Conflitti

I bombardamenti dell'Arabia Saudita hanno ridotto l'80% degli Yemeniti alla fame

Ma i colloqui di pace offrono una via d'uscita ai sauditi, la cui aggressione ha finora favorito solo l'insediamento di al Qaeda nel paese, mentre ha portato al limite un popolo stremato. L'articolo spiega come anche tu puoi dire al Ministro Gentiloni: NO alle armi italiane per l'Arabia Saudita e SI' alle sanzioni.
30 marzo 2016
Simon Tisdall, traduzione di Barbara Pozzi
Fonte: The Guardian - 25 marzo 2016

 Sana'a distrutta.  Ma gli attacchi aerei della coalizione guidata dall'Arabia Saudita non sono riusciti a sferrare il colpo decisivo contro i ribelli, sostenuti dall'Iran.   __________________________________________________________ Sana'a destroyed.  But the Saudi-led coalition airstrikes have failed to deal a decisive blow to Iran-backed rebels.

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E' difficile vedere l'implacabile guerra di logoramento dell'Arabia Saudita nello Yemen come qualcosa di diverso da un fallimento rovinoso. L'intervento militare che ha avuto inizio un anno fa, ha ucciso circa 6.400 persone, la metà delle quali civili; inoltre ne ha ferite 30.000 e sfollate 2,5 milioni, secondo le Nazioni Unite. Circa 20 milioni di persone, l'ottanta per cento della popolazione, abbisognano ora di una qualche forma di aiuto. 

L'obiettivo principale dei sauditi – cioè, riportare al potere il presidente dello Yemen deposto, Abd Rabbuh Mansur Hadi – non è stato raggiunto. Se speravano di contenere la diffusa influenza regionale iraniana, neanche questo tentativo ha ha avuto successo. Se la campagna della coalizione sostenuta dagli Usa aveva lo scopo di combattere il terrorismo, anche questo è stato un flop. Al-Qaeda nella penisola arabica (AQAP), in particolare, nonché lo Stato Islamico (Isis), hanno
tratto profitto dalla continua anarchia.

Il conflitto oppone le forze yemenite che sostengono Hadi ed i loro alleati arabi sunniti, basati ad Aden, contro le milizie sciite Houthi, sostenuti da Teheran, che controllano la capitale, Sana'a, e gran parte del centro e del nord dello Yemen. Già uno dei paesi più poveri del mondo prima dell'intensificazione dei combattimenti lo scorso anno, lo Yemen deve ora affrontare una diffusa carestia. Le carenze di cibo vengono esacerbate da una crisi bancaria e del credito,
ha avvertito questa settimana la Oxfam .

"La distruzione delle aziende agricole e dei mercati, un blocco de facto sulle importazioni commerciali, e una crisi dei combustibili in atto da molto tempo hanno causato un calo della produzione agricola, la scarsità di forniture e i prezzi esorbitanti dei prodotti alimentari," ha detto il direttore della Oxfam,
Sajjad Mohamed Sajid. "Un conflitto brutale in cima ad una crisi già esistente ... ha creato una delle più grandi emergenze umanitarie nel mondo di oggi – ma la maggior parte delle persone non ne è consapevole. Quasi 14,4 milioni di persone soffrono la fame e la maggioranza non sarà in grado di sopportare l'aumento dei prezzi."

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Il 26 marzo segna un anno da quando l'Arabia Saudita ha iniziato a bombardare lo Yemen.  Rete NoWar-Roma sta diffondendo un appello: Scriviamo tutti una email al Ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, ricordandogli di questa triste ricorrenza e chiedendogli di intervenire subito per la pace.

Anche i lettori di PeaceLink possono sostenere l'iniziativa scrivendo al ministro Gentiloni. Sono tre gli indirizzi da indicare sulla email da spedire:  segrmin.gentiloni@esteri.it , gabinetto@esteri.it , dgap9@esteri.it .

Qui di seguito, come esempio, è la email che un redattore di PeaceLink ha appena inviato:

_________________________

 

Oggetto: Un anno di stragi saudite -- basta!

 

Ministro Gentiloni,

Un anno fa sono iniziati i bombardamenti dello Yemen da parte dell'Arabia Saudita. Gli ordigni usati sono anche italiani. 

Gli osservatori indipendenti hanno documentato la barbarie degli attacchi indiscriminati sauditi, sicuramente dei crimini di guerra.

Perciò andrebbero subito interrotte le esportazioni delle armi dall'Italia e andrebbe aperta un'inchiesta ufficiale sugli eventuali crimini di guerra commessi nello Yemen. E, in ogni caso, l'Arabia Saudita andrebbe severamente sanzionata per aver iniziato una guerra di aggressione contro un paese terzo, in violazione di qualunque norma di diritto internazionale.

