Conflitti

L¹autismo dell¹impero

28 maggio 2004
Noam Chomsky - trad. A.Bariviera
Fonte: Le Monde Diplomatique

Contrariamente a quello che si potrebbe pensare, le occupazioni militari,
anche quando si realizzano nel modo più brutale, possono uscirne vittoriose.
Valga come esempio l¹occupazione di Hitler dell¹Europa Occidentale oppure
quella dei paesi dell¹Est Europeo da parte della Russia durante il
dopoguerra. In ambedue i casi, i territori occupati erano governati da
collaborazionisti che avevano a propria disposizione apparati civili e
militari e che potevano contare soltanto con l¹appoggio delle truppe
d¹occupazione. Nel caso di Hitler nacque una resistenza valorosa, che
comunque, senza l¹aiuto dall¹esterno, sarebbe stata annientata. Nell¹Europa
dell¹Est (così come in Russia), gli Stati Uniti cercarono di appoggiare la
resistenza antisovietica fino agli inizi degli anni 50, senza successo.

Consideriamo, invece, l¹invasione dell¹Irak. Ha messo fine a due regimi
mostruosi, di uno si poteva parlare, dell¹altro no. Il primo era il regno
del tiranno; il secondo erano le sanzioni imposte dagli Stati Uniti e
l¹Inghilterra, sanzioni che hanno ucciso centinaio di migliaia di persone,
devastato la società, rafforzato il potere del tiranno e obbligato la
popolazione a fidarsi di lui per sopravvivere (attraverso il razionamento)
, preservando, in questo modo, Saddam Hussein dal destino di altri dittatori
appoggiati di volta in volta dai diversi governi degli Stati Uniti e, in
particolare, dai membri e amici dell¹attuale amministrazione americana -
Shuarto, Marcos, Duvalier, Mobutu, ecc. ­ che sono stati rovesciati
dall¹interno. Qualcosa del genere era plausibile prima della guerra.

Non ci sono dubbi che la popolazione ha ben accolto la fine delle sanzioni e
la fine del regime di Saddam Hussein; come anche coloro che in tutto il
mondo si opponevano alla guerra contro l¹Irak, sebbene questo fatto sia
stato nascosto da parte dell¹attuale amministrazione . Si potevano anche
annullare le sanzioni senza conflitto; inoltre, se queste fossero state
abrogate, la popolazione probabilmente sarebbe riuscita a liberarsi della
dittatura. Le indagini dell¹ispettore David Key, nominato dal presidente
George Bush dopo la vittoria, non solo hanno smentito in modo chiaro il
presunto possesso delle armi di distruzione di massa da parte dell¹Irak,
ma hanno dimostrato anche che, negli anni precedenti all¹invasione
americana , il potere che esercitava Saddam Hussein era molto fragile. Tutto
questo ha confermato, in seguito, le tesi di numerosi esperti che
conoscevano bene la situazione interna dell¹Irak. Per esempio, Denis
Halliday (1) e Hans van Sponeck, coordinatori dell¹aiuto umanitario
dell¹Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) che avevano detto in varie
occasioni che, se l¹embargo e le sanzioni imposte da Washington e Londra non
avessero gravato sulla popolazione, gli stessi iracheni si sarebbero
occupati di abbattere il tiranno.

Sappiamo che gli interventi militari possono avere effetti secondari
positivi: così, il bombardamento di Pearl Harbour da parte dell¹aviazione
giapponese, nel dicembre del 1944, portò all¹espulsione delle potenze
imperiali occidentali dall¹Asia, salvando in questo modo milioni di vite
umane che si sarebbero perse nelle guerre di liberazione. Questo giustifica
il fascismo giapponese e i suoi crimini? E¹ chiaro che non è così. E sono
convinto che la aggressione giapponese contro gli Stati Uniti è stato un
crimine di guerra, il ³crimine capitale ² secondo il tribunale di
Norimberga.

