Siria: « L’esercito ha avuto istruzioni di non sparare sui manifestanti»
Bouthaina Shaaban fa parte della lista dei dieci siriani inseriti nella lista americana per l’applicazione di sanzioni individuali contro il regime di Assad. È la consigliera politica del presidente. Madre di mezza età e scrittrice, parla un perfetto inglese e si sente a casa sua a Parigi come al Cairo… E tutti i suoi capitali negli Stati Uniti sono congelati. Impressionante.
Dopo essermi accomodato nel suo ufficio a Damasco, le ho posto una domanda che andava da sé: che impressione fa essere sulla lista delle sanzioni della nazione più potente al mondo? “Nessuna in realtà”, ha risposto lei, veloce come un fulmine. “Non ho capitali – ad eccezione del capitale d’amore per il mio popolo. Gli americani comprendono nella parola “capitali” unicamente i dollari, e io non ho dollari da nessuna parte nel mondo…”
Il “capitale del mio popolo” sa un po’ di cliché. Ma lei ha toccato il tasto giusto. Non è sulla lista europea delle sanzioni – non ancora – e pensa di poter andare in Europa se lo desidera. “E’ un po’ ironico, davvero, essere su una lista delle sanzioni americana quando i miei libri sono in vendita dappertutto negli Stati Uniti. Al momento attuale, il mio unico progetto di viaggio è un possibile viaggio in Arabia Saudita.”
E’ una di quelle interviste frequenti in Siria – Shaaban preferisce uno scambio senza registrazione. Io insisto per registrare. Una volta lanciata, non posso più fermarla, e lei conferma tutto ciò che gli altri siriani a Damasco dicono: che la situazione della sicurezza a Homs è terribile, che l’esercito è attaccato in tutto il paese. Chiunque abbia una targa militare sulla propria auto è un bersaglio. Shaaban stessa è di Homs. “Oggi è il secondo anniversario della morte di mia madre e come lei ben sa noi amiamo andare sulla tomba dei nostri cari per l’anniversario della loro morte, ma io non posso andare sulla tomba di mia madre - ..Ho paura di essere uccisa a Homs. Stanno soffrendo tutti adesso.”
“L’altro giorno sono andata a trovare la migliore panettiera di Damasco – lavora sulla strada per l’aeroporto, ho sempre comprato il pane da lei, ma lei piangeva, mi ha detto che certi uomini con la barba sono andati da lei e le hanno detto: “Lei è cristiana e mette il whisky nel pane.” Allora ha dovuto chiudere la panetteria. È questo il tipo di persone che vuole distruggere la Siria. Ora, le persone, per la prima volta, sono attente alla religione dei loro vicini. Questa cosa non era mai successa prima. Sa, la Siria è uno dei paesi dove le persone hanno dei nomi che corrispondono a dei mestieri – come Najr (falegname) e Haddad (fabbro). Ma ora le persone si chiedono qual è la loro religione.”.
La narrazione politica è, naturalmente, familiare. La violenza è diretta contro l’esercito. “E’ diretta contro i nostri edifici pubblici e le città. Tutto questo non ha niente a che vedere con delle manifestazioni politiche. Questa violenza è la cosa più pericolosa che accade oggi in Siria. I siriani vogliono tutti vivere in pace, e far avanzare il pluralismo e le riforme. Questa violenza non porta alla democrazia. C’è evidentemente un settore per cui l’interesse è nel conflitto e non nelle riforme. Hanno ricevuto del denaro per sparare sui manifestanti e sulle forze di sicurezza…oppure sono degli estremisti fondamentalisti”.
Mi sono già trovato in questa situazione. Certo, certo – ho detto a Shaaban, quelle terribili immagini su YouTube dei manifestanti colpiti a Deraa, a Homs e Hama erano reali. Si vedono anche dei soldati siriani voltarsi e sparare sull’uomo intento a filmarli con la sua videocamera. Noi tutti sappiamo quanto questi servizi segreti possano essere brutali. Mi ricordo – ma non vi faccio cenno – di essere passato davanti alla sede della “muhabarrat” non lontano dal mio hotel e di aver detto ad un amico quella notte stessa che dovevano essere ancora nel pieno del lavoro con gli “interrogatori”. “[Questi interrogatori] avvengono nei sotterranei”, ha detto lui. “Non ti piacerebbe sapere cosa succede là sotto.”
“Credo che lei debba conoscere le due facce della storia”, è stata la risposta. “Io non sarei in grado di raccontarle l’altro lato della storia. Ci sono sempre due lati della storia ormai…Non voglio difendere nessuno, ma all’inizio della crisi, il nostro esercito e la nostra polizia e i servizi di sicurezza hanno sopportato sacrifici terribili, ma è stato detto loro di non sparare sui manifestanti. Io davvero non so perché la gente dovrebbe fare questo genere di cose. I civili siriani che sono andati in Turchia…sono tornati e hanno detto che i Turchi gli avevano promesso un passaporto, tutte cose che si sono rivelate false. Perché una persona che volesse fuggire da Idlib dovrebbe andare in Turchia? Andrebbero piuttosto ad Aleppo."
Dico a Shaaban che ho passato ore a parlare con i rifugiati siriani in Libano, poveri agricoltori che raccontavano delle storie terribili di milizie “shabiha” e della brutalità dei servizi segreti nel loro villaggio di Tel Khalak. Certo, lei non crede che questa gente si sia inventata tutte queste cose? Lei parla di “gruppi armati” che manipolano queste persone e di come “le armi passano attraverso le frontiere”. “A Deraa abbiamo trovato delle armi israeliane. Ho detto alla nostra gente che dovevano mostrare queste armi ai media…”
Com’è possibile che quelli che erano i migliori amici della Siria – Turchia e Qatar – oggi sono tra i suoi più ardenti detrattori, le ho chiesto? “Credo che l’atteggiamento della Turchia sia un mistero. Quando si ha un buon amico – ed è la Siria che ha aperto ai Turchi la porta d’ingresso del mondo arabo, permettendo ai Turchi di venire qui senza visto, e la Siria è stata poi inondata da prodotti turchi – noi non ci aspettavamo di doverci conformare alle politiche di un altro popolo. Credo che in gioco vi siano ragioni più grandi, ulteriori motivi. Ci deve essere uno scudo anti-missile in Turchia, che è membro della NATO – non so quale sia la fetta di torta per la Turchia in cambio di ciò. Ieri, quando ho ascoltato le dichiarazioni di un ufficiale turco su di noi, mi sono sentita come se lui fosse il maestro e noi gli scolari. Noi non abbiamo fatto niente per provocare questa presa di posizione della Turchia.”
C’è perplessità di fronte alla condanna feroce che viene dal Qatar, ma anche un senso di sollievo perché sembra che la riunione di mercoledì tra i siriani e la Lega araba sia andata bene. “Credo che siano venuti con un atteggiamento positivo. Hanno detto che la Siria è un paese molto importante nel mondo arabo, che tutto ciò che succede in Siria avrà influenza su tutti gli arabi. Ovviamente, molte delle loro domande erano basate sui racconti di Al-Jazeera e di Arabia [i canali televisivi].”
Articolo originale:http://www.independent.co.uk/opinion/commentators/fisk/robert-fisk-the-army-was-told-not-to-fire-at-protesters-2376892.html
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