La terza via della democrazia
Benvenuti i beni comuni, ma comunitra chi? Definire i confini dei beni comuni è il nuovo problema da sciogliere per rendere operativo un principio che potrebbe aprire le porte a un'alternativa alle merci. Qual è la comunitàche ha la responsabilità di decidere sulla fornitura del bene, di stabilire finanziamenti, criteri di accesso e distribuzione?
Per più di un secolo la risposta era ovvia: è la comunità nazionalequella che conta ed è lo Statoche prende decisioni, impone tasse per finanziarli, assicura l'accesso. Il modello era quello dei beni pubblici: strade, ambiente, biblioteche, sanità, ecc. Negli ultimi decenni le risposte si sono complicate. Molti aspetti ambientali - ozono, effetto serra, biodiversità - sono di livello globale. La produzione di conoscenza e cultura è rivoluzionata da Internet e dalle reti internazionali che scambiano testi, musica e immagini. Epidemie come l'aids o l'influenza aviaria ci ricordano che la salute non può essere tutelata guardando solo a casa nostra. E' nata così la discussione sui beni pubblici globali, su chi decide, chi li paga e chi li usa: una nuova frontiera della politica economica internazionale, un fronte della ricerca di alternative al modello neoliberale.
All'Assemblea generale dell'Onu la scorsa settimana se n'è parlato pochissimo, ma alcuni governi hanno preferito fare da sé: in 43 hanno lanciato un «Gruppo pilota sui contributi di solidarietà per lo sviluppo», con progetti per tasse globali e nuove forme di finanziamento. Ci sono tutti i maggiori governi europei e dal luglio scorso anche quello italiano, come osservatore. L'idea, che è già decollata nel 2006 in Francia, è una piccola tassa sui biglietti aerei dei voli diretti a Parigi, che sarà destinata all'acquisto di farmaci contro aids, tbc e malaria, con 200 milioni di dollari di entrate attese. Altrettanti arriveranno da Germania, Brasile e altri pionieri (tutti i dettagli sono in « Perchè il mondo ha bisogno di tasse globali», realizzato da Sbilanciamoci!, Campagna per la riforma della banca mondialee altri: www.sbilanciamoci.org). Mentre le istituzioni vecchie (Banca mondiale in testa) tentano di controllare le nuove iniziative, il sistema internazionale va a rilento, fatica a mettere in piedi modelli democratici di decisione e agenzie d'intervento.
Nel frattempo, ancora una volta, si muove rapidissimo il privato: non sotto la veste del mercato, ma in quella delle superfondazioni globali, fatte per occuparsi dei superguai mondiali. La Clinton global initiative, ad esempio, distribuirà 7 miliardi di dollari per interventi su clima, povertà, salute, conflitti. Alla salute nei paesi più poveri si dedicano due degli uomini più ricchi del mondo, Bill Gates di Microsoft e Warren Buffett della società finanziaria Berkshire Hathaway; la fondazione Gates ha speso l'anno scorso 844 milioni di dollari per la salute globale e riceverà il grosso del lascito di Warren Buffett.
Lo stesso Clinton, che da presidente Usa aveva imposto accordi commerciali che tutelavano le multinazionali dei farmaci contro la pressione alla riduzione dei prezzi nel Sud del mondo, ora ammette tranquillamente al New York Yimes(29 agosto 2006): «Mi sono sbagliato». Non si erano sbagliati invece i movimenti e le organizzazioni sociali che hanno sempre pensato alla salute come un bene comune e che avevano denunciato le regole disumane del Wto. Ora che tutti sono d'accordo nella costruzione di nuovi organismi e di interventi concreti, la società civile e le sue ragioni spariscono di nuovo. Eppure è qui che si può trovare la terza via della democrazia, tra elemosinieri e burocrazie di stato.
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