Arthur Schlessinger, il più prestigioso storico americano , quando
incominciarono i bombardamenti in Irak, ricordava giustamente quello di
Pearl Harbour. Il presidente Franklin D. Roosvelt, diceva, non si sbagliava
quando sosteneva che l¹attacco giapponese era un momento segnato
nell¹infamia e che gli americani dovevano vivere l¹attacco contro l¹Irak
come una infamia paragonabile a quella della politica imperiale giapponese.

Con la fine dei due regimi, quello delle sanzioni e quello di Saddam
Husseim, Stati Uniti disponeva di risorse enormi per ricostruire l¹Irak. La
popolazione si sentiva sollevata e la resistenza non aveva in pratica
nessun appoggio esterno. Comunque, questa si è sviluppata dall¹interno
fondamentalmente come risposta alla violenza e la ferocia degli invasori.
C¹era proprio bisogno di vero talento per subire un fallimentoS

Il fatto è che l¹invasione ha scatenato una serie di violenze che ha dato
origine, a sua volta, ad ancora più violenza, come dimostrato dalle spietate
battaglie di Faluya dove i civili iracheni sono le prime vittime. Se i
collegamenti fra il vecchio regime iracheno e la rete terrorista Al-Qaida
non sono mai esistiti, tutto il mondo riconosce che l¹Irak occupato è
diventato oggi un ³santuario dei terroristi ³. Così l¹ha dimostrato in
particolare Jessica Stern, esperta di terrorismo dell¹Università di Harvard,
in una ricerca pubblicata dal New York Times (2) dopo la distruzione della
sede ONU di Bagdad.

La guerra contro l¹Irak ebbe inizio nonostante l¹opposizione dell¹opinione
pubblica internazionale, che temeva che questa aggressione portasse ad una
espansione del terrorismo. L¹amministrazione George Bush considerò questo
come un rischio minore in confronto con la prospettiva di poter controllare
l¹Irak e le sue ricchezze, di lanciare la prima ³guerra preventiva² e di
rafforzare la propria influenza nel panorama americano interno.

D¹altronde, la ³guerra contro il terrorismo ² è fallita e gli attacchi
sanguinari si sono estesi in tutto il mondo. Per disgrazia degli abitanti,
il numero delle città nelle quali è giunto il terrore dopo l¹11 settembre
2001 non cessa di crescere, in particolare dopo la guerra in Irak.
Attualmente coinvolge Bagdad, Casablanca, Istambul, Yakarta, Gerusalemme,
Haifa, Ashdod, Mombasa, Mosca , Riyad e Madrid. Prima o poi, di questo
passo, è possibile che il terrorismo e le armi di distruzione di massa
finiscano per raccogliersi in una sola organizzazione violenta le cui
aggressioni potrebbero essere ancora più spaventose.

Il concetto di ²guerra preventiva ² , così apprezzato da Bush, ha fatto
conoscere la sua vera natura: un semplice eufemismo per poter aggredire
liberamente chiunque. Il carattere arbitrario e pericoloso di questa
dottrina, e non solo la sua applicazione in Irak, hanno dato luogo nel
febbraio 2003 alle grandi proteste contro l¹invasione, contestazione che si
è allargata da allora, specialmente per l¹incapacità di Washington di
dimostrare che il regime di Saddam Husseim possedeva le armi di distruzione
di massa, accusa che fa luce su questa grande menzogna di Stato.

Ad aprile 2003, i sondaggi effettuati evidenziavano che i cittadini
americani volevano che l¹ONU esercitasse il ruolo principale durante il
dopoguerra nella ricostruzione politica ed economica dell¹Irak. Tuttavia ,
il fallimento dell¹occupazione è sorprendente, data la potenza militare e le
risorse di cui dispongono gli Stati Uniti. Ha anche portato
l¹amministrazione Bush a fare marcia indietro e a rassegnarsi a chiedere
l¹aiuto delle Nazioni Unite. Ma, l¹ONU vorrebbe sapere se l¹Irak sarà
qualcosa di più di uno stato vassallo di Washington. Gli Stati Uniti di
America ha costruito a Bagdad la sede diplomatica più grande al mondo con
3.000 funzionari, questo indica chiaramente che il passaggio dei poteri
previsto per il prossimo 30 giugno 2004 sarà molto limitato.

