Siria: alla ricerca del dialogo
La crisi siriana sta diventando sempre più complicata e sta evolvendosi in direzioni diverse e pericolose, ora che i contorni di questa crisi sono andati oltre i confini geografici della Siria e hanno assunto una dimensione regionale e internazionale. Ciò potrebbe costituire un motivo di aggravamento della crisi, ma, allo stesso tempo, potrebbe anche essere un fattore che possa condurre ad una soluzione, non appena le circostanze opportune si verifichino.
Due sono le ragioni interne della crisi: la sicurezza e le condizioni politiche. Esse hanno giocato un ruolo vitale nella nascita della crisi e hanno pure spianato la strada all’intervento straniero; vanno considerate fondamentali nel determinare o l'inasprimento della crisi, che sta diventando pericolosamente esplosiva, o il raggiungimento di una soluzione.
Per quanto riguarda la sicurezza, si potrebbe dire, senza entrare nei dettagli, che in quattro governatorati prevale sì una situazione esplosiva. Ciò è soprattutto il caso a Homs, che è la situazione più pericolosa, da un lato a causa della sua posizione geografica al confine con i territori libanesi, considerati il corridoio per gli aiuti stranieri forniti ai gruppi armati, e dall'altro a causa del numero di vittime civili innocenti. Si potrebbe dire a questo proposito che, volendo considerare il dispiegamento militare come tentativo di stanare i gruppi armati, sarebbe possibile comprenderlo quale tentativo da parte dello Stato di riaffermare il suo controllo sul territorio. Tuttavia questo obiettivo si può ottenere senza un uso eccessivo di forza nei sobborghi di Homs, le cui conseguenze sono la perdita di un gran numero di vite innocenti, la demolizione di case ed edifici, e la creazione di tragedie umanitarie che si sarebbero potute evitare in passato e che potrebbero essere risparmiate anche ora. Sia sul piano umanitario che politico, non è tollerabile lasciare continuare la situazione a Homs come a presente.
Occorre un approccio che conduca ad unire agli sforzi del governo quelli della popolazione civile, per riportare alla normalità la città, senza le ingiustificabili trasgressioni commesse in nome della sicurezza e che non servono affatto a stanare i terroristi ed i gruppi armati. Sono la gente di Homs, le sue istituzioni, i poteri politici e le personalità di rilievo che dovrebbero lavorare di concerto per garantire la sicurezza della città, per fornire ciò che è necessario per soddisfare i bisogni umanitari e per contribuire a ripristinare la normalità.
Una siffatta politica comporterebbe la deposizione delle armi illegali e la loro consegna allo Stato, il ritiro dell’esercito e del personale armato dalla città e dai suoi quartieri, il rilascio dei prigionieri innocenti, la fornitura di aiuto medico ai feriti, la ricostruzione delle case e degli edifici demoliti e l’avvio immediato di una riconciliazione popolare, affrontando i motivi di doglianza e le sensibilità di origine etnica e incoraggiando lo spirito di tolleranza.
Raggiunta una soluzione basata sui principi appena indicati, diventerà possibile cominciare ad affrontare anche la grave situazione ad Aleppo. Anche in questo caso crediamo che dovrebbero unirsi agli sforzi di normalizzazione intrapresi dalle istituzioni anche i comitati popolari. I rappresentanti dell’opposizione non violenta dovrebbero partecipare a questi sforzi:
- per ricevere le armi consegnate dai gruppi armati illegali, in cambio del ritiro delle forze militari dispiegate nelle aree residenziali,
- per ripristinare il ruolo delle istituzioni pubbliche e la dignità dello Stato,
- per adottare ogni provvedimento che impedisca l’infiltrazione di rifornimenti attraverso i confini turchi e, infine,
- per aiutare questo governatorato a ripristinare la vita normale.
