Non basta dire "guerra giusta"
La guerra in Ucraina, iniziata nel febbraio 2022, è stata a lungo presentata come una "guerra giusta" da parte dell'Occidente. La narrazione dominante ha giustificato l'aiuto militare, finanziario e politico a Kyiv come una difesa della sovranità nazionale e dei principi fondamentali dell'ordine internazionale. Tuttavia, ciò che è apparso sempre più evidente con il progredire dello scontro (e delle sconfitte dei soldati ucraini) è che la giustezza di una guerra non si misura solo in base ai principi che la sottendono, ma anche in base al suo esito. Una guerra "giusta", se persa, può trasformarsi in un incubo di devastazione senza alcun ritorno, innescando nuove instabilità e sofferenze.
Zelensky e la disfatta militare
Nel corso degli ultimi mesi, le notizie dal fronte ucraino sono state sempre meno incoraggianti. Il presidente Zelensky si trova ora a fronteggiare una realtà ben diversa da quella che immaginava. La controffensiva ucraina dello scorso anno, ampiamente annunciata e sostenuta dall'Occidente, non ha prodotto i risultati auspicati. Le linee russe sono rimaste intatte e le perdite sul campo sono state ingenti.
Quella scelta sbagliata militarmente è stata l'inizio di un ciclo di sconfitte per Zelensky.
Secondo varie fonti, sempre più soldati ucraini starebbero disertando, mentre i giovani del Paese scelgono la strada della renitenza per evitare il servizio militare. Le risorse materiali e umane si stanno rapidamente esaurendo, e il morale è ai minimi storici. La narrazione di Zelensky sulla possibile riconquista della Crimea e delle regioni orientali si è rivelata una chimera. Con il sostegno militare occidentale che inizia a vacillare, la possibilità di una vittoria totale dell'Ucraina appare sempre più irrealistica. Anzi. Quella che si prepara è la Caporetto di Zelensky.
Un'opportunità diplomatica mancata
A questo punto, è lecito chiedersi se la strada della diplomazia non avrebbe potuto evitare questo bagno di sangue. Gli accordi di Minsk, che prevedevano una maggiore autonomia per le regioni del Donbass, avrebbero potuto rappresentare una via per una pace negoziata. Escludere Kyiv dalla NATO e garantire una posizione di neutralità geopolitica, come molti avevano suggerito, avrebbe potuto scongiurare il conflitto. Invece, la linea dura scelta dal governo ucraino, fortemente influenzato dall’appoggio occidentale, ha portato a una guerra devastante che, a oggi, sembra lontana dall’avere un esito favorevole per Kyiv.
Il prezzo della guerra
Le cifre parlano chiaro: un milione di morti e feriti, città distrutte, milioni di sfollati. La guerra ha consumato enormi risorse, non solo per l'Ucraina, ma anche per i Paesi che la sostengono. Il sogno di Zelensky di una vittoria totale si è infranto contro la dura realtà della resistenza russa, e il suo obiettivo di riconquistare la Crimea sembra sempre più un’ossessione irrealizzabile, piuttosto che un piano strategico realistico.
Nel frattempo, l'Occidente inizia a interrogarsi sulla sostenibilità del suo sostegno a oltranza. Gli Stati Uniti, in particolare, stanno affrontando un dibattito interno su quanto ancora siano disposti a investire in una guerra che sembra non avere fine. Le risorse militari sono limitate, e con la crescente sfida cinese sullo scenario globale, Washington potrebbe decidere di concentrarsi su altre priorità.
Una guerra trasformata in incubo
Alla luce di tutto ciò, la domanda che emerge è: chi beneficerà davvero di questa guerra? Per ora, sembra che l'unico risultato concreto sia una devastazione senza precedenti, con poche prospettive di pace duratura. Una "guerra giusta", se combattuta senza una chiara strategia di vittoria o una via d'uscita negoziata, può trasformarsi rapidamente in una guerra che causa solo distruzione.
La storia è piena di esempi in cui la smania di vittoria ha portato al disastro, e l’Ucraina rischia di diventare l'ultimo tragico capitolo di questa lezione.
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