Il conflitto siriano: il trionfo dell’estremismo
Da mesi i media occidentali riportano che il regime siriano sarebbe sull'orlo del tracollo e il suo esercito regolare in piena disintegrazione a causa delle diserzioni che ne starebbero svuotando ranghi.
In realtà, la situazione descritta da altri osservatori preoccupati di informare l’opinione internazionale in modo obiettivo è completamente diversa. Ciò che questi testimoniano contraddice le informazioni riportate dai primi.
Secondo questi osservatori, l’Esercito siriano libero non è affatto nella posizione favorevole attribuitagli dai media occidentali. Infatti starebbe cedendo terreno ovunque al cospetto delle forze regolari del regime e la situazione starebbe diventando insostenibile di fronte all'invio di rinforzi di cui beneficiano i suoi assalitori. Un’evoluzione che spiegherebbe l’intensificarsi delle speculazioni su un possibile intervento in Siria che si sono moltiplicate negli ultimi giorni. Al punto da far reagire Mosca che, per voce del suo vice-ministro degli Esteri Guennadi Gatilov ha ammonito i Paesi occidentali e il Medio-Oriente di “non cercare un pretesto per un intervento militare in Siria”.
La ramanzina russa è arrivata dopo che alcuni media occidentali, imboccati da alcune fonti d’informazione, avevano supposto lo spostamento di armi chimiche di cui disporrebbe l’esercito regolare, ma anche in seguito all'appello lanciato dal Qatar per un intervento armato arabo. Ben informata sulla realtà delle cose, la Russia sa che si tratta di disinformazione e di iniziative volte a correre in soccorso di una rivolta ormai con le spalle al muro. La quale ha lanciato il segnale di essere allo stremo iniziando a rivendicare gli attentati con autobombe che si sono moltiplicati in Siria e che in precedenza aveva attribuito al regime. Questo modo di agire nella violenza, che gli occidentali si affrettavano a denunciare quando l’Esercito siriano libero accusava il regime di farvi ricorso, non indigna più essendo ora opera dei rivoltosi. Gli attentati secondo questo modus operandi sono un indizio che sottolinea che l’Esercito di liberazione siriano ha perso le sue capacità di affrontare diversamente l’esercito regolare del regime, ma anche che sarebbe gremito dei suoi “amici stranieri” venuti a battersi al suo fianco e di cui questo modus operandi è il segno distintivo.
Il prolungamento del conflitto siriano, reso possibile dal rifiuto occidentale e di alcuni Stati arabi di una soluzione politica negoziata per mettervi fine, ha prodotto ciò contro cui essi sono stati messi in guardia: cioè l’incremento di estremismi di entrambe le parti in campo. Ciò a cui si assiste alla vista dell’escalation di violenza del conflitto e della paralisi delle iniziative volte a trovare una soluzione politica accettabile per il regime e la sua opposizione. Il primo ha lasciato la briglia alle sue forze militari con l’obiettivo di sconfiggere la rivolta. La quale non ha più alcuna reticenza ad aprire le sue fila a degli “amici stranieri” che affluiscono in Siria per una guerra e un progetto politico ben diversi da quelli che essa afferma di perseguire e a cui fanno finta di aderire le potenze straniere che la sostengono.
In questo conflitto siriano, la sola certezza che si fa strada è che il popolo siriano vive il più grande incubo della sua storia. Di ciò, né il regime né quelli che lo combattono se ne preoccupano. E i loro alleati stranieri men che meno.
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