Conflitti

Da Baghdad

Una e-mail inviata ad amici da parte di un giornalista del Wall Street Journal

Di questi tempi vivere a Baghdad nelle vesti del corrispondente straniero è come essere agli arresti domiciliari virtuali
6 ottobre 2004
Farnaz Fassihi (trad. M. Sesler)


Dimenticatevi delle ragioni che mihanno convinto ad accettare questo lavoro: una possibilità concreta di vedere il mondo, di esplorare l'esotico, di incontrare nuova gente in terre molto lontane, di scoprire la loro maniera di vivere e di raccontare storie che potrebbero fare la differenza.

Poco a poco, giorno per giorno, lo starmene in Iraq ha finito per relegare in un angolo tutte queste motivazioni. Al momento sono letteralmente inchiodato in
casa. Esco solamente se ho un motivo molto valido per farlo e se è stata
organizzata un'intervista. Evito di andare alle case della gente e non cammino
mai per strada. Non posso più andare a fare la spesa, non posso mangiare nei
ristoranti, non posso cominciare una conversazione con degli sconosciuti, non
posso andare alla ricerca di storie giornalistiche, non posso guidare con
nient'altro se non un'auto totalmente blindata, non posso recarmi nei luoghi
dove sono avvenuti fatti da breaking news, non posso trovarmi invischiato nel
traffico, non posso parlare in inglese all'esterno, non posso andare a fare un
viaggio per strada, non posso dire di essere un Americano, non posso indugiare
ai posti di controllo, non posso essere curioso su ciò che la gente sta
dicendo, facendo e provando. E ancora non posso e non posso. Ci sono stati un
po' troppi segnali di avvertimento alquanto ravvicinati ultimamente, compresa
una auto bomba che è scoppiata così vicino alla nostra casa che ha fatto
esplodere tutte le finestre. Così adesso la mia più pressante preoccupazione di
ogni giorno non è quella di scrivere una grande storia ma piuttosto di rimanere
vivo e di assicurarmi che i nostri impiegati Iracheni rimangano vivi. A Baghdad
sono in primo luogo un addetto alla sicurezza, in secondo luogo un
giornalista.

È molto difficile dire con precisione quando si è avuta esattamente la 'svolta'.
E' stato in Aprile quando Fallujah è caduta nella stretta degli Americani? E'
stato quando Moqtada e Jish Mahdi hanno dichiarato guerra all'esercito degli
Stati Uniti? E' stato quando Sadr City, dove vive il dieci per cento della
popolazione dell'Iraq, si è trasformata in un campo di battaglia notturno per
gli Americani? O è stato quando l'insurrezione ha cominciato a dilagare dalle
sacche isolate nel triangolo Sannita fino al punto di coinvolgere la maggior
parte dell'Iraq? Malgrado le valutazioni ottimistiche del presidente Bush,
l'Iraq continua ad essere un disastro. Se sotto Saddam rappresentava una
minaccia ' potenziale ', sotto gli Americani è stato trasformato in una '
minaccia imminente ed attiva ', un fallimento di politica estera che è
destinato a perseguitare gli Stati Uniti per i decenni che seguiranno.

Agli Iracheni piace chiamare questo pasticcio 'la situazione.' Quando gli viene
chiesto 'come vanno le cose?' rispondono: 'la situazione è molto cattiva.'

Quello che intendono per situazione è questo: il governo Iracheno non controlla
la maggior parte delle città Irachene, ogni giorno numerose auto bombe vengono
fatte esplodere in tutto il paese che uccidono e feriscono masse di gente
innocente, le strade in Iraq stanno diventando impercorribili e infestate da
centinaia di mine e di dispositivi esplosivi il cui scopo è quello di uccidere
i soldati Americani, e ci sono poi omicidi, rapimenti e tagli di testa. La
situazione, per come la chiamano gli Iracheni, significa semplicemente che è
attualmente in corso una furiosa e barbarica guerriglia. In quattro giorni,
sono state uccise 110 persone e oltre 300 sono state ferite, e questo solo a
Baghdad. I numeri sono così sconvolgenti che il Ministero della Sanità -- che
aveva cominciato a diffonderli come parte di un'esercitazione di trasparenza
pubblica -- ha adesso smesso di farlo.

