Conflitti

Dal presidio di Assopace a Nablus (VII)

sotto assedio si disputa, dopo tre anni e mezzo, un campionato di pallacaneastrro a cui paretecipa la squadra dei "Samaritani" ebrei palestinesi trattati da Israele allo stesso modo degli altri palestinesi sia mussulmani che crisitiani
1 giugno 2004
Giorgio Stern
Fonte: Assopace
Nablus, 30 maggio 2004 La fresca primavera oggi ha lasciato il passo al caldo estivo. Cambia il tempo, ma non le amene abitudini degli israeliani. Come al solito, nella notte, i soldati sono entrati, sparando, nella Citta' Vecchia. Al mattino l'ambulanza del Medical Relief raggiunge un casetta dove i sicari di Sharon, malmenato il proprietario, si sono installati per alcune ore. Andandosene hanno lanciato almeno una bomba fumogena che nell'eplodere ha scheggiato il selciato di durissima pietra! Al rientro rivedo altri due volontari, Giuditta e Fabio, arrivati con la seconda ambulanza inviata a portare aiuto ad altre case occupate questa mattina, da dove i soldati di tanto in tanto ancora sparano dalle finestre. Cerco di rendere la dimensione pratica, "normale" del vissuto di questa citta'. Nablus ha centottantamila abitanti. E' un grosso centro urbano situato in una valle dai cui rilievi, circa novecento metri, dominano due grosse basi militari israeliane. Le uscite della citta' sono semplici da controllare. Gia' ai tempi dei romani (Nablus e' la Nea Polis di allora) gli ingegneri imperiali avevano costruito un reticolo di gallerie per sfuggire agli assedi. E a Nablus, citta' assediata dal 28 marzo 2002 {quando, invasa dai carri armati, in un solo giorno ebbe ottanta morti} oggi gli assedianti scorrazzano come meglio gli aggrada. Stretta nella morsa dei posti di blocco la gente non puo' entrare o uscire senza subire controlli tanto minuziosi e insultanti quanto lunghi ed imprevedibili. Poi quando, e se, riescono a tornare a casa, potrebbero ricevere, magari a notte fonda, le visite di cortesia dei bravi cittadini in divisa del cosi' detto "stato ebraico" (definizione giustamente contestata da moltissime persone di religione ebraica). Non dimentichiamo che l'occupazione israeliana dura da decenni. Molto piu' lunga quindi di quella imposta da fascisti e nazisti all'Europa nella Seconda guerra mondiale. La sottolineatura temporale ha un suo significato perche' l'oppressione militare israeliana marca non una, ma molte generazioni. Io ricordo l'occupazione nazista (e il suo corollario di servi fascisti e repubblichini) come un incubo lungo cinque anni alla fine del quale vi fu la Liberazione, ed una nuova vita. Qua in Palestina non si vede una fine.! Non c'e speranza! Solo volonta' di continuare a vivere cercando, giorno dopo giorno, di ricostruire fuori e dentro di se' un barlume di normalita' umana (magari soltanto sognata). Quanto segue appartiene ad un singolare momento di questa continua ricostruzione. Nel tardo pomeriggio assisto all'inizio del campionato cittadino di pallacanestro che riprende dopo tre anni e mezzo di sosta forzata. Di fronte una squadra di Nablus e quella del villaggio di Samaritani situato appena oltre l'alto rilievo occidentale. Se mi stupisce che qui a Nablus abbiano un campionato di pallacanestro, mi stupisce ancor piu' che vi sia una squadra di "Samaritani". Le "grandi firme" del giornalismo italiano non mi pare abbiano mai raccontato la storia di questa piccola comunita' ebraica palestinese, con una sua squadra di pallacanestro, con un proprio seggio nel Consiglio Legislativo Palestinese, a cui Israele riserba la stessa sorte di ogni altro palestinese, cristiano, musulmano o ebreo.
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