Questo sentimento si vede rafforzato dalla pretesa americana di mantenere in
Irak le loro basi militari e una presenza massiccia delle loro forze armate.
Questa volontà di fare di Bagdad un suo vassallo, si vede confermata dagli
ordini dati da Paul Bremer, viceconsole di Washington, per fare in modo che
l¹economia locale rimanga aperta e controllata dagli stranieri. La perdita
del controllo dell¹economia riduce radicalmente la sovranità politica e le
prospettive di un sano sviluppo. E¹ una delle lezioni più chiare della
storia. Nessun paese colonizzato ha potuto svilupparsi finche la sua
politica e la sua economia erano dominate dalla potenza di occupazione.

A dicembre 2003, una indagine del Program of International Policy attitudes
/ Knowledge Networks evidenziò che la stessa popolazione americana appoggia
debolmente la decisione di mantenere, in forma permanente, una forte
presenza militare in Irak. Questa preoccupazione popolare è dovuta a che la
gente non crede che la causa sia giusta. Se questo si riflettesse nei seggi,
nel prossimo mese di novembre, potrebbe provocare un cambiamento politico
importante. Anche se la offerta elettorale negli Stati Uniti e molto ridotta
e la gente sa che normalmente le elezioni sono artefatte. Il candidato
democratico John Kerry viene a volte descritto come un ³Bush con poche
calorie ² . Malgrado ciò , può succedere che le due frange di quello che
chiamano il ³Partito degli imprenditori ² presentino politiche diverse.
Piccole differenze, inizialmente, tra i due candidati possono dare luogo,
alla lunga, a grossi cambiamenti e di natura molto diversa a seconda che il
vincitore sia Bush oppure Kerry. Questo si vedrà nel prossimo mese di
novembre come si e già visto nel 2000 quando si sono confrontati Bush e
Albert Gore.

Bush espone così la sua dottrina: ³Liberare il mondo dal male e dal
terrorismo ³. ³Dichiarare la guerra al terrorismo ³, disse dopo l¹11
settembre 2001, ³vuol dire anche dichiarare la guerra a qualunque Stato
che protegga ai terroristi. Perché uno Stato che accoglie sul suo territorio
i terroristi è a sua volta uno Stato terrorista quindi deve essere
considerato come tale .² in nome di questa dottrina Bush dichiarò la guerra
all¹Afganistan enl 2001. E minaccia altri paesi come la Siria. Possiamo
chiederci se Bush è veramente coerente, dato che ci sono molti atri Stati
che accolgono i terroristi, che li proteggono e non sono ne bombardati ne
invasi. Ad incominciare daS. gli Stati Uniti stessi!

E risaputo che dal 1959 gli Stati Uniti hanno sponsorizzato attacchi
terroristi contro Cuba. Tra questi si può ricordare l¹invasione della Bahia
dei Porci nel 1961, l¹attacco aereo contro i civili, i bombardamenti in
luoghi pubblici dell¹Avana e in altri luoghi, l¹omicidio di funzionari,
l¹abbattimento durante il volo di un¹aereo di linea cubano nel 1976 che
provocò più di ottanta morti, così come decine di complotti per uccidere
Fidel Castro. Uno dei terroristi anticastristi più conosciuti, accusato di
essere il cervello dell¹attentato contro l¹aereo di linea nel 1976, è
Orlando Bosch. Nel 1989, George Bush padre fece annullare la decisione del
Ministero di Giustizia che aveva negato la richiesta di asilo presentata da
Bosch. Di conseguenza, vive tranquillamente negli Stati Uniti da dove
continua con la sua attività anticastrista.