Al momento gli insorgenti attaccano gli Americani 87 volte al giorno.

Ieri un mio amico ha attraversato con la macchina un quartiere povero Sciita di
Sadr City. Ha detto che dei giovani stavano apertamente piazzando dei
dispositivi esplosivi improvvisati nel terreno. Quello che facevano consisteva
nel fondere un foro poco profondo nell'asfalto, quindi ci sotterravano
l'esplosivo, lo coprivano di sporcizia e infine ci piazzavano sopra una vecchia
gomma o un secchio di plastica per segnalare ai locali che lì era stata
installata una trappola esplosiva. Ha detto che sulle strade principali di Sadr
City, c'era una dozzina di mine ogni dieci yard. La sua automobile è dovuta
procedere serpeggiando e turbinando per evitare di andare a finire sopra una di
queste, visto che dietro i muri se ne sta nascosto un Iracheno arrabbiato che è
pronto a farle esplodere non appena un convoglio Americano si avvicina. Questo
sta accadendo in terra Sciita, ossia in quella parte del paese la cui la
popolazione si supponeva avrebbe amato l'America per la liberazione dell'Iraq.

Per i giornalisti la svolta significativa è venuta con l'ondata di sequestri e
di rapimenti. Soltanto due settimane fa ci sentivamo sicuri intorno a Baghdad
perché gli stranieri venivano rapiti sulle strade e sulle autostrade che
collegano le diverse città Irachene. Poi è arrivata una telefonata terribile da
un amica giornalista alle 11 di sera che mi dice che due donne Italiane sono
state sequestrate dalle loro case in piena luce del giorno. A tutto questo
segue poi il rapimento dei due Americani, che sono stati decapitati questa
settimana, e dell'Inglese, che sono stati sequestrati dalle loro abitazioni
situate in un quartiere residenziale. Con il loro generatore stavano fornendo
l'intero blocco abitativo di elettricità per ventiquattro ore al giorno, e
questo allo scopo di guadagnarsi l'amicizia della gente. I sequestratori hanno
afferrato uno di loro alle 6 del mattino quando è uscito per accendere il
generatore; il suo corpo decapitato è stato poi gettato nelle vicinanze.

Ci viene detto che l'insurrezione è sfrenata e che non sembra dar segno di
volersi calmare. Se qualcosa può essere detto è che ogni giorno che passa sta
crescendo e diventando più potente, organizzata e più sofisticata. I vari
elementi al suo interno - i baathisti, i criminali, i nazionalisti e Al Qaeda -
stanno cooperando e coordinandosi con maggior efficienza.

Sono andato ad una riunione di emergenza per i corrispondenti stranieri con i
militari e l'ambasciata per discutere dei rapimenti. In maniera alquanto tetra
ci è stato detto che il nostro destino in gran parte dipende da dove ci
troviamo nella catena dei rapimenti, una volta che è stato stabilito che
manchiamo all'appello. Questa è la maniera in cui sta andando: gruppi criminali
ti afferrano e ti vendono ai Baathisti a Fallujah, che a loro volta ti
rivenderanno ad Al Qaeda. Alternativamente, i contanti e le armi fluiscono in
direzione opposta da Al Qaeda ai Baathisti e poi ai criminali. Il mio amico
Georges, il giornalista Francese che è stato sequestrato sulla strada per
Najaf, è oramai sparito da un mese senza che sia stata pronunciata una singola
parola sul suo rilascio o sul fatto se sia ancora vivo oppure no.