Diverse zone del nostro paese sono testimoni di conflittualità di vario tipo, che spazia dalle dimostrazioni pacifiche e non provocatorie (che non costituiscono nessun pericolo per la sicurezza dello Stato e pertanto vanno trattate pacificamente), agli atti provocatori che hanno l’obiettivo di accrescere la tensione, ed infine alle vere e proprie operazioni criminali, volte a devastare le istituzioni pubbliche, con omicidi, rapimenti, atti di sciacallaggio e blocco delle strade principali. Queste trasgressioni devono essere affrontate e fermate. Qualsiasi lettura della situazione generale della sicurezza induce a pensare che i gruppi armati ormai hanno perso l’iniziativa mentre lo Stato sta gradualmente riconquistando il suo ruolo. È necessario sottolineare qui che è possibile eliminare queste situazioni di tensione, per diverse che siano, solo attraverso una soluzione generale pacifica che isoli i gruppi armati e rispetti il diritto dell’opposizione patriottica pacifica a perseguire legalmente la sua opera politica.
Finora, a livello politico, nessun progresso è stato raggiunto per quanto riguarda il dialogo tra le parti sul piano nazionale, nonostante gli sforzi fatti anche da parte nostra. Sostanzialmente le ragioni di questo fallimento sono due: la paura dell’opposizione patriottica e l'atteggiamento del Consiglio Nazionale Siriano locale, il quale rifiuta qualsiasi iniziativa di dialogo prima che il regime sia rovesciato, considerando come traditore chiunque accetti il dialogo.
Allo stesso tempo, i due principali partiti d'opposizione soffrono di contraddizioni interne riguardo alla questione dell’intervento straniero. Le posizioni adottate dal Comitato di Coordinamento sono generalmente accettabili. Tuttavia non si può accettare che questo Comitato si mostri disposto ad avviare il dialogo con tutto il mondo, comprese le nazioni imperialiste nemiche, e contemporaneamente rifiuti ogni dialogo con lo Stato, quali che siano le giustificazioni.
Ma non bisogna perdere la speranza di poter avviare un dialogo. Inoltre, crediamo sia doveroso da parte dello Stato offrire più iniziative per facilitare l’inizio di questo dialogo.
Ciò che è incoraggiante al riguardo, è che ci sono settori considerevoli della cosiddetta ”opposizione intransigente” che hanno iniziato a capire, in seguito al fallimento del tentativo di rovesciare il regime o di sollecitare l’intervento straniero, che la loro posizione è senza speranza. Infatti, i dati seguenti dimostrano il fallimento della campagna imperialista contro la Siria e il crollo dei loro progetti:
1. La marcia indietro turca la cui politica passa da una chiamata all’intervento militare alla richiesta che l’intervento avvenga sotto copertura di una risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, o altrimenti da Cipro o via mare [cioè non dal territorio turco – ndt].
2. La perdita di entusiasmo da parte degli USA che si può leggere nell'affermazione fatta da responsabili della CIA secondo cui sarebbe ormai difficile intervenire in Siria a causa della comparsa di un nuovo attore, Al-Qaeda.
3. Il fallimento della risoluzione ONU, non approvata dal Consiglio di Sicurezza, grazie al veto russo e cinese.
4. L’inflessibilità della Russia che considera la sicurezza della Siria parte integrante della sicurezza russa. Inoltre, si sta delineando una nuova mappa politica del mondo e Cina, Russia, Iran ed altri paesi si stanno costituendo come il centro di una Potenza mondiale parallela al fronte occidentale. Tutti gli stati membri di questo gruppo sostengono la Siria. [Il documento allude all'Organizzazione di Shanghai per la Cooperazione: http://it.wikipedia.org/wiki/Organizzazione_di_Shanghai_per_la_Cooperazione – ndt]
5. Il supporto iraniano multilaterale alla Siria.
6. La crisi economica mondiale che accresce il fardello che pesa sulle spalle del sistema capitalistico mondiale.
7. L'ammorbidimento della posizione di alcune realtà arabe, per esempio, Algeria, Libano, Iraq...etc. Inoltre, è in atto un cambiamento nell'atteggiamento popolare arabo e un tentativo di iniziare a comprendere la crisi.
