Conflitti

Una storia sanguinosa

Democratici, Repubblicani e l'egemonia statunitense in Medio Oriente

Richard Becker ripercorre brevemente gli ultimi sessanta anni della storia politica americana e spiega i motivi per cui ne' Repubblicani, ne' Democratici rinunceranno al controllo dell'Iraq
7 agosto 2004
Richard Becker (Trad.Chiara Panzera)
Fonte: August 2004 edition of Socialism and Liberation Magazine
Article link:
http://www.socialismandliberation.org/mag/aug04/iraqus.html - 01 agosto 2004

Cosa unisce e cosa divide Democratici e Repubblicani riguardo all'Iraq?

La fiera resistenza all'occupazione coloniale del paese ha aperto delle crepe ai
vertici della politica statunitense riguardo gli anni passati, portando ad
appelli da parte dei vari leader politici, incluso quello del candidato
democratico alla presidenziali John Kerry per una "internazionalizzazione"
dell'occupazione, chiedendo alle altre nazioni di provvedere ad un sopporto
economico e militare per il ruolo coloniale statunitense dell'Iraq.

In maniera empatica Kerry non si sta appellando per una fine dell'occupazione,
infatti lui ed un certo numero di leader del Partito Democratico insistono che
altre truppe devono essere mandate in Iraq e che in generale l'esercito
statunitense e' troppo piccolo per adempiere alla sua "missione globale".

Al momento ci sono circa 140.000 soldati americani in Iraq assieme a 25.000
soldati degli altri paesi e migliaia di mercenari addetti alla "sicurezza
privata". Nonostante i numeri e la potenza degli armamenti decisamente
superiore, gli occupanti non sono stati in grado di sopprimere o perlomeno di
contenere la resistenza irachena, che secondo i vari rapporti e' cresciuta non
solo in misura, ma anche in termini di strategia e di tattica.

Il fallimento degli occupanti statunitensi nello sconfiggere la resistenza, la
crescita delle morti e l'enorme costo della guerra ha scioccato i vertici
politici del paese. Kerry e i democratici sono critici nei confronti
dell'amministrazione Bush per non aver dato una copertura maggiormente
internazionale all'occupazione, che secondo loro aprirebbe la strada per decine
di migliaia di truppe aggiuntive dall'Europa, dall'India, il Pakistan e da
altri paesi.

Quello su cui non c'e' disaccordo nelle elite decisionali, sia democratiche che
repubblicane, e' la necessita' di considerare l'Iraq parte della strategia di
dominazione dell'intera ricchezza petrolifera e strategica del medio oriente.
Il controllo della regione e' stato un obiettivo centrale della politica
internazionale statunitense da sei decenni. La dominazione dell'area e' una
delle pietre fondamentali della Strategia di Sicurezza Nazionale (NSS-USA)
adottata come dottrina ufficiale nella politica estera a partire dal settembre
2002.

L'IRAQ E LE RADICI DELLA "STRATEGIA DI SICUREZZA NAZIONALE"

Sebbene il NSS-USA e' percepito da alcuni come una creazione dei conservatori
dell'ultima ora, le sue radici sono bi-partisan e risalgono alla seconda guerra
mondiale. Negli ultimi periodi della guerra, le amministrazioni Roosvelt e
Truman, dominate dalle grandi banche, il settore petrolifero e da altri
interessi corporativi, furono determinate nella ristrutturazione del dopoguerra
a livello mondiale per assicurare una posizione dominante per gli Stati Uniti.

Gli elementi chiave nella strategia furono: primo, superiorita' militare
statunitense negli armamenti atomici e convenzionali; secondo, dominazione
statunitense sulle nuove istituzioni appena create quali le Nazioni Unite, il
Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale, e posizionare il dollaro
quale valuta mondiale di riferimento; terzo, controllo delle risorse mondiali,
in particolare del petrolio. Per perseguire il terzo elemento chiave, gli Stati
Uniti intendevano prendere il potere su alcuni luoghi strategici dell'Impero
Britannico secondo gli accordi prebellici. Tra questi luoghi c'era anche
l'Iraq.

