Parla Stasa Zajović, Donna in nero di Belgrado
Osservatorio sui Balcani: So che qualche giorno fa le Donne in nero hanno organizzato una conferenza internazionale a Belgrado. Di cosa avete discusso?
Stasa Zajović: Dal 28 al 30 maggio si ?tenuta a Belgrado una conferenza dal titolo Tutto per la pace, la salute e la conoscenza, niente per gli armamenti. Con questa conferenza abbiamo commemorato il 24 maggio, giornata internazionale delle azioni femminili per la pace e il disarmo e il 28 maggio, giornata internazionale per la salute delle donne e il diritto alla procreazione.
Inoltre, a questa conferenza sono state promosse diverse forme di obiezione di coscienza quali: l’obiezione alle spese militari, alla militarizzazione del sistema educativo, alla fascisticizzazione delle istituzioni educative e culturali. Il tutto nell’ottica di affrontare la questione della sicurezza con la popolazione femminista e antimilitarista.
Nell’ambito della conferenza si sono tenuti i seguenti panel La globalizzazione del conservatorismo e del fondamentalismo, due gruppi di lavoro e un panel dal titolo N?in nostro nome, n?col nostro denaro! (in tutto circa 60 partecipanti dalla Serbia e Montenegro, dalla Bosnia Erzegovina, dalla Croazia, Gran Bretagna, Israele e USA).
Il primo panel, dove tra gli altri hanno parlato Anissa Helie Lucas (Londra), Ankica Cakardic (Zagabria) e Ksenija Forca (Belgrado), ha mostrato che non esiste un solo tipo di fondamentalismo, quello islamico, ma anzi nella regione si manifestano in modo evidente anche il fondamentalismo ortodosso e quello cattolico, che sono in connubio con le altre tendenze retrograde della ri-tradizionalizzazione e della ri-patriarcalizzazione della societ?(sia in Serbia e Montenegro che in Bosnia Erzegovina e Croazia). Sul versante internazionale ?evidente la relazione tra i differenti tipi di fondamentalismo e la globalizzazione dell’economia neoliberale (e la politica delle grandi potenze), in cui si ispirano e si aiutano reciprocamente . Le vittime maggiori di questa congiuntura sono i popoli dei paesi non sviluppati, ed in particolare le donne.
Il secondo panel ha tematizzato la relazione tra militarismo e povert? la privatizzazione dei servizi sanitari, la questione della sicurezza e il problema del dirottamento delle spese militari su quelle dell’educazione, della salute, ecc.
Le relazioni introduttive sono state fatte da: la vice ministra serba della salute, professoressa Snežana Simić, Anissa Helie Lucas (coordinatrice del WLMUL di Londra), Orli Fridman (Donne in nero di Tel Aviv), professor Lino Veljak (Universit?di Zagabria), Jadranka Miličević (Donne in nero di Sarajevo), Ruža Ćirković (giornalista del settimanale NIN, Belgrado) ed io (Donne in nero di Belgrado). Anche in questo panel al centro dell’attenzione c’era la questione della divisione dei poteri e le tendenze della loro ridistribuzione (sia di quelli ambiti che di quelli non desiderati), durante il panel ?stata sottolineata la necessit?dell’adattamento delle esperienze mondiali alle condizioni locali, le quali segnano le tendenze negative sulla ridistribuzione dei poteri.
Infine, dopo questa conferenza, il 1?giugno si ?tenuta una conferenza analoga a Novi Pazar, dove davanti ad oltre cento persone hanno discusso sulle differenti forme di fondamentalismo e sulla relazione con i poteri economici mondiali e le tendenze retrograde, la professoressa Marta Delafuente, dall’Argentina, poi Anissa Helie Lucas, Lino Veljak ed io.
OB: Qual ?oggi il ruolo delle donne in Serbia?
SZ: Le donne in ambito politico sono pi?riconosciute che al periodo del regime di Milošević, nonostante siano lontane dalla parit? Tuttavia, devo dichiarare che non ?importante che una qualche funzione pubblica sia occupata da una donna, se quest’ultima mantiene delle posizione retrograde e reazionarie, che conducono la societ?al medioevo e che riportano le donne al loro ruolo tradizionale. Cos?che non possiamo appoggiare quelle politiche che assumono posizioni fasciste e nazionaliste o che si impegnano nel governo per delle riforme non democratiche. Per esempio, Gordana Pop Lazić, vicepresidente del Partito radicale serbo e vice presidente del Parlamento della Serbia, certo ?una donna, ma la sua politica non va nel verso n?della democratizzazione della societ?n?verso una reale parit?dei sessi ?ecco perch?non pu?avere il nostro appoggio.
OB: Voi siete sempre state tra le prime organizzazioni a manifestare contro il regime di Milošević. Avete sempre optato per la scelta non militarista. Ora, che Milošević non c’è pi?di cosa vi occupate e cosa organizzate per la societ?civile?
SZ: Il fatto che Milošević non sia pi?al potere non significa che le sue idee siano morte. Anzi, esse sono purtroppo riconosciute da una parte consistente della popolazione, dal corpo elettorale radicale e socialista, e non si deve dimenticare che il nuovo governo del premier Vojislav Koštunica ?stato formato con l’appoggio parlamentare dei socialisti di Milošević. La Serbia ?ancora lontana dalla societ?civile e dalla cultura della politica democratica. Ecco perch?il lavoro non ci manca, in particolare sul versante dell’educazione delle donne ad una autocoscienza civile e ai valori della societ?civile, come la pace e la non violenza. Il nazionalismo (l’etnocentrismo) ?tuttora la matrice centrale dell’opinione pubblica, e negli ultimi tempi in questo spazio si ?gettata sempre pi?la componente maggiormente reazionaria della Chiesa ortodossa serba, quella componente che ha benedetto i crimini di Arkan, Karadžić e Mladić e che oggi desidera giustificarli. Si crea un connubio specifico tra la Chiesa e l’Esercito, che fino alla fine ?stato fedele a Milošević, e oggi desidera l’ingresso nella NATO, credendo che in Iraq e in luoghi simili ci sia il bisogno della loro esperienza nella lotta al terrorismo. Queste due strutture autoritarie, la Chiesa e l’Esercito, rappresentano un grosso pericolo per il futuro democratico della Serbia.
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Osservatorio sui Balcani
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