Gli USA rafforzano la loro presenza in Africa
WASHINGTON – Il presidente degli USA Barack Obama ha deciso di aprire un nuovo fronte nella guerra contro Al-Qaeda e i suoi affiliati. Venerdì 22 febbraio Obama ha annunciato che circa cento soldati statunitensi sono stati inviati in Niger, nell’Africa occidentale, per contribuire alla creazione di una nuova base dalla quale aerei Predator, non armati, condurranno attività di sorveglianza nella regione.
La nuova base per i droni, per ora situata nella capitale Niamey, è un’indicazione di quanto l’Africa sia diventata una priorità nella lotta degli USA contro il terrorismo.
L’esercito USA ha una presenza limitata nel continente. L’unica base stabile si trova a Gibuti, a oltre tremila miglia dal Mali, paese in cui gli insorti hanno preso il controllo di oltre metà del territorio prima di essere respinti da un esercito sotto comando francese.
In una lettera al congresso Obama ha detto che sono circa quaranta i militari USA arrivati in Niger mercoledì 20 febbraio. Il personale dislocato sul territorio raggiunge così le circa cento unità. Un ufficiale ha detto che le truppe sono in larga parte specialisti dell’aeronautica, personale dei servizi segreti o esperti di sicurezza.
Obama ha detto che i soldati, armati solo per garantire la loro stessa sicurezza, sosterranno l’operazione militare francese che nel mese scorso è riuscita a stanare i combattenti di Al-Qaeda da un rifugio desertico grande quanto il Texas nel vicino Mali.
Il Niger, uno dei più poveri paesi del Mondo, ha firmato nel mese scorso un accordo con gli Usa che offre strumenti per un intervento sempre più massiccio e garantisce protezione legale alle truppe USA lì impiegate.
In un’intervista rilasciata il mese scorso a Niamey il presidente Mahamadou Issoufou si era detto preoccupato per la diffusione della violenza e per il consistente afflusso di rifugiati provenienti dal Mali. Destano preoccupazione anche le crescenti minacce provenienti dalle attività di Boko Haram, un gruppo estremista islamico che ha la sua base nella confinante Nigeria.
Le truppe francesi e africani hanno riconquistato le città del nord del Mali, incluse Timbuktu, Gao e Kidal, ma circa duemila militari si sono ritirati nel deserto e nei rifugi di montagna, iniziando una piccola campagna di guerriglia e di terrore, facendo uso anche di attentatori suicidi, attaccando posti di guardia, infiltrandosi in città liberate o ordinando attacchi da parti di combattenti nascosti fra i civili.
Benjamin Benson, portavoce del Comando per l’Africa a Stoccarda, Germania, in un messaggio e-mail del 22 febbraio ha dichiarato:“Il Comando ha posizionato degli aerei a controllo remoto sprovvisti di armi in Niger, in modo da dare sostegno a una vasta gamma di missioni di sicurezza a livello regionale e di combattimento in accordo con stati alleati”.
Mr. Benson non ha detto quanti aerei o soldati saranno effettivamente dislocati ma altri ufficiali americani hanno detto che la base potrebbe arrivare a ospitare anche trecento persone, fra personale militare e non.
Per il momento, secondo gli ufficiali USA, i droni saranno privi di armi e voleranno solo per espletare missioni di sorveglianza. Non sono stati comunque esclusi attacchi missilistici se la situazione dovesse peggiorare.
Gli ufficiali USA vorrebbero spostare gli aerei ad Agadez, una città del Niger settentrionale più vicina alle aeree del Mali nelle quali agiscono cellule di Al-Qaeda nel Maghreb islamico o altre organizzazioni. Il generale Carter F. Ham, il capo del Comando africano per il Pentagono, ha visitato la base nello scorso mese nell’ambito di un incontro con le autorità del Niger che riguardava una più stretta collaborazione sulle attività di antiterrorismo.
La nuova base si aggiungerà a piccole piste, compresa una in Etiopia, già costruite in tutto il continente. Esse servono per far sembrare i droni o gli aerei a turboelica, impegnati in attività di sorveglianza, degli aerei civili.
Un piccolo numero di droni disarmati colmerà la grande richiesta di informazioni dettagliate sui pericoli della regione, inclusi i combattenti in Mali e l’ininterrotto flusso di uomini e armi dalla Libia. Il generale Ham e altri esperti di intelligence si sono spesso lamentati della mancanza di queste informazioni.
