Niet! Niet! Niet! Grida Gorbaciov, non si parla di Antonio Russo.
Roma 12 novembre 2004.
Gorbaciov, venuto a Roma per l’annuale convegno dei Premi Nobel per la Pace, tiene una conferenza stampa nell’”Auditorium Parco della Musica”. Ne approfittiamo per chiedergli il suo punto di vista sulla Cecenia. Ci risponde molto a lungo, per almeno dieci minuti se non di più. Ci racconta dei suoi tentativi e delle sue proposte di mediazione, accolte dai ceceni ma non da Eltsin prima, né da Putin poi; ci dice anche che i due hanno sbagliato tutto, nell’illusione di risolvere il problema in breve tempo con la repressione militare., e afferma però che ora l’amministrazione della cecenia è tornata in mani cecene (non dice quanto rappresentative della volontà popolare siano queste mani, scelte da Mosca tra i “Quisling” locali) Gorbaciov aggiunge però che storicamente la cecenia è parte integrante della Russia e che tale deve rimanere, cioè con tutte le autonomie possibili, ma nell’ambito della Federazione Russa.
Che storicamente la Cecenia sia russa non è vero. Questo piccolo territorio, esteso quanto una media regione italiana e non di più, è sempre stato islamico, con una lingua propria che non ha nulla in comune con quella russa, e semmai era ancorato all’impero ottomano, non a quello degli Zar. Fin dai tempi di Pietro il grande, però la Cecenia, fu oggetto degli appetiti di conquista della Russia, che puntava ad un’espansione imperiale verso i mari caldi e ambiva alla conquista di Istambul.
L’espansione dell’Impero Zarista fu però bloccato in parte dalle Potenze Occidentali, verso la metà dell’Ottocento, con la guerra di Crimea a cui, come tutti gli scolari ricordano, prese parte con un corpo di spedizione pure il Piemonte, o regno di Sardegna che dir si voglia, uno stato minuscolo ma di grandi appetiti. Quella decisione di Cavour, di prender parte ad una guerra che non ci riguardava minimante, appare del tutto incomprensibile agli studenti di storia; ma invece aveva una sua logica, sia pure perversa. “Ho bisogno di alcune migliaia di morti per potermi sedere al tavolo della pace”, diceva Mussolini, e la stessa cosa diceva o pensava, un secolo prima, Camillo Benso Conte di Cavour. La Russia zarista poi perse la guerra, ma si tenne la cecenia e la crimea. Dovette però rinunciare al sogno di conquistare Costantinopoli per farne, com’era secoli prima, una capitale della Cristianità.
In Cecenia l’esercito zarista si rese colpevole di una spaventosa “pulizia etnica”, uccidendo e massacrando qualunque cosa si muovesse, uomini, donne e bambini inclusi. Fu allora che Lev Tolstoj, che era stato testimone di stragi, denunciò le malefatte dei suoi connazionali e divenne pacifista.. E fu allora che ebbe inizio l’inestinguibile odio che dura tuttora. I ceceni, diceva Tolstoj, non consideravano più i russi come esseri umani, ma provavano per loro solo repulsione e disgusto. E sangue chiama sangue, purtroppo.
Queste spiacevoli verità non le ho dette però a Gorbaciov, che nella sua risposta si era comportato con me con squisita gentilezza. Ma poi ho portato il discorso su Antonio Russo. Ho detto che avevo avuto il privilegio di conoscerlo, e di trascorrere con lui tre giorni in Croazia in un convegno organizzato dalla Free Lance International Press sulla libertà di stampa, non molto tempo prima che fosse assassinato a sprangate in Georgia, nei pressi di Tbilisi. E ho aggiunto che questo delitto recava il marchio inconfondibile dei servizi segreti russi (scarsi sono i dubbi in proposito), tanto più che gli assassini avevano fatto sparire tutta la documentazione di cui Antonio disponeva sulle atrocità in Cecenia.
Ho affermato però di avere la certezza morale che Antonio Russo sarebbe rimasto inorridito come me, per quante simpatie potesse avere per la causa cecena, di fronte al tremendo massacro dei bambini della scuola di Beslan, perché non si fa la guerra ai bambini per nessuna causa, giusta o ingiusta che sia.. D’altronde l’interesse di Antonio per la Cecenia era fondato su ragioni umanitarie, che ovviamente si sarebbero estese anche agli incolpevoli bambini di Beslan.
Assolutamente però, non mi aspettavo la furibonda reazione di Gorbaciov. Non appena ha sentito parlare di Antonio Russo si messo a gridare “Niet!Niet”, e ha aggiunto altre parole per me incomprensibili. Fino ad allora era stato con me molto cordiale, poi di colpo è sembrato un’altra persona. Non sarà che ora Gorbaciov stia dalla parte del “democratico “ Putin? Devo dire la verità: finora avevo sempre considerato Gorbaciov una bravissima persona, ma ora mi ha deluso.
Antonio, povero amico nostro, non è politicamente corretto parlare di te, e ricordare che sei esistito e che nel tuo lavoro hai sempre agito con limpida, esemplare onestà. In questo mondo di lupi devi essere dimenticato. Ma a questa logica perversa io, come molti altri, mi ribellerò e mi opporrò sempre. Senza speranza che venga fatta giustizia, purtroppo.
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