8. La paura delle potenze occidentali che Israele possa diventare la maggiore vittima di una qualsiasi operazione militare contro la Siria.
9. La ferma posizione nazionale assunta dalla Siria, e l'assenza di segnali che la Siria possa fare concessioni politiche in cambio di un indebolimento della pressione interna.
Ciò non esclude la possibilità che le potenze occidentali, in particolare la Francia, che sogna di ripristinare la sua influenza nella regione, possano tentare di spianare la strada ad una operazione militare della NATO non autorizzata dal Consiglio di Sicurezza, trasgredendo i dettami del Consiglio di Sicurezza in diversi modi: lo sfruttamento morale della risoluzione dell'Assemblea Generale ONU, il ricorso al Consiglio dei Diritti Umani, il ricorso alla Corte Penale Internazionale, la convocazione di conferenze provocatorie e di propaganda come la cosiddetta Conferenza “Amici della Siria”. Tale operazione, qualora avesse luogo, sarebbe una mossa molto stupida, un'avventura fallimentare; tuttavia questa possibilità non può essere ignorata e se ne discute nella regione.
Comunque, è più probabile che l'impossibilità di attuare una tale stupidaggine faccia scegliere alla coalizione internazionale contro la Siria di perpetuare lo status quo, perpetuare cioè la continuazione della carneficina interna, l'intensificazione dei rifornimenti ai gruppi violenti di armamenti, denaro e personale, l'intensificazione delle campagne mediatiche e il perseguimento delle pressioni politiche ed economiche. Avendo cercato molte volte di attirare l'attenzione su questi pericoli, chiediamo che le riforme politiche, sociali ed economiche vengano accelerate, che vengano intrapresi passi più forti e rapidi verso il dialogo, verso la soluzione politica e verso il soddisfacimento dei bisogni del movimento popolare e delle masse lavoratrici – tutto ciò per essere meglio preparati a difendere la nostra terra contro qualsiasi intervento straniero, qualsiasi nome abbia.
La Costituzione:
Il partito ha fatto una dichiarazione – ampiamente diffusa e pubblicata nell'ultimo numero di “Al-Nour” – chiedendo di votare “sì” alla Costituzione nel suo complesso. La nostra posizione riguardo alla nuova Costituzione nasce dalla convinzione che, se venisse adottata e perfezionata nel modo giusto, potrebbe aprire la strada ad una fase storica, importante, del nostro paese, perché aiuterebbe a passare da uno Stato che ha un solo partito e un solo leader ad una nuova fase che potremmo chiamare società democratica e pluralista. E' sbagliato sottovalutare o prendere sotto gamba un cambiamento di questa portata, come ad alcuni piace fare. Stiamo parlando di una nuova Costituzione che getta le basi del diritto per i prossimi decenni, con ogni probabilità. Una volta adottata la Costituzione, le mancanze e i difetti potranno correggersi poiché saranno incompatibili con le trasformazioni che essa proclama. Inutile dire che alludiamo alle giuste richieste dei movimenti popolari nel nostro paese.
Tuttavia, andrebbe subito detto che l'attuazione della Costituzione, specialmente per ciò che concerne la natura di un regime pluralista previsto dagli ordinamenti, non sarà un lavoro facile. All'interno del regime vi saranno gli insoddisfatti, altri che si sono abituati ad un certo modo di pensare politicamente e di governare e per i quali sarà difficile fare un passo indietro. Allora invece di aspettarne l'attuazione bisognerà essere propositivi. La Costituzione dovrebbe essere intesa come punto di partenza per l'adozione di tutta una serie di leggi. Così potremo chiudere il becco ai nemici della Siria che vivono all'estero e che hanno cominciato a criticare la Costituzione prima ancora di leggerla.
La nostra politica
La pericolosa situazione che sta vivendo il nostro paese ci porta ad evidenziare i punti fondamentali della nostra politica, che abbiamo reso nota sin dal momento in cui è scoppiata la crisi e che ribadiamo oggi:
1. Difendere la nostra terra contro ogni intervento straniero – a prescindere dalla denominazione o dalla giustificazione – e considerare questo traguardo come la stella polare delle nostre posizioni politiche.