Uno scambio epistolare del febbraio del 1944 tra Franklin Roosevelt e il primo
ministro britannico Winston Churchill rivela che gli inglesi erano ben
informati riguardo le intenzioni degli USA. Churchill scrive a Roosevelt:
"Tante grazie per le tue rassicurazioni sul fatto che non avete guardato con
invidia ai nostri campi petroliferi in Iran e Iraq. Fammi contraccambiare
dandoti la piu' totale assicurazione che non abbiamo pensato di provare ad
intrometterci nei vostri interessi e proprieta' in Arabia Saudita." (riportato
da Gabriel Kolko, "The Politics of War", New York, 1968).

Quello che non venne mostrato fu che i piani statunitensi per Iran e Iraq,
entrambe neocolonie inglesi, aveva fatto suonare il campanello d'allarme nei
circoli del potere britannico. Sia Truman che Roosevelt erano democratici.
Roosevelt viene visto da molti democratici di oggi quasi come una figura
mitologica. Pero' fu nell'ultimo periodo del suo governo (1942-45) che furono
impostati i fondamenti dell'odierna strategia di sicurezza nazionale, NSS.

Quello che fermo' la realizzazione del piano per circa mezzo secolo fu un'ondata
di rivoluzioni anti-coloniali e l'emergere dei regimi socialisti in Europa e
Asia dopo la seconda guerra mondiale.

Nonostante le obiezioni boriose di Churchill ai disegni statunitensi sul loro
impero, non c'era niente che gli inglesi potessero fare per limitare il
crescente potere USA. In pochi anni la classe dirigente inglese si adatto' alla
nuova realta' e accetto' il ruolo di partner di Washington, un ruolo che
conserva tutt'ora.

Nel 1947, la "Dottrina Truman" proclamo' che gli USA agivano per prevenire le
rivoluzioni in Grecia e Turchia, le ali occidentali del Medio Oriente. In
questo processo, gli Stati Uniti misero in parte gli Inglesi, tradizionali
detentori del potere in Grecia.

Nel 1953, sotto il presidente repubblicano Eisenhower, un colpo di mano della
CIA ribalto' il governo nazionalista del Primo Ministro Mossadeq e mise lo
Shah, re feudale dell'Iran, nuovamente sul trono. Con questo atto, gli USA
scacciarono gli Inglesi come potenza dominante in Iran.

A meta' degli anni Cinquanta, gli USA si muovevano anche verso l'Iraq. Nel 1955
Washington istitui' il Patto di Baghdad, con sede nella capitale irachena. Il
patto includeva anche i regimi favorevoli all'Occidente di Pakistan, Iran,
Turchia e Iraq, via dall'impero Britannico.

Il Patto di Baghdad aveva due scopi: opporsi alla crescita dei movimenti arabi e
di altri movimenti di liberazione nel Medio Oriente e nell'Asia Meridionale e
completare l'accerchiamento dei regimi socialisti.

L'OSTACOLO DI WASHINGTON: LE MASSE IRACHENE

Il 14 luglio 1958, una ribellione militare in Iraq guidata da Brigadier Adbul
Karim Qasem e dagli Ufficiali Liberi del movimento, porto' ad una rivoluzione
in tutto il paese. La rivolta porto' alla fine della dominazione coloniale e
marco' l'inizio della reale indipendenza dell'Iraq.

Sebbene il Partito Comunista Iracheno (ICP) fu la principale forza organizzata
tra i rivoluzionari, la rivolta non porto' all'istituzione di un regime
socialista nel paese. La strategia dell'ICP era l'alleanza con la borghesia
nazionalista anti-colonialista, con l'ICP in un ruolo subordinato. Sebbene la
rivoluzione irachena non fu una rivoluzione socialista, creo' ugualmente panico
a Washington e Wall Street. Eisenhower la defini' "la piu' grave crisi dopo la
Guerra di Corea". Il giorno dopo la rivoluzione irachena, per applicare la
dottrina Eisenhower della contro-rivoluzione, 20.000 marine statunitensi
incominciarono ad arrivare in Libano. Il giorno seguente 6.600 paracadutisti
britannici furono sganciati in Giordania. Se non l'avessero fatto, l'impulso
popolare dall'Iraq avrebbe senza dubbio intaccato anche i regimi
filo-occidentali di Beirut e Amman. Ma Eisenhower e i suoi generali avevano in
mente qualcosa di diverso: invadere l'Iraq, rovesciare la rivoluzione e
reinstallare a Baghdad un governo fantoccio.