L'ultima speranza dell'America per un'uscita rapida? La polizia Irachena e le
unità della Guardia Nazionale, per il cui addestramento stiamo spendendo
miliardi di dollari. I poliziotti vengono assassinati a dozzine ogni giorno -
più di 700 fin qui -- e gli insorgenti stanno infiltrandosi nei loro ranghi. Il
problema è così serio che l'esercito degli Stati Uniti ha assegnato 6 milioni
di dollari per comprare 30.000 poliziotti che ha appena addestrato allo scopo
di sbarazzarsene nella maniera più tranquilla possibile.

Per quanto riguarda invece la ricostruzione del paese: in primo luogo è così
pericoloso per gli stranieri operare che quasi tutti i progetti sono arrivati
ad un punto morto. Dopo due anni, dei 18 miliardi stanziati dal Congresso per
la ricostruzione dell'Iraq soltanto un 1 miliardo circa è stato speso, e una
fetta della somma stanziata è stata appena riassegnata allo scopo di migliorare
la sicurezza, giusto un segno di quanto le cose stiano andando male qui.

I sogni petroliferi? Gli insorgenti ricorrono ai sabotaggi e riescono a
interrompere sistematicamente il flusso del petrolio, i cui prezzi hanno
raggiunto il punto più alto toccando i 49 dollari a barile. Chi sta esattamente
beneficiando da questa guerra? Ne è valsa davvero la pena? Siamo davvero più
sicuri adesso perché Saddam è stato rinchiuso e Al Qaeda sta scorrazzando
libera per l'Iraq?

Gli Iracheni dicono che grazie all'America hanno avuto la libertà in cambio
della insicurezza. Figuratevi un po', dicono che scambierebbero la libertà con
la sicurezza in ogni momento, anche se questo significasse essere posti sotto
la regola di un dittatore.

Oggi ho sentito un Iracheno istruito dire che se a Saddam Hussein fosse permesso
partecipare alle elezioni, lui otterrebbe la maggioranza del voto. Tutto ciò è
veramente triste.

Allora sono andato a incontrare un erudito Iracheno per parlare con lui delle
elezioni Irachene. Sta provando ad istruire il pubblico sull'importanza di
votare. Ha detto, "il Presidente Bush ha voluto trasformare l'Iraq in una
democrazia che dovrebbe essere un esempio per il Medio Oriente. Dimenticatevi
della democrazia, dimenticatevi di essere un modello per la regione, noi
dobbiamo salvare l'Iraq prima che tutto sia perso."

Si potrebbe sostenere che l'Iraq è già perso e che speranze di salvezza non ce
ne sono. Per quelli di noi a contatto con la realtà Irachena è difficile
immaginare che cosa, se una ne esiste, possa salvarlo dalla sua violenta
spirale in discesa. Il genio del terrorismo, del caos e della distruzione è
stato liberato su questo paese a causa degli errori Americani e non può essere
nuovamente rimesso dentro una bottiglia.

Il governo Iracheno parla di tenere elezioni in tre mesi mentre la metà del
paese rimane una zona 'no-go' fuori dal controllo del governo e degli Americani
e fuori portata dei giornalisti. Nell'altra metà, la popolazione disillusa è
ugualmente terrorizzata al pensiero di recarsi ai seggi elettorali. I Sunniti
hanno già detto di aver intenzione di boicottare le elezioni, aprendo così la
strada ad un governo polarizzato di Kurdi e di Sciiti, al quale non verrà
concessa legittimità e che con estrema probabilità porterà alla guerra civile.

Ho chiesto ad un ingegnere di 28 anni se lui e la sua famiglia parteciperanno
alle elezioni Irachene, visto che sarà la prima volta che gli Iracheni potranno
fino ad un certo punto eleggere una leadership per il paese. La sua risposta ha
riassunto perfettamente tutta la questione: "Andare a votare e rischiare di
saltare in aria o di essere ucciso dagli insorgenti per aver cooperato con gli
Americani? Per che cosa? Per esercitarci alla democrazia? Stai forse
scherzando?"

Note: Farnaz Fassihi, un giornalista del Wall Street Journal ha inviato questo report
come e-mail ad amici.

Tradotto da Mauri Sesler - A Cura di Peacelink
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