Nigeria : dipendenti Shell in fuga dal paese
La situazione in Nigeria sta diventando ogni giorno più difficile. Le milizie ribelli, guidate da Dakubo Asari hanno intimato ai dipendenti delle compagnie petrolifere straniere di lasciare il paese entro il 1 ottobre.
La Shell, una delle società multinazionali contro cui i miliziani puntano il dito, ha dichiarato che non si farà intimorire dalle minacce e che ha completa fiducia nella protezione delle installazioni petrolifere da parte delle forze di sicurezza nigeriane. Tuttavia, giovedì scorso la stessa Shell ha ritirato dal paese 200 persone del proprio staff, ritenute non essenziali, anche se, assicurano, la produzione non ha subito contraccolpi.
Le milizie di Asari (Niger Delta People’s Volunteer Force), combattono da tempo in difesa del popolo ijaw e (da ijawland: delta) contro le multinazionali del petrolio che hanno riversato nel paese ingenti investimenti. In particolare, i ribelli puntano il dito contro la Shell e la Agip del gruppo italiano Eni, accusate, tra l’altro di appoggiare le azioni genocide del Governo nigeriano. Ma le risorse petrolifere del Delta hanno attirato l’attenzione di molte altre compagnie e impegnato i governi di molti paesi in strategiche mosse diplomatiche, in particolare sono interessati all’oro nero la Cina, la Libia, l’Algeria e la Norvegia.
La Nigeria è il 7° paese produttore di greggio, il 5°fornitore per gli Stati uniti. Nonostante ciò il 70% della popolazione vive al di sotto della soglia di povertà.
Il petrolio nigeriano è prodotto quasi esclusivamente da poche grandi compagnie multinazionali: oltre a Shell e Agip, ExxonMobil, Total, la Chevron e Texano.
Secondo i ribelli, il livello di investimenti stranieri nella zona ha pesanti ripercussioni sul prezzo del greggio, per questa Asari ha dichiarato che chiunque trarrà guadagni dalla zona del Delta sarà automaticamente considerato un nemico e attaccato. Da qui la minaccia rivolta alle compagnie di ritirare il proprio personale. Soltanto quando sarà risolta le questioni fondamentali riguardanti il controllo delle risorse e dell’autodeterminazione, ha concluso il leader degli ijaw, gli operatori del settore petrolifero potranno fare ritorno nel paese.
La situazione è degenerata in seguito all’attacco armato perpetrato dalle forze militari del governo, contro una base dei ribelli, mediante l’impiego di aerei ed elicotteri. Asari ha accusato il governo di aver impiegato armi chimiche, ma il Governo ha smentito sostenendo che si tratti di una mera speculazione volta ad innalzare il livello della tensione interna al paese.
Secondo Amnesty International, soltanto nelle ultime tre settimane il numero delle vittime negli scontri tra ribelli e truppe regolari ammonta a 500, cifra smentita dal governo nigeriano, che, tra l’altro, dichiara di non essere preoccupato delle minacce di Asari, definito un jocker assolutamente incapace di attaccare di distruggere le installazioni petrolifere dei grandi finanziatori.
Le truppe nigeriane, ha comunque sostenuto un portavoce governativo, sono pronte ad intervenire contro i gruppi criminali.
Gangster or hero? Si domanda l’Africa Daily. I gruppi che il governo definisce spietati criminali sono infatti considerati degli eroi per le popolazioni ijaw, in particolare nella zona intorno a Warri.
Intanto l’instabilità della zona ha provocato una preoccupante impennata del prezzo del greggio, che sulla piazza di New York la scorsa settimana ha sfiorato i 50$ al barile.
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