5,000 diserzioni e il conto continua
John Fogerty ha ragione. "E’ ancora una volta déjà vu," fatta eccezione per una differenza.
In Vietnam, nel periodo che era seguito al Tet, quando era diventato chiaro ai soldati impegnati nella battaglia che la guerra era una causa persa e che stavano solamente mettendo a repentaglio le proprie vite e l’integrità dei propri corpi per fornire copertura a Richard Nixon e ad altri politici a Washington, l’ammutinamento, la diserzione e il "fragging" – la messa “fuori gioco” di ufficiali eccessivamente aggressivi che stavano facendo di tutto per farti finire ammazzato prima che il tuo tour si fosse concluso, per non accennare al fatto della folle e superstiziosa eliminazione di coloro che avevano il compito di trasportare le body bag sul campo di battaglia (perché se non c’erano body bag, nessuno poteva essere ucciso) – erano diventati fenomeni epidemici.
Questa volta, mentre diventa sempre più chiaro che gli Stati Uniti non possono vincere in Iraq - qualunque cosa questo possa significare – e che ad un certo punto sono destinati ad essere sommariamente cacciati fuori dal paese con la coda fra le gambe, sia che ciò accada quest’anno sia che lo faccia fra cinque, questo è comunque un esercito differente. Anziché essere composto di coscritti arrabbiati e poco volenterosi, questa volta l’esercito che è impegnato nella battaglia si compone, almeno nominalmente, di ufficiali volontari – ossia di persone che hanno firmato per arruolarsi come militari regolari, o che si sono uniti alle riserve o alla Guardia Nazionale. Solo pochi di loro, ovviamente, pensavano di poter finire impantanati in questo genere di guerriglia infinita all’altro capo del mondo, ma comunque lo sanno bene di aver firmato.
Garantito che a molti dei grugni nel deserto è stata venduta una pila di merci da reclutatori conniventi e disonesti, o sono stati spinti ad unirsi all’esercito dalla mancanza di una qualunque alternativa occupazionale, o hanno visto il servizio militare come l’unico modo possibile per pagarsi l’educazione universitaria che per molti Americani poveri è finanziariamente fuori portata in qualunque altra maniera, ma in ogni caso la maggior parte di loro ha una ragione che li ha spinti a far richiesta di indossare l’uniforme.
Ma questo è pure un esercito più adulto e più sicuro di sé, cosa che è divenuta palese quando ad un gruppo di soldati della Guardia Nazionale di stanza in Kuwait, e in procinto di essere inviati nella zona di guerra, è stata offerta la possibilità di incontrare il Segretario della Difesa e l’architetto della guerra, Donald Rumsfeld.
Questi soldati non sono ricorsi al “fragging”, ossia alla eliminazione del Segretario, ma se le parole potessero uccidere, quella pomposa e noiosa nullità adesso se ne starebbe da qualche parte a coltivare margherite. I soldati lo hanno tempestato di dure domande riguardanti gli ordini di ‘stop-loss’, che trattengono molti di loro in servizio attivo ben al di là dei propri periodi di arruolamento, come pure il dover combattere senza sufficiente protezione per il corpo, e il fatto di venire forniti di Humvee e di camion pesanti non blindati, anche se poi la metà o più degli incidenti e degli infortuni mortali capitati al personale degli Stati Uniti in servizio in Iraq avrebbero potuto essere evitati semplicemente dotando i mezzi di una miglior blindatura. In breve, hanno lasciato sapere allo scioccato e confuso Segretario di essere incazzati in maniera suprema per quello che gli si sta ordinando di fare. Questi soldati hanno osato parlare in una maniera che farebbe vergognare i press corp di Washington e del Pentagono (se quel gruppo sovrapagato e sovracurato non fosse un tale lecca-culo senza vergogna del potere).
Adesso sentiamo anche dire, che questo esercito in Iraq di 150.000 uomini fino ad ora è andato incontro a ben 5000 diserzioni – un tasso sorprendentemente alto del 3.3 per cento. Tutto questo è rimarchevole, considerando quanto possa essere difficile disertare in quel tipo di ambiente. In Vietnam, ci si poteva nascondere in qualche bordello di Saigon, o, come fecero alcuni soldati, ci si poteva dileguare nella giungla, andare a consegnarsi ai Vietcong e farsi quindi ‘contrabbandare’ nel Vietnam del Nord ed eventualmente in Russia o persino in Svezia. Le opzioni che sono a disposizione in Iraq non sono così buone, particolarmente con un'insurrezione che appare essere molto meno organizzata nonché disciplinata e che è molto più incline ad uccidere un disertore errante piuttosto che a offrirgli - a lui o lei - riparo e asilo.
Quanto tempo dovrà passare prima che le diserzioni e i rabbiosi interrogatori, e gli ammutinamenti occasionali - come abbiamo visto succedere verso la fine di Ottobre quando i soldati di un convoglio per il trasporto di combustibile si erano rifiutati di eseguire gli ordini a causa della mancanza di protezione e di blindatura da parte dei loro camion, esposti così al rischio di venire fatti esplodere - conducano allo stesso genere di disordine, di sabotaggio e di confusione che aveva contagiato l’esercito degli Stati Uniti in Vietnam, investendo in pieno la macchina da guerra Statunitense in Iraq?
La mia opinione è che quel giorno non è poi tanto lontano.
Quando i soldati credono in quello che stanno facendo - quando quello che stanno realmente facendo coincide più o meno con la propaganda che gli è stata inculcata durante l'addestramento - possono resistere a rischi e a difficoltà incredibili. Non dimenticate che molti dei soldati Statunitensi credevano di essere stati inviati in Iraq a vendicare gli attacchi dell’11 Settembre e a proteggere l'America da un pazzo con in mano la Bomba. Ora molti di loro stanno comprendendo di essere impegnati a combattere una resistenza nazionalista in un paese che non aveva mai rappresentato una vera minaccia per gli Stati Uniti e che non ha mai avuto niente a che fare con l’11 Settembre. Come quei soldati comprendono in maniera sempre più chiara di essere soltanto carne sacrificabile, e che gli si sta chiedendo di fare un qualcosa di assai meno nobile, o peggio ancora, che tutto quello che stanno facendo è semplicemente di dare una ripulita al disordine creato da cricca politica, da ideologi e da incompetenti che se ne stanno a casa loro, tutto ciò che vorranno fare è l’unica cosa che chiunque farebbe in quella situazione: sfuggire a quell’inferno e tornarsene a casa vivi e tutti di un pezzo.
Quelle a cui stiamo adesso assistendo sono solo le prime crepe.
E andrà solamente peggiorando.
Come canta Fogerty nella sua nuova potente canzone: "E’ ancora una volta déjà vu."
Dave Lindorff è l'autore di "Killing Time: an Investigation into the Death Row Case of Mumia Abu-Jamal". Il suo nuovo libro che raccoglie gli articoli scritti per CounterPunch si intitola "This Can't be Happening!" ed è stato appena pubblicato dalla Common Courage Press. Informazioni su entrambi i libri e su altro lavoro da parte di Lindorff sono consultabili sul sito: http://www.thiscantbehappening.net Lindorff può essere contattato all’indirizzo di posta: dlindorff@yahoo.com
Il testo e' liberamente utilizzabile a scopi non commerciali citando le fonti, l'autore e il traduttore.
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