Mentre gli USA aumentavano la loro presenza in Niger, la Russia ha inviato un aereo in Mali pieno di cibo, coperte e altri generi di conforto. Il giorno seguente il ministro degli esteri Sergey V. Lavrov ha messo in guardia rispetto alla diffusione del terrorismo nell’Africa settentrionale, fenomeno che secondo i Russi è legato all’intervento armato in Libia.
Mr. Lavrov ha incontrato lo scorso giovedì Romano Prodi, inviato speciale delle Nazioni Unite nella regione, per discutere della situazione in Mali. La Russia ha sostenuto l’azione francese che aveva come obiettivo il respingimento dei combattenti islamisti. La Russia ha però anche accusato tutto l’Occidente per l’instabilità della regione e in particolare i francesi per aver armato i ribelli che hanno deposto Muammar Gheddafi.
Il ministro degli esteri russo dopo l’incontro ha dichiarato che: “È stata espressa particolare preoccupazione per le attività delle organizzazioni terroristiche nel nord del paese. Esse costituiscono una minaccia per la pace e la sicurezza della regione”. Inoltre: “Le parti hanno convenuto sul fatto che la diffusione incontrollata di armi nella regione come conseguenza della guerra libica ha posto le basi per una espansione della violenza in tutto il Sahel”. Quest’ultima è una vasta regione che si estende per oltre tremila miglia lungo l’Africa, dall’Atlantico all’ovest fino al Sudan all’est.
In una intervista televisiva di questo mese Lavrov ha affermato che: “La Francia combatte in Mali contro le stesse forze che ha armato in Libia contro Gheddafi”.
Il 22 febbraio, secondo alcuni giornalisti, due attentatori suicidi hanno fatto esplodere due autobombe vicino a Tessalit, una città nel nord del Mali, mentre dei combattenti islamisti si scontravano contro i soldati maliani a Gao, più a sud, dove i combattimenti hanno subito una recrudescenza negli ultimi giorni.
I due attentatori suicidi hanno ucciso tre combattenti del Movimento Nazionale per la Liberazione dell’Azawad, conosciuto come MNLA, un gruppo armato di etnia Tuareg che si è alleato con le forze francesi. La notizia è stata riportata dall’agenzia France Presse che cita un portavoce del gruppo. Anche gli attentatori sono morti. Giovedì una guardia e un attentatore sono stati uccisi in un attacco che utilizzava un’autobomba a Kidal, a sud di Tessalit. Obiettivo dell’attacco sembra essere stato un deposito civile di carburante, secondo quanto detto dal ministero della difesa francese.
Il movimento per l’Unità e per la Jihad in Africa occidentale, un ramo di Al-Qaeda, ha rivendicato la responsabilità dell’attacco. Il gruppo sostiene di voler continuare gli attacchi e di voler anche riconquistare Gao, centinaia di chilometri più a sud.
Nel centro di Gao nella tarda mattinata di giovedì delle forze maliane e francesi hanno ucciso circa quindici militanti di “gruppi terroristici infiltrati” che si erano impossessati del tribunale e del comune, secondo il ministero della difesa francese. L’iniziale scontro a fuoco ha coinvolto solo soldati maliani e ribelli ma in un secondo momento sono intervenuti anche diversi veicoli francesi e due elicotteri.
Due combattenti sono stati uccisi vicino a un posto di controllo nel nord della città dopo aver “sporadicamente” attaccato i soldati del Niger che erano di guardia. Almeno sei soldati maliani sono rimasti feriti.
Il 22 febbraio almeno due razzi ribelli e sporadici colpi d’arma da fuoco sono stati rilevati a Gao, secondo un ufficiale maliano citato dall’Associated Press. La maggior parte dei militanti è scappata verso la parte orientale della città a bordo di sette veicoli.
Ufficiali russi hanno più volte sostenuto che l’instabilità nell’Africa settentrionale e gli sconvolgimenti politici in Egitto sono la prova che la primavera araba, sostenuta dall’occidente, ha creato una situazione caotica e un terreno potenzialmente fertile per i terroristi. La Russia ha anche utilizzato gli esempi della Libia e dell’Egitto per giustificare la sua opposizione a qualunque tentativo da parte dell’Occidente di far cadere il presidente siriano Bashar al-Assad.
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