Conflitti

E' possibile che Blair non capisca che questo paese sta per esplodere? Possibile che non lo capisca neanche Bush?

Il Primo Ministro ha accusato alcuni giornalisti quasi di sperare che in Iraq succeda un disastro. Robert Fisk, che ha trascorso le ultime cinque settimane come cronista in un paese devastato e in via di deterioramento, dice che il disastro è gia' successo e continua a ripetersi.
3 agosto 2004
Robert Fisk (trad. P. Messinese)
Tradotto da per PeaceLink
Fonte: The Independent on Sunday, 01.08.2004

La guerra e' una frode. Non mi riferisco alle armi di distruzione di massa, che non esistono. Neanche ai legami tra Saddam Hussein ed Al Qaeda, che non esistono, Neppure a tutte quelle altre bugie che sono state usate per andare in guerra. Quello a cui mi riferisco sono le nuove bugie.

Perche', nello stesso modo in cui, prima della guerra, i nostri governi ci hanno messo in guardia da pericoli che non esistevano, adesso ci nascondono le minacce che invece esistono realmente. La maggior parte del territorio dell' Iraq e' ormai fuori dal controllo del governo fantoccio degli americani a Baghdad, ma nessuno ce lo dice. Ogni mese vengono sferrati attacchi a centinaia contro le truppe USA, ma, a meno che un americano non ci rimetta la pelle, nessuno ce lo dice. Questo mese il conto dei morti iracheni nella sola Baghdad e' arrivato a 700, il peggior mese dalla fine dell'invasione. Ma nessuno ce lo dice.

La gestione di questa catastrofe in Iraq e' apparsa fin troppo evidente durante il 'processo' di Saddam Hussein. Non solo l'esercito USA ha censurato le videocassette dell' evento; non solo hanno cancellato il sonoro degli altri 11 imputati, ma hanno anche fatto credere a Saddam Hussein, fino a che non e' entrato nella sala del tribunale, che si stesse avviando verso l'esecuzione. Quando e' entrato nella sala, lui credeva in realta' che il giudice lo avrebbe condannato a morte. Era cosi' che Saddam faceva funzionare i propri tribunali di stato, del resto. Non c' e' da meravigliarsi che sembrasse 'disorientato' (questa la chiarificatrice descrizione della BBC), perche', ovviamente, era quella l' espressione che lui doveva avere. Abbiamo fatto in modo che cosi' fosse. E' questo, tra l'altro, il motivo per cui Saddam ha chiesto al giudice Juhi: 'Ma..lei e' un avvocato? Questo e' un processo?' e appena ha capito che si trattava effettivamente della fase iniziale di un' udienza processuale (e non un atto preparatorio alla sua impiccagione) ha immediatamente adottato un atteggiamento bellicoso.

Non credo pero' che avremo modo di saperne di piu' in futuro su ulteriori, eventuali apparizioni di Saddam in tribunale. Salem Chalabi ( fratello del truffatore Ahmad, attualmente detenuto), uomo al quale gli Americani hanno affidato la responsabilita' della gestione del processo, ha dichiarato due settimane fa alla stampa irachena, che tutti i mezzi di informazione sarebbero stati esclusi dalle prossime udienze. Ed io capisco perche'. Perche' se Saddam fara' come Milosevic, vorra' sicuramente parlare dei veri legami che i servizi segreti e l'apparato militare del suo regime avevano stretto principalmente con gli Stati Uniti.

Vivere in Iraq in queste ultime settimane e' un' esperienza strana e pericolosa. Sono andato in macchina fino a Najaf. La Highway 8 è una delle strade peggiori in Iraq. Su quella strada gli occidentali vengono ammazzati. E' costellata di rottami bruciati di auto di polizia e di camion americani. Ogni postazione di polizia nell'arco di 70 miglia e' stata abbandonata.

Eppure, poche ore dopo, mi trovo seduto nella mia stanza a Baghdad, a guardare Tony Blair che sorride alla Casa dei Comuni, come se fosse un campione, vincitore di una competizione scolastica di dibattito, alla faccia del rapporto Butler.

A dir la verita', guardare una qualsiasi stazione televisiva occidentale a Baghdad, in questi giorni, e' un po' come sintonizzarsi col pianeta Marte. Non si rende forse conto Blair che l' Iraq e' sul punto di esplodere? Non se ne rende conto Bush? Il 'governo' istituito dagli americani controlla solo parti di Baghdad e, perfino in quelle zone, i suoi ministri e funzionari civili vengono assassinati, oggetto di attentati, con le autobomba. Baquba, Samara, Kut, Mahmoudiya, Hilla, Falluja, Ramadi, sono tutte al di fuori del controllo dell'autorita' del governo. Iyad Allawi, il 'primo ministro', e' appena poco piu' del sindaco di Baghdad. 'Certi giornalisti' dichiara Blair 'quasi spererebbero che succedesse un disastro in Iraq'. Non capisce ancora. Il disastro c'e' gia'. Adesso.
Come si puo' mai pensare che il prossimo gennaio ci possano essere le elezioni, quando gli attentatori suicidi si gettano con le loro macchine contro centinaia di reclute, all'esterno delle stazioni di polizia? Perfino la Conferenza Nazionale che dovrebbe provvedere alle nomine degli organizzatori delle elezioni e' stata rimandata due volte. Do' un'occhiata ai miei appunti di queste ultime cinque settimane e vedo che non un solo iracheno, non un solo sodlato americano, non un solo mercenario (americano, inglese o sud africano) con cui io abbia avuto modo di parlare, crede che ci saranno le elezioni il prossimo gennaio.
Concordano tutti nel dire che l'Iraq si stia deteriorando, giorno dopo giorno e la maggior parte di loro mi ha chiesto perche' noi giornalisti non lo diciamo.

