Conflitti

Gianna Nannini racconta l'Iraq

Questa conversazione/intervista tra la reporter indipendente Rosarita Catani e la cantante Gianna Nannini, che ha visitato l'Iraq assieme ad altri volontari italiani, e' pubblicata per la prima volta sul sito dell'Associazione PeaceLink. Piu' che di una "esclusiva", preferiamo parlare di un bellissimo regalo che Gianna ha fatto a Rosarita con la sua intensa testimonianza e che Rosarita ha voluto affidare a noi perche' le parole di Gianna non vengano "tritate" dall'informazione commerciale, ma al contrario possano sostenere l'Iraq e i suoi abitanti trasmettendo una carica di umanita' attraverso i circuiti dell'informazione alternativa.
29 aprile 2003
Rosarita Catani

AMMAN
24 APRILE 2003. - H.: 10.30

Conversazione tra Rosarita Catani e Gianna Nannini

Sono arrivata accompagnata da mio marito all'Albergo dove alloggia Gianna Nannini. Lei è già nell'hall ad attenderci. Ha le sue valigie pronte. Ci saluta con enfasi. Questa notte ha dormito bene. La prima notte che riesce a dormire. Ci sediamo e lei inizia a raccontarci del suo viaggio a Bagdad.
E' molto carica. E' entusiasta di aver fatto questo viaggio con l'associazione Aiutiamoli a vivere.

Cinque di loro, compreso Don Vitaliano, sono ancora a Bagdad e rientreranno Sabato ad Amman.

Gianna Nannini, racconta: "Quando siamo arrivati al confine era notte fonda. Abbiamo dormito in macchina, in pieno deserto. La mattina, abbiamo incontrato due ragazzi palestinesi che studiano in Iraq. Appena hanno visto i telefonini ci hanno chiesto se potevano usarli. I loro familiari non avevano da qualche tempo notizie di loro.

L'Iraq è un paese distrutto. Il primo villaggio che abbiamo incontrato dopo il confine è completamente distrutto. Case, strade, anche l'Ospedale. Tusio, si guarda intorno e dice: "lì c'è un bar, possiamo prenderci un caffè". Macché caffè, non c'era niente, solo desolazione. Non mi aspettavo tutto questo. Ho pianto.
Sai, dice, per televisione ti fanno vedere la guerra intelligente. Io mi aspettavo di vedere Bagdad distrutta e Bassora. Non mi aspettavo certo che un villaggio come quello potesse essere stato bombardato.

Quando racconta i suoi occhi si riempiono di lacrime. Dei ragazzini ci hanno dato loro del caffè per strada. Mi sono fatta forza, non è il momento di farsi prendere dalla commozione, adesso bisogna agire. Bisogna lottare per ricostruire e costruire qualcosa di concreto.

Siamo partiti per Bagdad con gran desolazione. La strada che portava verso la città era tutta distrutta dai bombardamenti. C'era un ponte pericolante che abbiamo attraversato molto lentamente.Vi erano dei crateri per terra lasciati dalle bombe allucinanti.

Quando siamo arrivati a Bagdad, abbiamo trovato una situazione veramente incredibile. Il nostro Albergo era proprio dietro l'Hotel Palestine. C'era una manifestazione degli shiiti in corso. Mi sembrava di vedere una guerra dentro la guerra. Anzi tre guerre. Da una parte i manifestanti, dall'altra gli americani con i loro fucili puntati e poi i giornalisti con i loro obiettivi. Una scena incredibile. Ma dove siamo capitati? Mi ha dato l'impressione di vedere la scena del film "La vita è bella" di Roberto Benigni, sai chi vince il carro armato……..Per andare all'Albergo, abbiamo dovuto passare attraverso la manifestazione. L'Albergo era pieno, ma grazie al savoir faire di Tusio siamo riusciti ad avere una camera. Appena poggiate le valigie, siamo usciti in strada. Ovunque andavamo trovavamo tutto distrutto. Le persone sono senza telefono, senza elettricità. Non escono dalla casa.

La sera sentivamo delle sparatorie. Il fischio dei missili. Ho chiesto a Tusio, ma in questi casi cosa si fa? Tusio mi risponde: "Niente, si aspetta e si vede dove va a cadere". La notte, non riuscivo a dormire, mi sono dovuta mettere i tappi nelle orecchie per non sentire gli spari.

Il momento più bello è stato quando siamo andati a Hewar For Arts che è una specie di posto di ritrovo. Abbiamo disputato un incontro con gli artisti iracheni, che durante il periodo della dittatura non potevano esprimersi. Bello l'incontro, molto bello. Abbiamo incontrato Saad Al Tai ed insieme con altri artisti ci siamo diretti all'Accademia delle Belle Arti, che fino al giorno prima era sprangata, non si poteva entrare. Alcuni artisti erano in cerca dei loro quadri. Dentro era tutto all'aria.
Al Tai, molto probabilmente verrà in Italia per cercare, unitamente al gruppo, di fare un'iniziativa per la ricostruzione dell'accademia. Un modo per non soffrire nella sofferenza e piangere.