Washington fu costretta ad abbandonare il piano. Il carattere completo della
rivolta irachena, combinato con l'annuncio della Repubblica Araba Unita (oggi
Siria ed Egitto) che le sue forze avrebbero combattuto gli imperialisti se
avessero invaso l'Iraq, significo' che il conflitto non si sarebbe limitato
entro i confini iracheni. Anche la Repubblica Popolare Cinese e l'Unione
Sovietica sostennero la rivoluzione irachena, con le truppe dell'URSS
mobilitate verso le repubbliche sovietiche meridionali al confine con l'Iraq.

La combinazione di questi fattori forzo' i leader statunitensi ad accettare
l'esistenza della rivoluzione irachena. ma Washington non si riconcilio' mai
con se stessa per la perdita dell'Iraq.
Per i tre decenni successivi, gli Stati Uniti utilizzarono diverse tattiche per
indebolire e minare l'Iraq in quanto paese indipendente. Washington aiuto' gli
elementi piu' estremisti a destra con una struttura politica post
rivoluzionaria contro i comunisti e le forze nazionaliste di sinistra.

Per esempio, l'amministrazione Kennedy sostenne il rovesciamento e l'assassinio
del presidente Qasem nel 1963 con un colpo di stato delle ali destre irachene.
Secondo l'ultimo Re Hussein di Giordania, che per molti anni fu sul libro paga
della CIA, i servizi di intelligence statunitensi fornirono i nomi dei
comunisti e di altri progressisti al nuovo governo militare. Migliaia furono
torturati e uccisi, una sconfitta dalla quale i comunisti iracheni non si sono
mai recuperati del tutto.

Molte volte, ad esempio dopo il completamento della nazionalizzazione della
Iraqi Petroleum Company nel 1972 e la firma di un trattato di difesa con l'ex
Unione Sovietica, gli Stati Uniti, sotto il repubblicano Nixon, hanno rifornito
massicciamente di armi le componenti curde che lottavano contro Baghdad.
Inserirono successivamente l'Iraq alla lista degli "stati terroristi".

Lo sfidante democratico di quell'anno, il liberale George McGovern, disse che il
Vietnam fu "la guerra sbagliata, nel posto sbagliato, nell'anno sbagliato."
Questa affermazione rifletteva le paure di una parte della classe dirigente
statunitense, che gli USA fossero cosi' tanto impantanati nel sudest asiatico,
che non sarebbero stati in grado di intraprendere una nuova guerra nel ben piu'
strategico Medio Oriente.

La risposta di Nixon fu la sua stessa dottrina, che basava la supremazia
militare statunitense sul doppio cardine di Israele e Iran, e per questo
entrambe ricevettero massicci aiuti militari dagli USA.
L'amministrazione democratica di Carter approvo' la soppressione dell'ICP e dei
sindacati da parte del governo Baatista alla fine degli anni Settanta. E dopo
la rivoluzione Iraniana del 1979, la dottrina Nixon venne abolita per essere
sostituita dalla "dottrina Carter", che istitui' le Rapid Deployment Forces e
segnalo' l'inizio di una massiccia costruzione di basi statunitensi nella
regione del Golfo.
Dal 1980 al 1988, durante le amministrazioni democratica di Carter e
repubblicana di Reagan, gli USA incoraggiarono e aiutarono la fondazione di un
esercito iracheno, sotto la leadership di Saddam Hussein nella guerra contro
l'Iran.

Allo stesso tempo, gli USA fornirono all'Iran missili per la contraerea, un
fatto rivelato dallo scandalo "Iran-Control". Il segretario di stato Henry
Kissinger rivelo' la vera attitudine della classe dirigente americana riguardo
la guerra: "Spero che si uccidano gli uni con gli altri".

CONTRORIVOLUZIONE IN RUSSIA E LA GUERRA DEL GOLFO

Poco dopo la fine della guerra Iran-Iraq nel 1988, la leadership di Gorbachev a
Mosca interruppe bruscamente il supporto agli alleati nei paesi in via di
sviluppo. Questo fu l'inizio di una nuova fase per la politica statunitense in
Medio Oriente. Nel 1989 Gorbachev tolse il supporto anche ai governi socialisti
dell'Est Europa, molti dei quali collassarono. Questo rapido cambiamento nei
rapporti di forza a livello mondiale, culminato con la distruzione dell' Unione
Sovietica due anni dopo, apri' le porte agli USA per la guerra contro l'Iraq
nel 1991.