Inoltre, l'Arabia Saudita andrebbe dichiarata Stato patrocinatore del terrorismo per aver promosso e foraggiato, com'è ben noto, il cosiddetto Stato Islamico. Con il conseguente congelamento dei beni sauditi all'estero, ivi compresi i conti bancari.

Lei, onorevole Gentiloni, sa benissimo che le eventuali deplorazioni dell'ONU non porranno fine ai bombardamenti selvaggi dei sauditi nello Yemen. Come i bombardamenti occidentali dei jihadisti in Libia non sradicheranno l'Isis/Daesh.

Per fermare la guerre nello Yemen, come per stroncare l'Isis/Daesh, bisogna avere il coraggio di colpire risolutamente il loro fautore, l'Arabia Saudita, e chi la istiga e la protegge.

Quel coraggio, il suo governo ce l'ha?

Con ossequi.

 

 

 


L'appello delle Nazioni Unite quest'anno per le donazioni di denaro è, in gran parte, caduto nel vuoto. Rispondendo tardivamente alle critiche internazionali, rese concrete dal Regno Unito e da qualche altro paese dell'UE attuando un embargo sulla fornitura delle armi, il governo saudita ha accettato di ridurre le operazioni militari in attesa del rinnovo dei colloqui di pace. L'annuncio ha fatto seguito ad un orribile
attacco aereo su un mercato nella provincia di Hajja controllata dagli Houthi il 15 marzo, che ha ucciso 119 persone, tra cui molti bambini.

Il presidente del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite, Zeid Ra'ad Al Hussein, ha puntato il dito direttamente su Riyadh. "Guardando i dati, sembrerebbe che la coalizione sia responsabile per un numero doppio di vittime civili rispetto a tutte le altre forze messe insieme, praticamente tutte a seguito di attacchi aerei", ha detto. Sono stati colpiti i mercati, gli ospedali, le cliniche, le scuole, le fabbriche, le feste di matrimonio, e centinaia di abitazioni private, ha aggiunto Zeid. 

L'avallo dei sauditi alla ripresa dei colloqui di pace mediati dalle Nazioni Unite nel Kuwait, che fa seguito ad un cessate il fuoco proposto per il 10 aprile, si presenta come un'ammissione che l'attrito militare continuato non può portare ad una vittoria e, anzi, sta peggiorando le cose. Gli Houthi sono ben lungi dall'essere sconfitti, mentre l'Iran di recente
ha segnalato la volontà di intensificare la partecipazione diretta, come in Siria.

Il generale di brigata Masoud Jazayeri, Vice Capo di Stato Maggiore, ha suggerito che l'Iran potrebbe schierare consiglieri militari. "La Repubblica islamica ... sente il dovere di aiutare la popolazione dello
Yemen in ogni modo possibile e ad ogni livello necessario", ha aggiunto.

I Saudi hanno pagato un prezzo politico e diplomatico alto per la loro disavventura yemenita, con un ritorno finora scarso. E con un effetto boomerang: la loro brutalità nello Yemen ha acceso i riflettori sulla situazione deplorevole dei diritti umani all'interno dell'Arabia Saudita, in particolare sulla
recente esecuzione di Sheikh Nimr al-Nimr, un leader religioso sciita. Lo spargimento di sangue nello Yemen ha alienato sia l'opinione pubblica sia i politici occidentali ed europei, timorosi di una nuova emergenza profughi proveniente dal Medio Oriente e, con essa, una radicalizzazione islamista.

Nonostante l'intervento militare guidato dall'Arabia Saudita, al-Qaeda, prende sempre più piede nel sud dello Yemen e utilizza il terreno conquistato come base per reclutare e formare nuovi jihadisti. Washington, da dietro le quinte, sta portando avanti la propria campagna contro al Qaeda. Questa settimana, dietro la copertura delle incursioni aeree saudite, gli statunitensi hanno eliminato almeno
40 militanti AQAP in un attacco con droni.

Il fallimento saudita nello Yemen segue rovesci strategici in Siria, dove l'intervento russo, iniziatosi quest'autunno, ha rafforzato la controffensiva di Bashar al-Assad, il presidente siriano e nemico giurato di Riyadh. Sono risultati poi un nulla di fatto gli audaci piani del Principe Mohammed bin Salman, l'impulsivo ministro della difesa saudita, che aveva minacciato l’invio di truppe sauditi per sostenere i ribelli sunniti siriani. Peraltro il coinvolgimento dell'Arabia Saudita nella campagna aerea guidata dagli USA contro l'Isis è stato finora minima.

