Piccolo modello in dieci esempi

31 agosto 2006
Alessandro Messina (Rete delle Città 266)
Fonte: Il Manifesto (http://www.ilmanifesto.it)

Si può pensare una politica economica che non sia assistenziale, una politica di sviluppo senza fondi a pioggia, e che magari aiuti il diffondersi di una cultura della responsabilità, dell'etica del fare, del senso comunitario dell'impresa? Un piccolo modello ci sta provando. E' quello nato a seguito della legge 266 del 1997, voluta dall'allora (come ora) ministro per lo sviluppo economico, Pierluigi Bersani, che ha delegato per la prima volta (articolo 14) i comuni metropolitani a realizzare programmi di sostegno alle piccole imprese, con l'intento di contrastare il «degrado urbano e sociale». Così dieci città - Bari, Bologna, Cagliari, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Roma, Torino, Venezia - hanno iniziato nel '99 a inventarsi un nuovo ruolo, concepire una nuova funzione, quella delle politiche economiche di prossimità. Imparando a gestire strumenti inediti per un comune, come quelli propri della cosiddetta finanza agevolata, fatta di contributi a fondo perduto, prestiti a tasso agevolato, fondi di garanzia e altro.
In poco più di cinque anni sono state gestiti circa 180 milioni di euro, che sono andati a finanziare 3500 imprese, il 41% delle quali neonate. Molte sono piccole e piccolissime, dalle aziende di servizi a Milano alle librerie nelle periferie di Roma, da software house innovative a imprese sociali fondate sulla solidarietà. Con circa 95 milioni di contributi, si sono attivati investimenti delle stesse imprese per oltre 270 milioni di euro. Investimenti che, da un punto di vista economico aiutano i cittadini a crearsi una professionalità, a sviluppare progetti anche ambiziosi, a includere nel mercato del lavoro segmenti di popolazione più deboli. Da un punto di vista sociale e ambientale diventano dei moltiplicatori delle azioni di riqualificazione urbana: sia in senso fisico, perchè vengono messi a nuovo e rivitalizzati locali abbandonati, sia in senso relazionale, perchè in certe periferie degradate diventa importante anche solo vedere qualcuno che lavora.
Ma cosa c'è di diverso dalle diffusissime politiche di sostegno alle imprese realizzate nel nostro paese, spesso caratterizzate da bassa efficacia, clientele, alti livelli di inefficienza? L'1,5% del prodotto interno lordo che ogni anno va in trasferimenti al mondo imprenditoriale - una somma pari a quanto si spende per l'assistenza sociale - non è mai sembrato un buon investimento. Nel caso delle politiche economiche di prossimità, invece, vi è una conoscenza diretta tra chi eroga i fondi e chi li riceve, la comunità locale tocca con mano gli esiti dell'investimento e perciò dell'azione pubblica, i progetti sono mediamente di dimensioni ridotte (28 mila euro circa di contributo), pertanto meno attraenti per i professionisti della truffa.
In più, aspetto che risulta centrale, i comuni hanno progressivamente dedicato risorse maggiori ai servizi di accompagnamento. Un esempio è quello degli incubatori di impresa, luoghi in cui la nuova impresa viene ospitata, tutorata, sperimenta il suo businessed entra in relazione con il mercato e il territorio. Sono stati 19 i milioni di euro dedicati a tali iniziative, che ben si prestano a combinare la promozione d'impresa con la riqualificazione delle aree marginali. E' stata la scelta di Firenze, Genova, Milano, Napoli, Roma e Venezia. Roma ha realizzato cinque incubatori, due centri servizi, sei punti di animazione territoriale, uno sportello anti-usura, un centro per l'impresa etica e responsabile e uno sportello di orientamento per migranti.
Ma il bello, ovviamente, sta nell'originalità di ciascun intervento, nel come ogni comune ha elaborato e attuato le proprie strategie. Pagato lo scotto iniziale di mancanza di esperienza e competenze specifiche, la creatività è stata ispirata dal confronto quotidiano con i quartieri, che ha anche facilitato una concezione integrata di queste politiche, andate via via a intrecciarsi a quelle urbanistiche, sociali, culturali, ambientali. Passata la fase della sperimentazione, il modello delle politiche economiche di prossimità merita di essere valorizzato e spinto con convinzione da chi ha responsabilità di governo. La strada per il rilancio economico dell'Italia passa anche attraverso una nuova etica d'impresa. I comuni sembrano aver iniziato a percorrerla.

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