Io sono contenta di aver conosciuto queste persone, di avere un contatto diretto con loro e vedere con i propri occhi che si può aiutare questa gente.
Parla a raffica la Nannini, ha voglia di raccontare. Io non le faccio domande, non ne ho bisogno.

Sapete, dice continuando il suo racconto, questa questione degli aiuti umanitari mi ha veramente sconvolto.

Sembra tutta una cosa prestabilita. Non si tratta di aiutare la gente, ma piuttosto un business per chi si accaparra le consegne. Gli americani non stanno danno nessun aiuto.

Negli ospedali non è arrivato niente. Questa degli aiuti è un'altra guerra.
La gente ha veramente bisogno di tutto e questi non fanno passare niente.
Non vogliono mica che i volontari portino aiuti, altrimenti il business come lo fanno.
Non fanno passare neanche le informazioni, in Iraq si prende solo la BBC. Le persone non hanno notizie neanche del loro paese.

…….I controlli per strada………Ti guardano nella borsa. Ti perquisiscono dappertutto.

Poi hanno davvero distrutto tutto. Un altro business questo per la ricostruzione, altro che bombardamenti mirati. Hanno distrutto il palazzo della musica.
Per me in ogni caso, quest'esperienza è stata davvero importante, anche a livello di musica. Io mi sento più vicina all'oriente che all'ovest. La musica deve mantenere il contatto con questi paesi, in modo da ritrovare anche la nostra cultura. Il mondo rischia con la globalizzazione di non poter più reagire.
Sapete, ho improvvisato un concerto all'Hotel Palestine. C'era un piano forte lì. Mi sono messa a suonare e cantare. Le persone che stavano all'interno mi hanno anche fatto il coro. Carino.

Noi siamo andati in Iraq per vedere di fare qualcosa. Le persone che erano con me mi hanno dato la speranza di poter credere che esiste un'altra realtà. Io mi sento stimolata da queste persone che danno una mano vera. Credo che bisogna lavorare su questo. Vedo Bagdad come una nuova Berlino a livello di ricostruzione. Sono ottimista in questo. Noi abbiamo deciso di non dare interviste individuali, ma di fare una conferenza appena rientrano gli altri dall'Iraq."

Intanto, si è fatto tardi, Gianna Nannini deve prendere l'aereo per l'Italia.
Saliamo in macchina e ci dirigiamo verso l'aeroporto. Hmoud, mio marito, accende la radio. Trasmettono il notiziario. Gianna gli chiede cosa dicono. Lui risponde che stanno parlando degli aiuti umanitari e che l'america sta cercando di far passare i convogli solo per il Kuwait in modo che da lì per loro è più facile avere il controllo. Hmoud, esprime la sua opinione, affermando che dopo la guerra delle bombe, adesso in Iraq ci sono altre tre guerre: quella degli aiuti umanitari che porterebbe all'america un grosso business. La guerra dell'informazione per non far passare notizie e la guerra per gli appalti per la ricostruzione. La Nannini, confermando le sue parole, anche per questo sono andata in Iraq, per vedere la realtà delle cose e non quello che ci fanno vedere per televisione con programmi pilotati".
Facciamo una piccola sosta per prenderci un caffè al Centro di Ricerca di Hani Hourani, uno dei massimi esponenti della cultura giordana.

Riprendiamo il nostro viaggio verso l'aeroporto.
Siamo all'aeroporto d'Amman alle 12.00. Abbiamo un piccolo problema al momento del controllo del passaporto, poiché, Gianna in Iraq aveva acquistato all'Accademia delle Belle Arti da un'artista iracheno una statuetta in legno rappresentante la Maria Vergine. La Nannini ci ha raccontato che già al confine giordano i poliziotti l'avevano trattenuta tre ore per verificare che la statuetta non era stata trafugata. Alla fine è riuscita a proseguire il suo viaggio verso Amman.
All'aeroporto, in ogni modo, nonostante che Hmoud - mio marito - cerchi di spiegare che la statuetta era stata legittimamente comprata e che la Nannini la portava in Italia come una specie di pegno per il lavoro che dovranno intraprendere con gli artisti iracheni, un poliziotto dei servizi segreti giordani, parlando con Hmoud dichiara: "Noi, in ogni caso dobbiamo fare le nostre verifiche. In Iraq sono stati commessi molti furti di opere d'arte. Se i paesi arabi non proteggono il patrimonio artistico e culturale iracheno, mi sapete dire chi lo farà?"
"La statuetta, sarà riconsegnata alla signorina, dopo gli accertamenti del caso. Terremo conto di spedirgliela se lei ci lascerà il suo recapito".
Gianna, parte per l'Italia senza la sua statuetta per il momento…….
Ci abbracciamo forte. Un abbraccio caloroso il suo che mi porto nel cuore.
Mi auguro che riuscirà a far sentire la sua voce in Italia.
Io voglio annunciarle che è una persona meravigliosa.

Grazie Gianna!

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