I leader iraniani, nel frattempo, sembrano sempre più sicuri di se, mentre consolidano la loro influenza ed i loro interessi in Siria, nel Libano, in Iraq e nella penisola arabica. Il loro umore ottimista può essere attribuito in parte all'accordo nucleare dello scorso anno con Washington, una pietra miliare, e la conseguente revoca delle sanzioni occidentali. I sauditi ne sono rimasti sconvolti. Ma gli Stati Uniti hanno scelto di non ascoltare le loro obiezioni.

Parlando di recente, Barack Obama è stato franco – al punto di ferire le sensibilità saudite – nel descrivere le differenze tra gli USA e i sauditi riguardo la Siria e l'Iran. Ha parlato dell’alleanza che lega gli USA ai sauditi con un tono di disgusto a malapena mascherato. E ha offerto un consiglio poco gradito dai suoi "amici" a Riyadh: "La competizione tra sauditi e iraniani – che ha contribuito ad alimentare le guerre per procura e il caos in Siria e in Iraq e nello Yemen – ci impone di dire ai nostri amici, così come agli iraniani, che devono trovare un modo efficace per condividere la regione". Le rivalità settarie non sono nell'interesse degli Stati Uniti e i sauditi, ha lasciato intendere per concludere, non potevano più contare su un trattamento preferenziale.

 

 

 

E' difficile vedere l'implacabile guerra di logoramento dell'Arabia Saudita nello Yemen come qualcosa di diverso da un fallimento rovinoso. L'intervento militare che ha avuto inizio un anno fa, ha ucciso circa 6.400 persone, la metà delle quali civili; inoltre ne ha ferite 30.000 e sfollate 2,5 milioni, secondo le Nazioni Unite. L'ottanta per cento della popolazione, circa 20 milioni di persone, abbisognano ora di una qualche forma di aiuto.

L'obiettivo principale dei sauditi – cioè, riportare al potere il presidente dello Yemen deposto, Abd Rabbuh Mansur Hadi – non è stato raggiunto. Se speravano di contenere la diffusa influenza regionale iraniana, neanche questo tentativo ha ha avuto successo. Se la campagna della coalizione sostenuta dagli Usa aveva lo scopo di combattere il terrorismo, anche questo è stato un flop. Al-Qaeda nella penisola arabica (AQAP), in particolare, nonché lo Stato Islamico (Isis), hanno
tratto profitto dalla continua anarchia.

Il conflitto oppone le forze yemenite che sostengono Hadi ed i loro alleati arabi sunniti, basati ad Aden, contro le milizie sciite Houthi, sostenuti da Teheran, che controllano la capitale, Sana'a, e gran parte del centro e del nord dello Yemen. Già uno dei paesi più poveri del mondo prima dell'intensificazione dei combattimenti lo scorso anno, lo Yemen deve ora affrontare una diffusa carestia. Le carenze di cibo vengono esacerbate da una crisi bancaria e del credito,
ha avvertito questa settimana la Oxfam .

"La distruzione delle aziende agricole e dei mercati, un blocco de facto sulle importazioni commerciali, e una crisi dei combustibili in atto da molto tempo hanno causato un calo della produzione agricola, la scarsità di forniture e i prezzi esorbitanti dei prodotti alimentari,"
ha detto il direttore della Oxfam. Sajjad Mohamed Sajid. "Un conflitto brutale in cima ad una crisi già esistente ... ha creato una delle più grandi emergenze umanitarie nel mondo di oggi – ma la maggior parte delle persone non ne è consapevole. Quasi 14,4 milioni di persone soffrono la fame e la maggioranza non sarà in grado di sopportare l'aumento dei prezzi."

L'appello delle Nazioni Unite quest'anno per le donazioni di denaro è, in gran parte, caduto nel vuoto. Rispondendo tardivamente alle critiche internazionali, rese concrete dal Regno Unito e dall'UE con un embargo sulla fornitura delle armi, il governo saudita ha accettato di ridurre le operazioni militari in attesa del rinnovo dei colloqui di pace. L'annuncio ha fatto seguito ad un orribile
attacco aereo su un mercato nella provincia di Hajja controllata dagli Houthi il 15 marzo, che ha ucciso 119 persone, tra cui molti bambini.

Il presidente del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite, Zeid Ra'ad Al Hussein, ha puntato il dito direttamente su Riyadh. "Guardando i dati, sembrerebbe che la coalizione sia responsabile per un numero doppio di vittime civili rispetto a tutte le altre forze messe insieme, praticamente tutte a seguito di attacchi aerei", ha detto. Sono stati colpiti i mercati, gli ospedali, le cliniche, le scuole, le fabbriche, le feste di matrimonio, e centinaia di abitazioni private, ha aggiunto Zeid.

