Nonostante tutta l'Imponente Retorica, Non Siamo Riusciti a Portare a Termine la Nostra Missione in Afghanistan
Due anni fa, immediatamente dopo la rimozione dei Talebani in Afghanistan, Tony
Blair aveva promesso che la Comunità Internazionale non avrebbe ignorato la
difficile situazione della gente Afgana, e che "questa volta non ce ne
andremo". Possiamo forse non essercene ancora andati, ma abbiamo indubbiamente
voltato lo sguardo - all'Iraq. E ora il nostro Primo Ministro con la medesima
convinzione sta spargendo in giro promesse sul fatto che noi in quelle terre
continueremo a "seguire la rotta tracciata". Ma oggi la vita in Afghanistan è
difficile tanto quanto lo era sotto i Talebani e, nonostante tutte le promesse
di Blair, rimane uno stato senza legge e impoverito. Il Comitato per gli Affari
Esteri della Camera dei Comuni lancerà un monito in Luglio che il nostro
fallimento di ricostruire l'Afghanistan del dopoguerra potrebbe ripetersi in
Iraq.
È salutare riconoscere quanto malamente sia venuta a mancare la Comunità
Internazionale in Afghanistan. Per molti anni, le due principali esportazioni
di quel paese sono state il terrorismo e le sostanze stupefacenti. L'invasione
condotta dagli Stati Uniti può avere arrestato il flusso della prima, ma non ha
fatto niente per impedire la diffusione della seconda. L'Afghanistan è ancora
una volta il principale esportatore a livello mondiale di eroina, questo
secondo l'ufficio delle Nazioni Unite per le Droghe e il Crimine. Questa è ben
difficilmente la maniera corretta per drenare quel paese nel sistema delle
nazioni civilizzate.
Ma le droghe sono solo una parte della storia. Il fallimento da parte della
Comunità Internazionale di sviluppare una stabile economia interna ha lasciato
molti coltivatori con ben poche alternative se non quella di dedicarsi alla
coltivazione della droga se vogliono provvedere alle loro famiglie. La
ricostruzione economica non può continuare senza fondi monetari e c'è stata una
notevole mancanza di volontà che si è evidenziata su questo fronte. Secondo la
maggior parte delle stime, il paese ha bisogno dai 15 ai 20 miliardi di dollari
nel corso dei prossimi cinque anni per costruire strade, ospedali e per fornire
la gente di cibo. La Comunità Internazionale ha promesso soltanto 7 miliardi di
dollari. Questa è una costruzione di nazione fatta in piena economia; e senza
cogliere di sorpresa più di tanto, non sta funzionando.
E allora veniamo alla radice di tutti i problemi del paese: la sicurezza, o
piuttosto la sua mancanza. L'autorità del presidente dell'Afghanistan, Hamid
Karzai, è strettamente limitata alla capitale Kabul. Altrove, sgradevoli
signori della guerra quali il Generale Dostum e Ismail Khan spadroneggiano su
private tenute feudali senza alcun riguardo verso l'amministrazione centrale.
Alle ragazze potrà anche essere consentito di andare a scuola sotto la nuova
costituzione, ma questi diritti sono semplicemente ignorati nelle province.
Non eletti e sotto alcuna responsabilità, questi uomini governano con una
brutalità che avrebbe rivaleggiato persino con i Talebani. E gli stessi
Talebani sono ben lontani dall'essere finiti in Afghanistan: nel cuore delle
terre Pashtun nel sud del paese, sono riapparsi, intimidendo funzionari locali
e intraprendendo una vera e propria guerriglia contro le forze Americane.
Le 10.000 truppe Americane ancora stazionate nel paese considerano essere il
loro obiettivo primario l'eliminazione dei terroristi e, in particolare, la
cattura di Osama bin Laden. Peggio ancora, il ristretto numero di squadre
provinciali di ricostruzione guidate dall'esercito portano a confondere le
missioni umanitarie con i militari. Nella maniera in cui l'ha messa un soldato
degli Stati Uniti: "più ci aiutano a trovare i cattivi, e maggiori sono le cose
buone che ottengono". Come conseguenza di questo, gli operatori umanitari sono
diventati "obiettivi legittimi" agli occhi degli insorgenti.
La costruzione di nazione dall'alto verso il basso appare essere una vana
speranza. Il Presidente Karzai è stato costretto a posporre le elezioni che
erano previste per il mese prossimo. Questo è dovuto all'instabilità
onnipresente e al fatto che su 10.5 milioni di persone che sono eleggibili al
voto soltanto 1.6 milioni si sono registrate. Con ogni giorno che passa, la
legittimità del Presidente tende a sbiadire.
Gli Afgani sono più che giustificati quando fanno riferimento alla vuota
retorica del Presidente Bush sulla "diffusione di libertà" e all'atteggiamento
messianico del nostro stesso Primo Ministro di questi ultimi due anni. Tanto
come in Iraq, hanno sostenuto di essere dei liberatori, ma la realtà è stata
ben differente da questa. Non siamo riusciti a portare a termine la nostra
missione in Afghanistan e a meno che la Comunità Internazionale non arrivi a
intensificare i suoi sforzi nel fornire sicurezza al paese, il futuro rimarrà
assai deprimente. Poiché il Presidente Bush insiste che la sua costruzione di
nazione in Iraq sta seguendo il programma prestabilito, l'abbandono degli
Afgani non soltanto sembra essere il risultato di cattivi consigli, ma anche un
cinico tradimento.
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