Conflitti

In ogni guerra ci sono l’aggressore e l’aggredito: ma perché in questa guerra è così difficile chiedersi chi è l’aggressore?

Giustizia e pace nel Medio Oriente

Noi, i kurdi e i palestinesi, siamo due popoli diversi con lo stesso obiettivo: aspiriamo all’autodeterminazione e alla libertà, con la differenza, tuttavia, che la Palestina, essendo in parte riconosciuta come Stato, se è in guerra fa notizia ed è sostenuta dalla Lega Araba, mentre i kurdi non sono appoggiati da alcuno.
28 ottobre 2023
Gulala Salih (Presidente e socia fondatrice dell’Associazione Udik Unione donne italiane-kurde)

Medio Oriente “È iniziata la guerra!”. Sono parole ripetute spesso in questi giorni, dopo l’attacco feroce di Hamas a Israele. Forse il più atroce per il popolo ebraico dopo l’Olocausto ma, purtroppo, non senza precedenti. Rileggendo la storia, ci sono state tante altre azioni militari negli ultimi due secoli; mi riferisco, soprattutto, agli assalti contro le minoranze e, in particolare, a quelle subìte dal popolo kurdo, spesso passate sotto il silenzio dei politici, del Parlamento Europeo e delle Nazioni Unite, ma anche nell’indifferenza generale dei media e dei cittadini.

Ma quale è la ragione di questo silenzio?

Uno dei motivi principali è che negli anni della repressione dei kurdi, non c’erano i mezzi di comunicazione attuali per trasmettere e rendere immediatamente visibili le tragedie accadute, al contrario delle guerre attuali. Il secondo è dovuto al fatto che nel tempo la guerra era diventata solo una narrazione dei libri di storia o presente nei racconti di qualche anziano/a ma, soprattutto, perché i conflitti avvenivano in luoghi lontani dalla propria casa, dalla propria terra. E per questo non attiravano l’attenzione. In alcuni territori, invece, guerra e persecuzioni ci sono sempre state: in particolare contro il popolo kurdo, senza però che il mondo politico e i Paesi occidentali ed europei si siano attivati per cercare una soluzione.

Quanto accaduto in Ucraina, e prima in Siria, in Afghanistan, in Iran, in Kurdistan, che accade ora tra Israele e Hamas, è la dimostrazione del fallimento del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e della Convenzione dei diritti dell’uomo, in quanto i firmatari non sono riusciti a costruire un progetto di pace. Non si può non condannare l’aggressione di Hamas contro i civili israeliani, tra cui tante donne e bambini, ma niente può giustificare la dura rappresaglia del governo israeliano contro i civili palestinesi, che non hanno nessuna colpa, perché non tutti sono Hamas e sono d’accordo con gli attacchi terroristici.

In ogni guerra ci sono l’aggressore e l’aggredito: ma perché in questa guerra è così complicato e difficile chiedersi chi è l’aggressore? Questa è una domanda a cui dovranno rispondere le Nazioni Unite, la Comunità internazionale, chi ha reso possibile questa situazione settantacinque anni fa, e chi in tutti questi anni ha chiuso gli occhi ed ha addormentato la coscienza, ignorando ciò che stava accadendo in quella striscia di terra, tra due popoli, il palestinese e l’israeliano. Risulta che Hamas, come organizzazione politico-militare-religiosa, è stata sostenuta soprattutto dalla Repubblica islamica dell’Iran: essa, infatti, ha formato gruppi in diversi paesi che, seppur con nomi differenti, hanno un obiettivo unico: Hamas in Palestina, Pasdaran in Iran, Al Hashd al Shabi in Iraq, Hezbollah in Libano. Sebbene i musulmani shiiti e i sunniti si siano sempre odiati l'uno l’altro, ad unirli c’è l’odio per chi è diverso da loro, per chi non pratica la loro religione, ed ecco quindi che iniziano le guerre di religione.

Noi, i kurdi e i palestinesi, siamo due popoli diversi con lo stesso obiettivo: aspiriamo all’autodeterminazione e alla libertà, con la differenza, tuttavia, che la Palestina, essendo in parte riconosciuta come Stato, se è in guerra fa notizia ed è sostenuta dalla Lega Araba, mentre i kurdi non sono appoggiati da alcuno. In tutti questi anni, i kurdi sono stati attaccati, ammazzati, annientati culturalmente e fisicamente, le loro case e villaggi son stati distrutti dell'ex governo iracheno, le persone e i prigionieri sono stati sepolti vivi, per non parlare poi dell’uso delle armi chimiche da parte del ex governo iracheno. Mentre succedeva tutto questo, nessun paese musulmano e nessun paese arabo ha mai condannato o preso posizione per esprimere vicinanza in favore dei kurdi. I fatti accaduti in Iraq, in Turchia, in Siria e in Iran venivano e vengono visti come questioni interne e i kurdi non sono considerati nemmeno musulmani o fedeli religiosi. Oggi per la Palestina ci sono paesi uniti contro Israele e contro l’attacco a Gaza, Erdogan versa lacrime per le vittime in Palestina, richiamando al rispetto dei diritti umani e alla liberazione della Palestina, mentre attua la cosiddetta ‘pulizia etnica’ contro i kurdi, attaccando quotidianamente e senza alcuna pietà le città, colpendo i civili, le moschee e gli uffici pubblici.

Nemmeno il governo iracheno attuale interviene o prende posizione contro i due Paesi occupanti il Kurdistan, la Turchia e l’Iran. Anzi, nel frattempo i politici iracheni si schierano per difendere le azioni terroristiche di Hamas. Fino a quando i paesi islamici non separeranno la politica dalla religione, fino a quando le Nazioni Unite e i Paesi potenti dell’Occidente e della Comunità Europea non metteranno da parte gli interessi economici e il potere per salvaguardare i diritti umani, non c'è e non ci sarà mai pace nel Medio Oriente. Finché non ci saranno giustizia e pace in Kurdistan e in Palestina, non ci sarà mai pace nel Medio Oriente.

Gulala Salih (Presidente e socia fondatrice dell’Associazione Udik Unione donne italiane-kurde)

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