Eppure, a Baghdad, accendo la televisione e vedo che Bush dice ai suoi sostenitori repubblicani che la situazione in Iraq sta migliorando, che il popolo iracheno sta dando pieno appoggio alla coalizione ed al nuovo governo made in USA, che la 'guerra al terrore' e' praticamente vinta e che gli americani sono piu' sicuri. Poi vado su un sito internet e vedo due uomini incappucciati che tagliano via la testa ad un americano a Riad e squartano le vertebre di un americano in Iraq. Ogni giorno sui giornali di qui si puo' leggere il nome di una ditta di costruzioni che si tira indietro e lascia il paese. Poi vado a fare una visita al cortese, seppure tragicamente triste, personale dell'obitorio di Baghdad e, ogni giorno, vedo decine di quegli iracheni che eravamo, presumibilmente, venuti a liberare, gridare, piangere e inveire mentre portano sulle spalle i corpi dei loro cari, chiusi in bare da pochi soldi.

Continuo a rileggere la dichiarazione di Tony Blair: 'Rimango convinto che fosse giusto andare in guerra. E' stata la decisione piu' difficile della mia vita. ' e non la capisco. Andare in guerra e' senz'altro una decisione terribile da prendere. Anche Chamberlain la pensava cosi, pero' non la trovo' difficile, perche' dopo l'invasione nazista della Polonia, era la decisione giusta da prendere. Mentre guido per le strade di Baghdad, adesso, e vedo le pattuglie americane terrorizzate e sento l'ennesima esplosione che fa tremare le finestre e le porte della mia stanza all'alba, mi rendo conto di capire il significato di quella frase. Quella di dichiarare guerra e di invadere l'Iraq l'anno scorso, e' stata la decisione piu' difficile che Blair potesse prendere, perche' pensava, giustamente, che potesse essere una decisione sbagliata. Non dimentichero' mai quello ha detto alle truppe britanniche a Bassora e cioe' che il sacrificio dei soldati britannici non era una messa in scena hollywoodiana, ma che si trattava di carne e sangue, veri. Si, quella era vera carne ed e' stato vero sangue ad essere versato, ma le armi di distruzione di massa, erano proprio quelle a non essere vere affatto.

' E' autorizzato l' uso della forza ', e' scritto ai posti di blocco in ogni parte di Baghdad. Autorizzato da chi? Non ci sono responsabili. Sulle grandi strade alla periferia della citta', i soldati americani gridano in continuazione agli automobilisti ed aprono il fuoco al minimo sospetto. Un sergente del 1° Cavalleria mi dice: 'L'altro giorno al nostro checkpoint sono arrivati dei Navy Seals. Ci hanno chiesto se avevamo problemi. Ho detto loro di si, ci stavano sparando da una casa, laggiu'. Uno di loro mi ha chiesto: quella casa? Noi abbiamo risposto
di si. Allora, con i loro tre fuoristrada, carichi di armi al titanio, si dirigono verso la casa. Dopo un po' ritornano e ci dicono 'Ci abbiamo pensato noi'. E nessuno ci ha piu' sparato.'

Cosa vuol dire tutto questo? Gli americani si vantano dell' assedio a Najaf. Il tenente colonnello Garry Bishop della 37° divisione armata, 1° battaglione, crede che sia stata la battaglia 'ideale' (anche se non è riuscito ad uccidere o ad arrestare Moqtad al Sadr, il capo dell'esercito 'Mehdi' contro il quale combattevano gli americani). Era 'ideale', spiega Bishop, perche' gli americani hanno evitato di danneggiare gli altari sacri degli Imam Ali e Hussein.

Come dovrebbe, questo, far sentire gli iracheni? Se un esercito musulmano occupasse il Kent, bombardasse Canterbury e poi si vantasse di non aver danneggiato la cattedrale, proveremmo, forse, gratitudine?

Cosa dobbiamo pensare di una guerra che si e' trasformata in un prodotto ell'immaginazione di quelli che l'hanno dichiarata? Mentre i lavoratori stranieri si precipitano fuori dall'Iraq per la paura di essere ammazzati, il segretario di Stato Colin Powell annuncia, ad una conferenza stampa, che il rapimento degli ostaggi sta producendo un certo ' effetto ' sulla ricostruzione.

Effetto? Le esplosioni delle condutture di petrolio sono ormai regolari come i tagli alla corrente elettrica. In alcune parti di Baghdad, adesso, hanno solo quattro ore di elettricita' al giorno. Le strade pullulano di mercenari stranieri, fucili che spuntano dai finestrini, urla ed ingiurie agli iracheni che non lasciano libera la strada e non si fanno da parte davanti alle loro macchine. Questo sarebbe l'Iraq ' piu' sicuro ' di cui parlava Blair qualche giorno fa. Ma in quale mondo vive il governo britannico?

Prendiamo il processo di Saddam, per esempio. La stampa araba al completo, compresi i giornali di Baghdad, ha pubblicato il nome del giudice. Certo, visto che lo stesso giudice aveva in precedenza rilasciato interviste sulle sue accuse di omicidio nei confronti di Moqtada al Sadr ed aveva posato per le foto sui giornali. Quando invece io ho menzionato il suo nome sull'Independent, sono stato solennemente censurato dal portavoce del governo britannico. Salem Chalabi ha minacciato di denunciarmi.
Allora. Fatemi capire. Noi abbiamo invaso illegalmente l' Iraq, abbiamo ucciso 11.000 iracheni e secondo il sig. Chalabi, insediato dagli americani, sarei io ad essere colpevole di 'incitamento all'assassinio'? Non ho bisogno di aggiungere altro.

Note: Traduzione di Patrizia Messinese a cura di Peacelink.
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