimo dove vivrebbe adesso Kony. Alcune organizzazione per i diritti umani con sede negli Stati Uniti affermano tuttavia che le forze ribelli non disporrebbero di più di 400 uomini, un dato che lascia apparire del tutto sovradimensionata ed ingiustificata la mobilitazione militare internazionale contro il “pericolo” LRA.

Secondo il Pentagono, personale militare USA è stato impiegato per lungo tempo nell’addestramento delle forze armate ugandesi in funzione anti-Kony. Washington ha fornito al paese africano aiuti militari per 33 milioni di dollari, principalmente apparecchiature di telecomunicazione e e camion per il trasporto truppe. Lo scorso anno, 550 uomini di US Army Africa, il Comando per le operazioni terrestri nel continente con base a Vicenza, hanno partecipato a Kitgum, nord Uganda (area di aperto conflitto contro l’LRA), ad una delle maggiori esercitazioni mai realizzate in Africa (Natural Fire 10), congiuntamente ai reparti armati di Kenya, Tanzania, Uganda, Rwanda e Burundi. Lo scorso mese d’aprile, ancora con il coordinamento di US Army Africa, il nord Uganda è stato sede di una vasta operazione di lancio paracadutisti, a cui hanno partecipato militari ugandesi, il 21st Special Troops Battalion dell’esercito USA con sede a Kaiserslautern (Germania) e la 197th Special Troops Company della Guardia Nazionale dell’Utah.

Dal 2003 gli statunitensi sono impegnati pure nell’addestramento delle ri-costituite forze armate del Congo, accusate da più parti (comprese alcune agenzie Onu) di efferate violenze contro la popolazione civile. Il Dipartimento di Stato, in particolare, ha finanziato una luna missione di “consiglieri” dell’US Special Operations Command - Africa, prima a Kisangani e successivamente nella regione meridionale del paese. Nello specifico, il team ha curato la formazione sul campo nelle attività di sminamento e distruzione di vecchie munizioni inesplose. Come recentemente annunciato dall’ambasciatore USA in Congo, un battaglione di fanteria leggera congolese, formato e addestrato da personale USA, ha raggiunto la città di Dungu, nel nord-est del paese, per “combattere contro le milizie del Lord’s Resistance Army”. Per creare da zero questo battaglione mobile, Washington ha speso circa 15 milioni di dollari, quasi un quarto dell’ammontare dei programmi di “riforma del settore difesa” destinati al Congo nel 2010. Intervenendo ad un seminario dell’ultraconservatore Center for Strategic and International Studies di Washington, il generale Ham, comandante AFRICOM, ha annunciato che le forze armate USA “accresceranno il proprio aiuto a favore delle forze armate del Congo e della Repubblica Centroafricana contro l’LRA”. “Se mi chiedete se nel mondo esiste oggi il diavolo, io rispondo che esiste nella persona di Joesph Kony e della sua organizzazione”, ha concluso Ham.

La guerra a “bassa intensità” contro l’Esercito del Signore venne lanciata dall’amministrazione USA dopo l’approvazione con voto unanime dei congressisti (primavera del 2009) del cosiddetto LRA Disarmament and Northern Uganda Recovery Act, che invocava il pugno duro per “chiudere definitivamente la lotta al gruppo ribelle di Joseph Kony”. Nel novembre 2010, il presidente Obama presentò al Congresso un piano per “smantellare” il Lord’s Resistance Army e catturare il suo leader. Quattro gli obiettivi chiave: “maggiore protezione dei civili; rimozione di Kony dal campo di battaglia; promozione degli sforzi per reintegrare nella società i restanti combattenti dell’LRA; potenziamento dell’intervento umanitario nella regione per assicurare una continua assistenza alle comunità vittime”. Il piano affidava gli interventi ai Dipartimenti di Stato e alla Difesa e a USAID, l’agenzia alla cooperazione e allo sviluppo degli Stati Uniti d’America.

L’intervento militare USA è stato richiesto alcuni mesi fa dai rappresentanti di quattro “organizzazioni non governative” (Resolve, Enough Project, Invisible Children e Citizens for Global Solutions). Con una lettera aperta al presidente Obama, le ONG lo hanno invitato “a dimostrare tutta la serietà possibile per porre fine alla violenza dell’LRA contro i civili”. “Anche se il supporto a favore dei militari dell’Uganda può sembrare a breve termine il modo migliore per arrestare gli anziani comandanti del Lord’s Resistance Army, è sempre più evidente che essi non sono in grado di farlo”, commentavano i portavoce delle organizzazioni. “La leadership USA ha pertanto l’urgente necessità di trovare alternative praticabili alla strategia odierna e al tipo di sostegno offerto”. Washington li ha prontamente accontentati inviando la special task force in Africa centrale. Alla prossima guerra, militari, ONG e contractor ci andranno piacevolmente insieme. 

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