La gestione dell'acqua resta pubblica
E' fatta. Venerdì scorso il governo Prodi ha approvato una legge delega nella quale conferma l'impegno politico preso dal Programma dell'Unione secondo cui sia le reti che la gestione dell'acqua devono essere pubbliche. Inoltre, al fine di bloccare i tentativi di ulteriore estensione, vuoi generalizzazione, delle forme di privatizzazione dei servizi idrici introdotte in Italia negli ultimi dieci anni, la «manovrina» ha previsto lo spostamento dei tempi sull'obbligo di mettere a gara la gestione dell'acqua dal 31 dicembre 2006 al 31 dicembre 2007. Ciò consentirà al governo di prendere nei prossimi mesi i provvedimenti necessari corrispondenti (v'è già l'impegno di riscrivere entro il 31 gennaio 2007 la famigerata delega ambientale del precedente governo).
Si tratta di una bella decisione che dà forza alla speranza, al diritto di sognare che è possibile mettersi nuovamente al lavoro per ri-costruire una società del bene comune liberando la società italiana dallo spappolamento e dall'impoverimento cui l'ha ridotta la lunga stagione d'individualismo utilitaristico, di privatizzazione e di mercificazione corporativa di ogni forma di vita.
Certo, sappiamo che la decisione è stata «strappata» a quella parte, importante, della maggioranza governativa che è apertamente favorevole alla liberalizzazione e alla privatizzazione di tutti i beni e servizi pubblici, l'acqua compresa. Ciò è stato possibile grazie, fra l'altro, pensando unicamente al livello governativo, alla tenacia ed alle convinzioni forti di persone che da anni si sono battute per l'acqua bene comune come Patrizia Sentinelli, Pietro Folena, Paolo Ferrero, Alfonso Pecoraro Scanio, Fausto Bertinotti e, fra i più accaniti sostenitori, Roberto Musacchio.
Da non dimenticare, inoltre, che sul tema dell'acqua, lo stesso Presidente del Consiglio, Romano Prodi, ha manifestato, questi ultimi anni, un interesse attento ed un atteggiamento favorevole all'acqua bene comune
Ora , comincia il lavoro di costruzione sia al livello italiano che a livello europeo ed internazionale/mondiale. L'agenda politica dell'acqua bene comune , del sogno blu, comporta un «capitale» considerevole di appuntamenti legislativi, di riforme istituzionali, di provvedimenti economici e finanziari, di iniziative culturali e, last but not least, d'immaginario politico al centro del quale si situano il coinvolgimento diretto dei cittadini ed il diritto umano alla vita. Conto di ritornare nei dettagli sui contenuti di tale «capitale» con altri scritti. Giusto un esempio, limitato alla situazione italiana: in applicazione alla legge Galli del 1994 sui servizi idrici (più precisamente il Servizio Idrico Integrato), sulla settantina di Autorità d'Ambito Territoriale Ottimale costituiti che hanno identificato il gestore, sono meno di una ventina quelli che hanno assegnato la gestione del SII a soggetti «pubblici», molti dei quali non lo sono formalmente.
L'Acquedotto Pugliese, per esempio, è una SpA, soggetto imprenditoriale privato, come la stragrande maggioranza dei gestori il cui capitale, però, è interamente pubblico. Questo non è il caso per molti altri gestori il cui capitale è oramai pubblico/privato, in un contesto di forte apertura al mercato ed alle logiche finanziarie ed industriali del capitale privato. Il che significa che per realizzare nella sua pienezza e chiarezza la scelta del governo Prodi in favore del carattere pubblico della gestione dell'acqua, occorrerà iniziare un lungo ma indispensabile processo di ripubblicizzazione della natura dei soggetti gestori in armonia con il carattere pubblico della proprietà delle reti. E ciò non sarà un percorso facile.
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