Solo un paio di anni prima sarebbe stato inconcepibile per i leader sovietici
rimanere immobili mentre gli USA erano intenti a spedire piu' di mezzo milione
di soldati per attaccare un paese vicino all'Unione Sovietica, con il quale
aveva stipulato un patto di mutua difesa in caso di attacco.

La prima amministrazione Bush impose il blocco totale all'Iraq attraverso il
Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite solo quattro giorni dopo l'invasione
del Kuwait da parte dell'Iraq, conseguenza di una lunga disputa da parte dei
due paesi.

Utilizzando il pretesto della "difesa del Kuwait", Bush mando' immediatamente
550.000 soldati statunitensi in Medio Oriente. Dopo "Operazione Desert Storm"
nel 1991 e la deliberata distruzione di gran parte delle infrastrutture civili
irachene, le sanzioni per l'embargo vennero subito messe in atto. Il tributo
mensile di morti civili irachene, specialmente tra i bambini al di sotto dei
cinque anni, sali' a migliaia a causa della mancanza di acqua potabile, di cibo
e medicinali adeguati.

CLINTON E BUSH CONTINUARONO LA GUERRA

L'embargo e il massiccio numero di decessi continuarono sotto l'amministrazione
Clinton, tanto quanto fecero i bombardamenti in Iraq. Intervistata nel maggio
del 1996 dalla trasmissione della CBS "Sixty Minutes" se il tributo di piu' di
mezzo milione di bambini iracheni "valesse il prezzo", Madaleine Albright,
allora ambasciatrice statunitense presso le Nazioni Unite e successivamente
Segretaria di Stato, rispose: "E' una decisione difficile per noi, ma si', noi
pensiamo che il prezzo pagato valga." Il mese successivo il gruppo fantoccio
della CIA "Iraqi National Accord", guidato dall'attuale Primo Ministro
iracheno, Iyad Allawy, e spiato dal gruppo di ispettori ONU per le armi, tento'
un colpo di stato in Iraq, che fu velocemente annientato.

Nel 1998, Clinton firmo' l'atto di liberazione per l'Iraq, che porto' ad un
cambio di regime della politica ufficiale statunitense riguardo l'Iraq. Alcuni
membri del movimento progressista accusarono che la politica omicida di Clinton
nei confronti dell'Iraq fu causata dalle "pressioni delle destre" o
"concessioni alle destre".

Questo riflette' un fraintendimento del vero carattere dei Democratici e del
loro eguale ruolo all'interno del sistema imperialista. Sotto il primo e il
secondo regime Bush e il regime Clinton, le sanzioni da genocidio, i
bombardamenti, e le ispezioni per le armi sono stati elementi di una strategia
tesa a indebolire e ultimamente eliminare l'abilita' del paese di esistere in
quanto paese indipendente.
Avendo archiviato i sessanta anni di attesa per prendere controllo dell'Iraq,
nessuna amministrazione USA, ne' democratica, ne' repubblicana, vorra' cedere
volontariamente.

L'Iraq, dopo tutto, detiene la seconda riserva mondiale di petrolio. Il dominio
militare delle risorse mondiali di petrolio e' un elemento chiave nella lotta
per un egemonia globale come previsto dal NSS-USA.
Cosi' odiata com'e' diventata l'amministrazione Bush e il suo programma, la
speranza che la politica globale di Kerry sara' qualitativamente migliore puo'
essere sostenuta solo ignorando la storia degli ultimi sessanta anni.

Proprio come in Vietnam, la guerra imperialista e l'occupazione dell'Iraq non
cesseranno nella cabina elettorale. Il compito verra' realizzato dalla
resistenza popolare irachena e dai movimenti mondiali anti-guerra e
anti-imperialisti.

Note: Tradotto da Chiara Panzera, il 7 agosto 2004.

Fermo restando il copyright degli aventi diritto, l'utilizzo di questa traduzione e'
liberamente consentito citandone la fonte (Associazione PeaceLink) e
l'autore (Chiara Panzera).

Articoli correlati

PeaceLink C.P. 2009 - 74100 Taranto (Italy) - CCP 13403746 - Sito realizzato con PhPeace 2.7.26 - Informativa sulla Privacy - Informativa sui cookies - Diritto di replica - Posta elettronica certificata (PEC)