La nostra vittoria
Emergency aderisce alla manifestazione indetta per oggi (o richiesta) dalle famiglie dei tre ostaggi. «Dalle famiglie» per non dire richiesta o imposta dai sequestratori? Possiamo anche sforzarci di capire chi è preoccupato di queste distinzioni e si pone questi problemi. Emergency non ne ha di simili. Forse per la diversa prospettiva: se «per mestiere» si frequenta spesso il bivio tra restare in vita e il suo contrario, la «risposta esatta» è sempre comunque una sola, senza distinguo e senza note a margine. Senza nemmeno interessarsi a chi siano le persone in questione.
Saranno forse rétro il pensiero e le parole, ma per noi chi si trova in sofferenza, in difficoltà, in pericolo di vita è interamente «restituito al genere», solo un essere umano in difficoltà che si deve assolutamente aiutare. Assolutamente - in traduzione corrente: «senza se e senza ma». A chi detiene tre persone e minaccia di sopprimerle diciamo: «Se parlate di pace e dignità, usate parole che anche noi usiamo contro questa guerra. Contro ogni guerra, ogni violenza, ogni violazione della dignità di qualsiasi persona. Usate parole che giudicano anche voi».
Troviamo la guerra inaccettabile per una ragione che si tocca con mano in una sala operatoria, in una corsia d'ospedale: corpi integri un'ora prima, distrutti non da qualcosa d'inevitabile, ma da qualcosa che qualcuno ha voluto e chiama successo, vittoria.
Se per ragionare occorre partire da qualche convinzione elementare, l'assurdità di questo stato di cose è un'evidenza di base, che non richiede spiegazione e si chiarisce da sé.
Quando un esperto di diritto internazionale, un generale, un politico dicono la loro sulla guerra - giusta o legittima o chissà che - non si ascolta una sillaba che dia risposta a quell'assurdità. Quale idea di guerra è «vera», decisiva, tra la loro (giuristi, politici, generali...) e la nostra? Le considerazioni definite «umanitarie» non si lasciano ridurre a marginalità secondarie, riservate ad anime belle e infantili.
Tante volte i contenuti «politici» della guerra si sono trovati di fronte ai suoi contenuti umani, ma il confronto è stato eluso. Si ripresenta oggi, quando per molti non si deve «cedere ai ricatti», o accordare «riconoscimenti politici»... mentre altri trovano incomprensibili questi non expedit di fronte a ciò che è in gioco: la vita e la morte di persone. Diranno pure qualcosa gli studiosi di diritto e di morale, quando parlano di «stato di necessità», di «ragioni di forza maggiore».
Oggi parteciperemo a una manifestazione rivolta a interlocutori sconosciuti, ai quali nessuno dirà di condividere le loro azioni. Diremo che questa guerra è assurda: come ogni altra; diremo che questa guerra è secondo tutti illegale, una violazione evidente di regole accettate e condivise. La guerra non è il contesto nel quale l'umanità e la pietà prevalgono; ci troviamo a richiederle agli aggrediti, dopo non avere avuto ascolto dagli aggressori.
Diremo che, se qualcosa è vittoria, sta nel salvare o risparmiare più vite umane, non nel distruggerne di più.
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