Denunce e proposte dalla manifestazione per la pace in Congo
L’occupazione dell’area di Goma nel Nord Kivu da parte delle milizie M23 e dell’esercito ruandese nelle ultime settimane ha aggiunto altri orrori a trent’anni di guerra e miserie che hanno provocato 10 milioni di vittime, 7 milioni di profughi interni, due milioni di sfollati intorno a Goma. L’intensificarsi del conflitto in Nord Kivu ha già fatto in pochi giorni almeno 3.000 morti secondo stime Onu.
Questa guerra riscuote poca attenzione mondiale; eppure (o forse perché) «il mondo campa sul Congo per i materiali biotech», è stata una delle denunce dei partecipanti al presidio milanese. Sotto la pioggia, tante le bandiere congolesi intorno allo striscione «Verità sulla guerra nella Repubblica democratica del Congo». E tanti i cartelli, retti da adulti e bambini, a sottolineare, insieme all’urgenza della pace, le responsabilità internazionali in un conflitto per le risorse strategiche delle quali il paese è ricco: «Stop al genocidio per lo sfruttamento delle nostre risorse naturali»; «Omertà dell’Occidente»; «Uno smartphone vale una vita?»; «Europa: stop import di minerali dal Ruanda, rubati in Congo»; «No genocidio no balcanizzazione in Congo».
Pierre Kabeza, cittadino congolese, fa ricorso a un’immagine efficace: «Sulla guerra in Congo vogliamo interrogare la coscienza dell’Europa e del mondo e quella della stampa italiana e occidentale. In Congo non c’è una ribellione, non c’è una guerra civile; c’è una guerra di aggressione. Per capire bene la situazione si pensi un albero: le sue radici non si vedono, sono nascoste. E le radici nascoste della guerra sono in Occidente, negli Stati uniti, nell’Unione europea. Il tronco è il piccolo Ruanda. E le foglie e i rami sono i delinquenti armati che fanno la guerra sul campo». La linfa che nutre il conflitto, su fino alle foglie, sono dunque gli interessi dei potenti.
Che fare? Come hanno sottolineato numerosi interventi, la condanna verbale dell’avanzata dell’M23 e dell’intervento armato ruandese, pur espressa da tanti paesi a livello internazionale, non basta. Occorrono fatti: «L’Ue deve cancellare il protocollo d’intesa sulle materie prime critiche firmato nel 2024 con il Ruanda», un paese che nel sottosuolo non ha queste risorse e le estrae in Congo illecitamente. Con Kigali, i paesi occidentali hanno anche accordi militari. «L’Italia non compri materie prime che vengono dalla ricettazione» ha chiesto Denis, avvocato congolese, ricordando anche che il caso dell’ambasciatore Luca Attanasio, ucciso a Kibumba vicino a Goma nel 2021, non è ancora risolto. E’ intervenuto anche il padre dell’ambasciatore.
«Noi di Goma, nati nella guerra, vogliamo la pace. Anche l’Unione europea deve lavorare per questo» ha detto John. Diversi altri hanno ricordato che in Congo convivono centinaia di etnie in pace fra loro e che il paese ha accolto tanti rifugiati. Potrebbe accogliere anche tanti lavoratori: «Se le grandi ricchezze della Rdc non fossero rapinate, magari sarei andata a lavorare là, anziché qui in Italia», ha puntualizzato una partecipante senegalese.
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