Conflitti

Intanto le autorità politiche dell'Iran approfittato del conflitto palestinese

Gaza senza vincitori e vinti ma con un impatto internazionale enorme

Le vicende tragiche di questi giorni rendono evidente che l’uso della forza, anche da parte di uno Stato fortemente militarizzato come Israele e dei suoi alleati, non potrà mai risolvere le tensioni e i problemi emersi
18 novembre 2023
Mohsen Hamzehian

La guerra a Gaza avrà un riflesso mondiale senza vincitori e vinti.

Forse nessuno poteva pensare ad uno sviluppo tanto tragico del lungo conflitto israelo-palestinese. La contabilità dei civili ammazzati lascia senza respiro. Non è difficile, però, prevedere che l’attuale guerra in Palestina porterà un caos senza precedenti nella storia dell’occupazione di Israele in Palestina.

Questa guerra sarà lunga e per decenni si parlerà dell’effetto senza mai toccare la causa della stessa.

La superiorità dell’esercito e dei servizi segreti di  Israele è stata colpita da Hamas, come mai prima, mettendo in dubbio  la sicurezza di Israele e di tutti i suoi servizi militari.

La guerra attuale ha fatto esplodere l’idea che il nemico deve essere annientato, sia esso l’organizzazione di Hamas  oppure lo stato di Israele.

Questo conflitto accade in un periodo molto complesso sia a livello internazionale che del Medio e vicino  Oriente.  La guerra tra Russia e Ucraina sta sottoponendo a grandi tensioni l’ordine uscito dal secondo conflitto mondiale. Mentre nell’area medio orientale la stessa Israele vede, da circa un anno, manifestazioni di piazza, in particolare i giovani, per dissentire nei confronti della politica giudiziaria e dell’apartheid messa in atto contro i palestinesi da parte del governo di Benjamin Netanyahu che ha dato il sostegno assoluto ai coloni, alleandosi ai partiti integralisti sionisti di estrema destra. Allo stesso tempo l’Iran è stato scosso per molti mesi da ampie proteste di piazza contro il regime coagulandosi nello
slogan Donna-Vita-Libertà.


Gli attacchi vili del 7 ottobre da parte di Hamas, un’organizzazione che prende ordini superiori dai regimi della zona, che
a loro volta reprimono il loro popolo da oltre 40 anni, hanno ulteriormente incendiato la situazione.

Le vicende tragiche di questi giorni rendono però evidente che l’uso della forza, anche da parte di  uno Stato fortemente
militarizzato come Israele  e dei suoi alleati, non potrà mai risolvere un problema originatosi nella seconda guerra mondiale con lo sterminio del popolo ebreo da parte del regime nazifascista. 

 
Quali potrà essere lo sbocco politico di questa guerra?

I palestinesi sono forti,  ma con  leadership divise e deboli (basta pensare alla debolezza della Cisgiordania).  Ci sono molti contrasti tra Hamas e le autorità palestinesi. Ci sono state molte proteste  palestinesi e almeno due intifada che hanno portato alla vittoria elettorale di Hamas nel 2007.
L’Autorità Nazionale Palestinese e Hamas sono due due forze politiche con diversa collocazione, filoamericana la prima   e filo iraniana la seconda, e non potranno mai combattere assieme contro Israele. Oggi più che mai occorre essere uniti e lontani  dalla logica e dalle esigenze delle potenze territoriali per  ottenere l’autodeterminazione del popolo.   
La scissione tra due rivali forze politiche palestinesi fa solo il gioco del governo israeliano.   
Le divisioni non potranno portare altro che ulteriori sofferenze per i palestinesi . Più le divisioni aumentano più le sofferenze  per la collettività palestinese (ovunque essa si trovi,  nella  striscia o in Cisgiordania, in Gerusalemme, in decine di campi  profughi sedentarizzati e anche all’estero, in tutto il mondo) saranno terribili.  E lo Stato Ebraico conosce molto profondamente questa divisione e approfitta di tutto ciò per fare fuggire i palestinesi dalla striscia di Gaza, e poi sicuramente ci sarà anche il momento per gli abitanti della Cisgiordania. 

In questi giorni la striscia di Gaza non è più una prigione a cielo aperto ma un cimitero sotto un cielo plumbeo, con i  cancelli e il divieto di nutrirsi che siano adulti, anziani, bimbi e malati. 

Medio Oriente

Resta da risolvere il problema dell’Iran e del giureconsulto dell’ayatollah Alì Khamenei. Prima Ghassem Solleymani e ora Ali Khamenei approfittano della sofferenza del popolo palestinese. Il regime della Repubblica Islamica dell’Iran ha distolto
l’attenzione dell’opinione pubblica mondiale dal movimento Donna Vita Libertà in corso in Iran, inviando  droni e missili in Ucraina, usando la guerra come laboratorio sperimentale per l’efficacia dei loro armamenti proprio per l’attacco allo stato israeliano, e ora questo martirio è arrivato al popolo palestinese. 

