Conflitti

Va ricomposta la controversia in sede ONU

Il movimento pacifista è sotto attacco perché non si allinea alla propaganda bellicista

Il presidente russo è irrimediabilmente dalla parte del torto. Ma si devono condannare le decisioni che gettano benzina sul fuoco e rischiano di far degenerare il conflitto. Senza cedere un millimetro alla propaganda dell'uno e dell'altro fronte, è necessario insistere sulla trattativa.
28 febbraio 2022
Salvatore Romeo (ricercatore)

Manifestazione a Napoli contro la guerra in Ucraina

Il movimento pacifista è sotto attacco. Ad alcune sue componenti si rimprovera ambiguità, "intelligenza con il nemico". Il rischio è che la mobilitazione possa rifluire rapidamente o, peggio, diventare strumento di propaganda bellicista. Per mantenere in vita una posizione autonoma, di cui oggi c'è bisogno come l'aria, è necessario individuare coordinate chiare. A partire dalla comprensione della situazione che, a distanza di qualche giorno dallo scoppio del conflitto, può essere ottenuta tenendo a freno l'emotività.

Prima della guerra la posizione di Putin - tenere l'Ucraina fuori dalla Nato - era non solo confacente agli interessi della Russia, ma anche appropriata nell'ottica della sicurezza globale. Con l'invasione, pur restando valide quelle ragioni, il presidente russo è passato irrimediabilmente dalla parte del torto. Dopo che la decolonizzazione - il principale movimento progressivo della storia recente - ha affermato solennemente il diritto alla sovranità nazionale, non si può pensare di agire come nell'epoca d'oro degli Zar, quando periodicamente si attaccavano i vicini per regolare questioni di confine. Anche se la guerra, come in questo caso, viene intesa come operazione difensiva. In questo sta la profonda arretratezza della cultura politica del presidente russo e della sua cerchia - un realismo conservatore incapace di riconoscere la realtà di alcuni principi universali. Fra i danni più gravi che essa ha provocato rientra l'isolamento e quindi il riallineamento su posizioni oltranziste degli Stati occidentali (europei) che si erano mostrati più sensibili alle richieste russe.

D'altra parte, l'impostazione prevalente in Occidente non può rappresentare un'alternativa valida. Soprattutto gli Americani hanno dimostrato di non avere alcuna considerazione dell'altrui sovranità, che hanno violato ripetutamente, e tantomeno di porsi il problema di un ordine mondiale più equilibrato. La questione sta tutta nel fatto che qualcuno diverso da loro - e senza il loro permesso - ha esercitato il diritto della forza, che schmidtianamente è una facoltà che compete solo al sovrano. Putin si è macchiato di lesa maestà, e per questo va bandito dalla comunità internazionale. E' una forma di imperialismo che si presenta come difesa del più debole, ma non ha perso niente della sua originaria unilateralità.

La posizione più avanzata, in questo contesto, è quella cinese. La Repubblica popolare riconosce il diritto alla sicurezza della Russia, ritenendolo un elemento imprescindibile di un assetto più equilibrato delle relazioni internazionali, ma non è disposta ad accettare la violazione della sovranità ucraina. Oltre tutto i cinesi - cosa che è sfuggita a molti - sono i soli ad aver chiesto la composizione della controversia in sede ONU (e alla riunione del Consiglio di sicurezza si sono astenuti, mantenendo un equilibrio fra le parti), l'istituzione che rappresenta al massimo grado il principio della cooperazione fra Stati indipendenti. Infine, nel clima muscolare di questi giorni, la Cina è fra i pochi a chiedere esplicitamente una soluzione diplomatica (e a lavorare per essa). Anche in Ucraina la soluzione è la Pace

Alla luce di tutto questo, i pacifisti devono anzitutto respingere con fermezza i tentativi di far regredire il significato della parola "pace" all'accezione originaria di "pax" (assenza di conflitti nell'ambito di un ordine imperiale). Va invece recuperata e ribadita con forza l'endiadi "pace e giustizia". Si devono quindi condannare le decisioni prese in questi giorni dai governi occidentali, che gettano benzina sul fuoco e rischiano di far degenerare il conflitto. Senza cedere un millimetro alla propaganda dell'uno e dell'altro fronte, è necessario insistere sulla sola strada percorribile: la trattativa, cioè il riconoscimento e la composizione dei diritti di tutte le parti.

E' la via più difficile da percorrere, soprattutto nel clima esasperato che si è creato, ma è anche la sola che permetta di dare alla pace una possibilità. E quindi tenere in vita un soggetto politico che si faccia interprete dell'interesse generale del genere umano.

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