2. Ripristinare la sicurezza, la stabilità e la tranquillità dei cittadini, mettendo fine alla devastazione, ai sabotaggi, agli omicidi e agli atti di terrorismo contro i cittadini e i beni pubblici e privati.
3. Sottolineare che la soluzione politica deve basarsi sul dialogo, da una parte, con tutti i protagonisti nazionali che sottoscrivono i tre “no” (no all'intervento straniero; no alla violenza; no alla faziosità e agli schieramenti etnici) e, dall'altra, con i vari poteri nelle sedi del dialogo politico.
4. Porre fine a tutte le irregolarità commesse in nome della sicurezza dello Stato, salvaguardare i civili innocenti e, laddove persistono le tensioni, occuparsi delle condizioni di vita e delle condizioni umanitarie della popolazione.
5. Adottare tutte le misure necessarie per riconquistare la fiducia dei cittadini, ivi compresi: (a.) il rilascio dei prigionieri politici, trattenendo solo coloro che hanno commesso reati contro la sicurezza; (b.) la pubblicazione delle conclusioni della commissione preposta all'indagine sugli atti illeciti commessi; (c.) la punizione severa di coloro che li hanno commessi.
6. Accelerare quanto già intrapreso per promuovere una riconciliazione nazionale che abbracci tutti, che diffonda lo spirito di tolleranza e di perdono e che rimuova quanto rimane dei dolorosi combattimenti che hanno segnati alcune zone.
7. Far attuare immediatamente gli articoli della Costituzione, una volta adottata, sia nella lettera che nello spirito; in seguito, avviare le riforme in ogni campo.
8. Adottare tutte le misure necessarie per porre fine al caos dei prezzi, usando il pugno di ferro contro i “mercanti di guerra” che sfruttano le circostanze attuali per ottenere meschini guadagni materiali a spese dei cittadini.
9. Rinforzare la militanza del partito, ampliarne i contatti con le masse e con tutte le forze e tutti i partiti patriottici, vecchi o nuovi, dietro la parola d'ordine “Anzitutto la Patria”.
Damasco 22-2-2012
Il Politburo del Partito Comunista Siriano (Unificato)
Revisione a cura di Patrick Boylan.
Articoli correlati
- Quando Russia e USA collaboravano
Dieci anni fa il disarmo chimico della Siria
In questo saggio del professor Pascolini il lungo percorso che ha portato al disarmo, l'eliminazione e lo smaltimento delle armi chimiche utilizzate dalla Siria nella guerra civile scatenata dalle rivolte del 2011 contro il regime.8 maggio 2023 - Alessandro Pascolini - Come combattere la disinformazione di guerra? Julian Assange ce lo insegna.
Il mio Buon Proposito per il nuovo anno: lettera di una ex-pacifista (ora non più “ex”)
Il 1° gennaio di ogni anno è il momento consueto per formulare i buoni propositi per i 365 giorni a venire. Se ne formulano tanti e di solito se ne mantengono pochi. Una ex-pacifista, ora decisa a non essere più ex, ha invece scelto per quest'anno un solo proposito. Così è più sicura di mantenerlo.2 gennaio 2023 - Patrick Boylan - Le donne nell'economia siriana
Una revisione femminista dei progetti per l'emancipazione economica delle donne
Le donne siriane in generale sono ancora assunte per lavori che continuano a tramandare ruoli di genere tradizionali e patriarcali, come lavori d’ufficio o posizioni che richiedono esclusivamente donne.14 dicembre 2022 - Thuraya Hijazi - Confine Iraq-Siria
Riunite con i loro bambini “futuri terroristi”, le donne yazidi vengono ripudiate
Gli anziani yazidi rinnegano i figli delle ex schiave dello Stato islamico, costringendole a scegliere tra i loro bambini e la loro comunità9 aprile 2021 - Martin Chulov e Nechirvan Mando ad Arbil
Sociale.network