Conflitti

ISRAELE: IL SUMMIT AD AQABA NON PRODURRA’ DICHIARAZIONI CONGIUNTE

2 giugno 2003
Rosarita Catani

GERUSALEMME – 2 giugno 2003 - Dopo che le forze d’occupazione israeliane uccidono un palestinese e ne feriscono altri due, funzionari israeliani, dichiarano che il summit in Giordania per la Pace in Medio Oriente, non produrrà dichiarazioni congiunte perché vi sono differenze di base sulla strada per andare avanti.

“Non vi saranno dichiarazioni comuni perchè noi siamo arrivati al punto che non vi è nessun accordo prioritario sul testo, nonostante gli sforzi della diplomazia Americana”. Funzionari palestinesi confermano che le due parti sono state incapaci di raggiungere un negoziato sul piano d’accordo, nonostante la mediazione dell’jnviato americano William Burns.

La differenza fondamentale concerne nel:“il riconoscimento dei Palestinesi di Israele come Stato Ebraico”, in cambio del pieno riconoscimento di uno stato Palestinese.”, afferma il funzionario israeliano che preferisce rimanere nell’anominato.

Yasser Arafat, dall’altro canto, tramite un suo portavoce, ha pubblicamente dichiarato che sarebbe opportuno trovare una dichiarazione congiunta sulla roadmap per la pace internazionale, dopo l’incontro in Giordania che avverrà Mercoledì 4 giugno, nel Golfo di Aqaba sul Mar Rosso.

Intanto, la violenza nei territori occupati continua Due ragazzi palestinesi sono stati gravemente feriti quando le truppe israeliane hanno aperto il fuoco su un gruppo di giovani palestinesi che lanciava sassi nella loro direzione. Un bambino di sette anni riversa in gravi condizioni, mentre un altro è rimasto gravemente ferito alla testa, dopo che le truppe israeliane hanno aperto il fuoco da un tank a Beit Hanoun, a Nord di Gaza. A seguito dello scoppio è stato ferito lievemente anche un ragazzo di vent’anni.

A Sud di Gaza, invece le truppe israeliane, uccidono Mahmoud Abu Amra di vent’anni.

Il ragazzo aveva sparato ai soldati israeliani vicino il confine di Kissumfin.

La repressione israeliana è sempre piu’ intensa nei confronti del popolo palestinese, nonostante, la settimana scorsa il premier israeliano Ariel Sharon abbia dichiarato, scioccando la comunità israeliana con la parola occupazione: “Penso che l’idea di tenere tre milioni e mezzo di Palestinesi sotto occupazione sia una cosa assurda per Israele, per i palestinesi ed anche per l’economia Israeliana”.

Poi, continuando nel suo discorso, corregge la parola “occupazione” dichiarando che il giusto termine era:”la disputa dei territori”. Sharon ha anche annunciato che provvederà a smantellare un certo numero di insediamenti ebraici, come richiesto dagli Stati Uniti nella roadmap.

Pacifisti israeliani, in una protesta svoltasi stamattina, chiedono esplicamene lo smantellamento di oltre dieci insediamenti ebraici nel West Bank. I pacifisti sostengono che gli insediamenti sono stati costruiti senza autorizzazione. Alla stregua di ciò, il Ministro per le abitazioni israeliano, dovendo provvedere a dare una nuova casa ai coloni, ha dato disposizioni per la costruzione di un nuovo distretto residenziale nell’ampio insediamento ebraico nel West Bank. Il piano prevede la costruzione di 502 appartamenti nell’insediamento di Maale Adumim, vicino al Quds (Gerusalemme occupata) allargando l’espansione del progetto di Israele.

Inoltre, l’autorità municipale israeliana in Gerusalemme ha sottoscritto un piano con il Ministero degli Interni israeliano, per la costruzione di un insediamento ebraico vicino al villaggio di Abus Dis in Gerusalemme Est. Il nuovo quartiere verrà chiamato Kdimat Tziyon ed includerà 230 appartamenti, oltre a due sinagoghe e 100 ettari di terra su una collina vicino al Parlamento palestinese.

Lo smantellamento degli insediamenti ebraici, con il relativo esodo forzato dei coloni ebrei nelle zone occupate, potrebbe creare ansie di rivalsa nei settori piu’ oltranzisti. Sara’ forse per questo che le autorità israeliane da una parte smantellano gli insediamenti e dall’altra li costruiscono?

Note: Rosarita Catani e' una reporter indipendente che invia i suoi resoconti da Amman, Giordania, raccontando da un punto d’osservazione privilegiato cosa accade in Iraq e in medio oriente. I suoi report - pubblicati regolarmente sul sito www.peacelink.it - sono utilizzabili liberamente previa citazione della fonte e dell'autrice
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