Conflitti

La situazione attuale

Iraq, la rivolta continua

Dopo la pandemia, il crollo del prezzo del petrolio e la nomina, frutto del compromesso tra USA e Iran, di al-Kadhimi come primo ministro, cosa è cambiato?
19 ottobre 2020
Valeria Poletti

“NON PENSATE CHE ABBIAMO DIMENTICATO, NOI SIAMO QUI”


Questo era uno degli slogan della manifestazione delle donne irachene del 1° ottobre di quest’anno 2020: il movimento è ancora attivo nelle piazze, celebra un anno di mobilitazioni e ribadisce la volontà di combattere tutti gli assetti del potere e di costruire un Iraq indipendente, libero dal settarismo e socialmente progressista.
Dopo aver subito un ridimensionamento all’avanzare della pandemia senza, però, abbandonare il campo e, anzi, organizzando presidi di informazione e assistenza anti-Covid, l’impegno dei sostenitori della “Rivoluzione d’ottobre” nel riorganizzare la protesta ed estendere la conoscenza delle sue ragioni ha prodotto un avanzamento della coscienza sociale e dell’unità del movimento.
Nonostante i pesanti attacchi delle milizie che hanno provocato ancora numerosi morti e feriti e nonostante l’ulteriore peggioramento delle condizioni di vita, si consolida una cultura rivoluzionaria rispetto al tradizionalismo e si conferma la determinazione ad esigere un reale cambiamento politico. La propaganda conciliante del nuovo primo ministro Mustafa Kadhimi – eletto dopo il tentativo fallito di un altro esponente dell’elite sciita rientrata in Iraq al seguito degli americani nel 2003, Mohammed Tawfiq Allawi – non ha ingannato gli attivisti che gli hanno opposto un chiaro rifiuto. Kadhimi, del resto, non solo non ha ottemperato alla sua promessa di giustizia per le oltre 700 vittime della violenza di Stato e di quella delle milizie, ma non ha fermato il moltiplicarsi degli assassinii mirati che hanno colpito tanti giovani, tra i quali molte donne, portavoce della piazza. Il numero di attivisti selettivamente uccisi al di fuori degli scontri di piazza a Baghdad e in altre città irachene ha raggiunto i quasi 230 dall’inizio della rivolta. Rivolta in Iraq

L’UOMO DEL “CAMBIAMENTO”


Certamente, il fallimento di Allawi e la nomina di Kadhimi a maggio era stato un successo dell’insurrezione. Benchè non potesse suscitare grandi speranze, il nuovo Primo ministro era figura non direttamente compromessa con il passato. Si è assunto il compito di guidare un governo di transizione che dovrebbe, come richiesto dai manifestanti, votare una nuova legge per le elezioni previste per l’estate del 2021.
A tutt’oggi, però, non c’è alcuna proposta relativa alla definizione di collegi elettorali indipendenti che rendano possibili candidature svincolate dall’appartenenza settaria.
Nemmeno sul piano della “bonifica” dell’economia dominata dalla corruzione il nuovo Primo ministro ha registrato qualche successo degno di nota. La campagna anti-corruzione ha colpito, con provvedimenti e arresti, solamente figure minori.

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