L¹elenco dei terroristi che hanno trovato rifugio negli Stati Uniti
comprende anche Emmanuel Costant, di Haiti, conosciuto con il nome di
³Toto², un vecchio leader paramilitare dell¹epoca dei Duvalier. ³Toto² è
il fondatore del Frente Revolucionario para el Avance y el Progreso di Haiti
(FRAPH), gruppo paramilitare che, agli ordini della giunta che rovesciò il
presidente Aristide ha terrorizzato la popolazione dal 1990 fino al 1994.
Secondo notizie recenti, ³Toto² abita nei Queens a New York. E Washington
ha respinto la richiesta di stradizione richiesta da Haiti. Per che? Perché
³Toto² poteva rivelare i legami tra gli Stati Uniti e la giunta colpevole
del omicidio ­ per mano degli uomini del FRAPH ­ tra 4.00 0 e 5.000
haitianiS Bisogna aggiungere che tra i malviventi che hanno partecipato, al
fianco delle truppe americane, nel recente golpe di stato contro il
presidente Aristide ci sono vari ex dirigenti dell¹organizzazione terrorista
FRAPH.

Washington sfugge in continuazione nel consegnare quelli che gli hanno reso
dei buoni servizi, anche se si tratta di terroristi. Così, a febbraio del
2003, Venezuela chiese l¹estradizione di due ufficiali che avevano
partecipato nel golpe di stato dell¹11 aprile 2002 contro il presidente
Hugo Chàvez e che, in seguito, avevano organizzato un attentato a Caracas e
poi fuggiti a Miami, dove trovarono rifugio. Ovviamente, Washington la
rifiutò.

Il fatto è che non tutti i terroristi sono uguali. E quelli che servono agli
interessi degli Stati Uniti non dovrebbero essere definiti con la brutta
parola di ³terroristi ² . Sono i nuovi ³combattenti della libertà², come
veniva chiamato dai mezzi di comunicazione lo stesso Osama Bin Laden,
all¹epoca in cui atterriva i sovietici per conto degli Stati UnitiS²

Note: 1. Denis Halliday, "Des sanctions qui tuent", Le Monde
diplomatique, gennaio 1999.

2. Jessica Stern, "How America Created a Terrorist Haven", The New York
Times, 20 agosto 2003.
**************************************************************************************
traduzione di Alejandra Bariviera a cura di Peacelink

Articoli correlati

  • Beati i costruttori di stati
    Palestina

    Beati i costruttori di stati

    Quella israeliana non è un'occupazione, in realtà, ma una guerra: e il processo di pace solo un'arma del suo arsenale. A due mani, Noam Chomsky e Ilan Pappé riesaminano la questione palestinese
    24 febbraio 2011 - Francesca Borri
  • Israele nega il permesso al professor Noam Chomsky di entrare in Palestina
    Palestina
    Un precedente: nel 1968 gli fu vietato di entrare in Cecoslovacchia

    Israele nega il permesso al professor Noam Chomsky di entrare in Palestina

    "Una grossolana illegalità". Non ha potuto incontrare studenti e professori del Dipartimento di Filosofica dell’Università palestinese di Birzeit. Sono state le autorità militari israeliane ad impedirglielo. Siamo in presenza di una violazione sistematica della libertà del popolo palestinese in generale e, in particolare, dei ricercatori
    19 maggio 2010 - Emilio Gianicolo
  • Conflitti
    Intervista di Michael Albert a Noam Chomsky

    Iraq: ieri, oggi e domani

    Perché gli USA hanno invaso l'Iraq? Qual è stato l'impatto del movimento contro la guerra sulla politica e sui suoi pianificatori?
    26 febbraio 2007 - N. Chomsky e M. Albert
  • Latina

    Tempi nuovi per l’America Latina

    Intervista a Noam Chomsky realizzata da Bruno Simone per conto del settimanale Brasil de Fato
PeaceLink C.P. 2009 - 74100 Taranto (Italy) - CCP 13403746 - Sito realizzato con PhPeace 2.7.26 - Informativa sulla Privacy - Informativa sui cookies - Diritto di replica - Posta elettronica certificata (PEC)