Naturalmente il regime della Repubblica Islamica è stato favorito dalla situazione internazionale di guerra. Il conflitto russo-ucraino ha attirato l’attenzione delle cancellerie mondiali, in larga parte perché rischia di essere la miccia di un incendio mondiale senza fine, e nessuno ha, oggi, l’interesse di aprire un altro grande fronte di instabilità lavorando per indebolire il regime degli ayatollah. Anzi, il conflitto ha visto l’Iran sostenere materialmente, con droni e missili Shahed,  la Russia e ciò ha sancito il rafforzamento della posizione iraniana in quello che è uno schieramento “antioccidentale”. La Cina si è adoperata per mitigare lo scontro con l’Arabia Saudita sullo Yemen, dove l’Iran sostiene la comunità sciita e proprio questa diversa relazione con un caposaldo del mondo sunnita è un posizionamento, per quanto mai definitivo, dell’affidabilità del regime sullo scacchiere internazionale. Quindi la guerra fa bene al regime. Proprio come  la
guerra con l’Iraq, apertasi poco dopo la presa del potere contro lo scià (1980), ha cementato una classe dirigente e attorno ad essa un ampio consenso, usando la difesa dell’identità sciita contro il nemico sunnita, concedendogli il tempo, a spese dei suoi giovani morti sui campi di battaglia, di appropriarsi dello stato, dell’esercito e costituire milizie. Altrettanto la guerra in Ucraina, che potrebbe non essere locale, come fu invece la guerra Iran-Iraq, lascia al regime
tutte le energie, e le sinergie con aiuti esterni, per affrontare le rivolte. Ed oggi la guerra in Palestina tra lo stato di Israele e l’Organizzazione filo iraniana Hamas, devia ulteriormente l’attenzione del mondo dalle piazze in Iran alla Palestina.

Poi in misura minore ci sono gli Hezbollah, l’esercito in Siria e gli sciiti in Iraq. I libanesi sono una vittime dello stato islamico dell’Iran, essi hanno perso la loro sovranità e prendono ordini dal regime degli ayatollah (vedi anche la dichiarazione di loro leader Nassrollah).

 
L’Iran si propone di tornare ad essere uno stato egemone dell’Asia ricalcando lo schema ottocentesco assieme allo stato zarista e all’impero ottomano.

Una eventuale vittoria della guerra di Gaza da parte di Hamas (anche senza abbattere lo stato ebraico), potrà essere a favore dell’Iran per i seguenti motivi: assume centralità nella gestione del conflitto, rafforza la sua egemonia nella zona,  si espande verso il Mediterraneo con influenza nel nord del Libano e nel sud verso l’Egitto.

L’Iran sta approfittando del conflitto, senza pensare ai civili che vengono ammazzati dal regime sionista. Assad è un altro regime che ne trae  vantaggio.

Anche la situazione attuale mostra una grande e tragica impasse, nel senso che i partiti e le principali vittime della questione palestinese non ne traggono beneficio, e solo l’Iran, il regime di Assad e i loro alleati approfittano di questa questione a proprio vantaggio.


La guerra attuale sembra perciò un suicidio annunciato senza portare alcun vantaggio per lo stato di Israele.  Infatti la distruzione totale della striscia, comporterà inevitabilmente anche dissensi in Israele.
Infine la questione palestinese che  doveva contenere la prospettiva di due stati per due popoli si è ridotta a un solo stato corposo e ben armato da un lato e dall’altro una enorme gabbia per milioni di persone. In tutto questo manca la giustizia e la libertà per ambi le parti. 

La questione palestinese per l’ennesima volta resta quindi sospesa per aria, senza alcuna risposta della comunità internazionale, e ogni volta che si parlerà della Palestina si ricorderanno le azioni terroristiche di Hamas, non l’occupazione del territorio palestinese.

La vittoria di Hamas, almeno a breve sul campo, non è possibile. Non possiamo escludere si crei un grande carnaio, ma da sola Hamas non può battere l’esercito di Israele senza l’aiuto di Hezbollah e Iran. Se questa, però, è la possibilità, allora l’attacco di Hamas è preparatorio di altri interventi. E d’altra parte, solo in quest’ottica si comprende l’attacco di tal genere di Hamas che è una sfida assoluta a Israele. Tutti i conflitti precedenti con Hamas sono stati violenti ma  dell’ordine di un numero limitato di morti e di razzi. Erano scaramucce ma mai assalti. E’ stata invece questa volta effettuata un’invasione, nella forma, sapendo che Israele avrebbe perso la testa e questo assume un senso se si pensa  che altri potrebbero scendere in campo.

Chiudo con una riflessione.

La relazione tra il popolo palestinese e quello israeliano è un lunghissimo percorso lastricato di sofferenze, sangue e odio. Il modello conflittuale ha prevalso su ogni altra possibilità, segnando i tragici giorni che stiamo vivendo.
Dietro a questo c’è una lunga scia di fallimenti collettivi: sin dal secondo dopoguerra la debolezza mostrata dall’imperialismo declinante britannico; l’ipocrisia delle borghesia arabe che non hanno mai sostenuto realmente la causa palestinese, usandola solo in funzione del competitor israeliano; la distrazione colpevole di Usa e Urss; la vacuità dell’ONU; il ruolo destabilizzante dell’Iran; l’incapacità di Israele di contenere la voracità dei suoi coloni.

La persistenza di un modello conflittuale per oltre settant’anni, il superamento del quale sarebbe stato la miglior dimostrazione planetaria che siamo una specie intelligente, è un esempio che ha modellato tutti i potenziali focolai di guerra, ed è un’infamia che pesa e peserà su tutti noi.

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