L'avallo dei sauditi alla ripresa dei colloqui di pace mediati dalle Nazioni Unite nel Kuwait, che fa seguito ad un cessate il fuoco proposto per il 10 aprile, si presenta come un'ammissione che l'attrito militare continuato non può portare ad una vittoria e, anzi, sta peggiorando le cose. Gli Houthi sono ben lungi dall'essere sconfitti, mentre l'Iran di recente
ha segnalato la volontà di intensificare la partecipazione diretta, come in Siria.

Il generale di brigata Masoud Jazayeri, Vice Capo di Stato Maggiore, ha suggerito che l'Iran potrebbe schierare consiglieri militari. "La Repubblica islamica ... sente il dovere di aiutare la popolazione dello
Yemen in ogni modo possibile e ad ogni livello necessario", ha aggiunto.

I Saudi hanno pagato un prezzo politico e diplomatico alto per la loro disavventura yemenita, con un ritorno finora scarso. E con un effetto boomerang: la loro brutalità nello Yemen ha acceso i riflettori sulla situazione deplorevole dei diritti umani all'interno dell'Arabia Saudita, in particolare sulla
recente esecuzione di Sheikh Nimr al-Nimr, un leader religioso sciita. Lo spargimento di sangue nello Yemen ha alienato sia l'opinione pubblica sia i politici occidentali ed europei, timorosi di una nuova emergenza profughi proveniente dal Medio Oriente e, con essa, una radicalizzazione islamista.

Nonostante l'intervento militare guidato dall'Arabia Saudita, al-Qaeda, prende sempre più piede nel sud dello Yemen e utilizza il terreno conquistato come base per reclutare e formare nuovi jihadisti. Washington, da dietro le quinte, sta portando avanti la propria campagna contro al Qaeda. Questa settimana, dietro la copertura delle incursioni aeree saudite, gli statunitensi hanno eliminato almeno
40 militanti AQAP in un attacco con droni.

Il fallimento saudita nello Yemen segue rovesci strategici in Siria, dove l'intervento russo, iniziatosi quest'autunno, ha rafforzato la controffensiva di Bashar al-Assad, il presidente siriano e nemico giurato di Riyadh. Sono risultati poi un nulla di fatto gli audaci piani del Principe Mohammed bin Salman, l'impulsivo ministro della difesa saudita, che aveva minacciato l’invio di truppe sauditi per sostenere i ribelli sunniti siriani. Peraltro il coinvolgimento dell'Arabia Saudita nella campagna aerea guidata dagli USA contro l'Isis è stato finora minima.

I leader iraniani, nel frattempo, sembrano sempre più sicuri di se, mentre consolidano la loro influenza ed i loro interessi in Siria, nel Libano, in Iraq e nella penisola arabica. Il loro umore ottimista può essere attribuito in parte all'accordo nucleare dello scorso anno con Washington, una pietra miliare, e la conseguente revoca delle sanzioni occidentali. I sauditi ne sono rimasti sconvolti. Ma gli Stati Uniti hanno scelto di non ascoltare le loro obiezioni.

Parlando di recente, Barack Obama è stato franco – al punto di ferire le sensibilità saudite – nel descrivere le differenze tra gli USA e i sauditi riguardo la Siria e l'Iran. Ha parlato dell’alleanza che lega gli USA ai sauditi con un tono di disgusto a malapena mascherato. E ha offerto un consiglio poco gradito dai suoi "amici" a Riyadh: "La competizione tra sauditi e iraniani – che ha contribuito ad alimentare le guerre per procura e il caos in Siria e in Iraq e nello Yemen – ci impone di dire ai nostri amici, così come agli iraniani, che devono trovare un modo efficace per condividere la regione". Le rivalità settarie non sono nell'interesse degli Stati Uniti e i sauditi, ha lasciato intendere per concludere, non potevano più contare su un trattamento preferenziale.

Tradotto da Barbara Pozzi per PeaceLink . Il testo è liberamente utilizzabile a scopi non commerciali citando la fonte (PeaceLink) e l'autore della traduzione.
N.d.T.: Titolo originale ‘Saudi Arabia campaign leaves 80% of Yemen population needing aid’

del 25 Marzo 2016; Link: http://www.theguardian.com/world/2016/mar/25/saudi-arabia-campaign-leaves-80-of-yemen-population-needing-aid

Note: http://www.theguardian.com/world/2016/mar/25/saudi-arabia-campaign-leaves-80-of-yemen-population-needing-aid
Tradotto da Barbara Pozzi per PeaceLink . Il testo è liberamente utilizzabile a scopi non commerciali citando la fonte (PeaceLink) e l'autore della traduzione.
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